Il latino: una lingua più che mai viva

Nasce il Campus mondiale per gli studi sull’Umanesimo per ripensare il futuro alla luce dei classici. Lo racconta il Direttore dell’Accademia Vivarium Novum, Luigi Miraglia

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Rilanciare un nuovo umanesimo: per questo scopo è nato il Centro mondiale per gli studi sull’Umanesimo, grazie alla collaborazione tra l’Accademia Vivarium Novum e l’Università di Roma Tor Vergata. Il campus, al quale potranno affluire giovani da tutto il mondo, avrà come sede la prestigiosa Villa Mondragone, residenza papale che ospitò personaggi del calibro di Galilei, Montesquieu e Goethe. Per questa occasione il Direttore dell’Accademia Luigi Miraglia ha rilasciato un’intervista a ZENIT.

Cosa rappresenta l’Accademia Vivarium Novum per la promozione della lingua latina?

Nell’Accademia confluiscono ragazzi da tutte le parti del mondo per un’esperienza di studio e di vita comunitaria tesa soprattutto a studiare e a vivere le discipline umanistiche; studiarle in tutta la loro dimensione storica, dall’antichità all’età Moderna, e viverle in modo non meramente accademico, distaccato; noi tentiamo di far sì che i ragazzi sentano dentro di loro la vitalità delle discipline umanistiche e instaurino con i classici quel colloquio di cui parlava Machiavelli: entrare nelle corti degli antichi uomini e cibarsi di quel cibum che solum è fatto per noi e per il quale nascemmo. Questo colloquio significa confrontare l’esperienza della realtà quotidiana, con i suoi problemi e le difficoltà, con una lente che è il paragone con quello che hanno detto i grandi uomini della storia: questo punto di osservazione un po’ più alto e distaccato dal fiume della vita quotidiana ci permette di interpretare la realtà in modo più profondo, di dare delle risposte adeguate.

Studio dei classici per riscoprire che cosa?

Non solo i valori, ma la virtù dell’uomo: la virtù dell’uomo è quella che si chiama humanitas, ossia la caratteristica che fa dell’uomo un essere vivente diverso da tutti gli altri. Questa humanitas può essere alimentata e accresciuta dagli studi letterari. Infatti in latino humanitas significa tutto ciò che noi definiamo umanità (per contrasto chiamiamo disumano chi è privo di determinate caratteristiche), e significa anche cultura letteraria: studia humanitatis sono gli studi che ci permettono, attraverso modelli e finzioni letterarie, attraverso l’analisi dei fatti storici, di comprendere meglio quale è questa nostra natura e come va alimentata la charitas generis humani, cioè l’amore per l’intero genere umano.

Per quale scopo è stato inaugurato Humanitas Renascens, il progetto per la rinascita di un nuovo umanesimo?

Abbiamo appena fondato il grande Campus mondiale dell’Umanesimo, al quale giovani da tutto il mondo potranno affluire in maniera gratuita. Questo campus si realizzerà grazie alla lungimiranza dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, che ha messo a disposizione la Villa Mondragone di Monte Porzio Catone, residenza papale che ha ospitato personaggi come Galileo, Montesquieu, Goethe; essa tornerà ad essere centro propulsivo dell’umanesimo mondiale: accorreranno ragazzi dalla Cina, dall’Africa, dall’America, dall’Australia e da tutta l’Europa per potersi sentire affratellati dalla cultura, non da un generico umanitarismo, ma dalla cultura solida che ci fa ragionare e produrre non una ratio imperii, ma un imperium rationis, non un sistema di imperialismo ma un impero della ragione e di tutte le facoltà nobili dell’uomo.

Quando pensiamo al latino abbiamo davanti una lingua viva?

Quando è successo che il latino non corrispondeva più a quella lingua che si usava quotidianamente nelle strade e nei mercati? Ci sono studiosi che sostengono che già dopo l’età di Cesare e Cicerone il latino ha subito una forte divaricazione che, a mano a mano, lo ha allontanato dalla lingua quotidiana. Noi vediamo che non c’è più trasformazione della lingua a livello strutturale da Cicerone fino all’ultima enciclica del papa. Questo come succede? Può succedere solo in una maniera innaturale, con una sorta di apoteosi della lingua. L’italiano subì qualcosa del genere quando il Bembo stabilì il canone di Petrarca per la poesia e di Boccaccio per la prosa: per secoli l’italiano si è distaccato molto fortemente dalla lingua parlata fino a quando Manzoni non ha ricongiunto i due elementi. Il latino dunque, morto, vivo, immortale… si potrebbe dire che abbia raggiunto una specie di immortalità perché non subisce più le trasformazioni che tutte le altre lingue subiscono. Questo permette di parlare non solo con i propri contemporanei, ma di parlare con tutti quelli che ci hanno preceduto in quella città immateriale che gli antichi chiamarono la res publica litterarum. Queste persone sono coloro che ci hanno mandato le loro lettere, le loro epistole, i loro messaggi; le hanno mandate a noi perché le leggessimo e perché potessimo meditare sui problemi più importanti dell’umanità.

Quali sono i loro messaggi più attuali?

Tra questi problemi eterni dell’uomo ce ne sono alcuni che oggi ritornano di forte attualità, per esempio se dobbiamo credere o non credere che un popolo intero possa essere un mostro: noi dobbiamo avere le armi della ragione per resistere a queste tentazioni semplificatorie che riducono la complessità del mondo con tutte le sue sfumature ad un bianco e un nero, come se vivessimo nella favola di Cappuccetto rosso. L’uomo maturo deve avere la capacità di comprendere che la ragione ci deve sempre guidare a non farci trascinare dagli istinti che rendono la vita più semplice, perché ci risparmiano la fatica del pensare, ma poi la rendono meno umana.

Vi è anche chi ha proposto di abolire le lingue classiche dai licei perché ormai sono superate: lei cosa ne pensa?

Penso che personaggi come Ray Bradbury o come Aldous Huxley, l’autore del Mondo Nuovo, ci avevano già avvertito su questo… La cancellazione delle discipline umanistiche dipende da questi due fattori: il primo è una volontà tirannica di eliminare tutto ciò che ci induce al pensiero più complesso, l’altra credo che sia dovuta alla didattica di queste lingue. ‘Perché i nostri giovani devono perdere cinque anni a studiare una cosa che produce odio, fastidio e non si impara’? Molti rispondono: ‘allora studiamo la cultura classica o la letteratura in traduzione’. Noi invece siamo convinti per esperienza che queste materie si possono imparare in maniera molto efficace anche in tempi brevi, e che se noi possiamo raggiungere questo risultato che è un grande tesoro, non dobbiamo rinunciarvi, perché tagliare i ponti con il nostro passato significa ritornare bambini, perdere tutto quello che abbiamo fatto nel cammino dell’umana civiltà. Inoltre una dimensione storica può essere assunta in Europa soltanto attraverso il latino e il greco, perché sono le lingue sulle quali la civiltà ha camminato.

Attualmente come si potrebbe fare a riappassionare i ragazzi nelle scuole al latino?

Quando il latino viene visto come chiave per entrare all’interno dei problemi che i giovani sentono vicinissimi a sé, quando dalla consecutio temporum si passa ad un ragionamento sulla pace, sulla tolleranza, sulla verità, sulla possibilità di coesistenza di uomini che credono a religioni diverse, sulla depressione, sull’angoscia dell’uomo nella vita, sullo stato giusto, allora i ragazzi si appassionano: per far questo bisogna fare in modo che i nostri metodi li portino realmente a contatto con i testi, non traducendo parola per parola come in una sorta di algebra, ma comprendendo il messaggio degli antichi dall’età classica all’età moderna.

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Maria Gabriella Filippi

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