Afflitta da disoccupazione, crisi industriale, regresso culturale e difficoltà d’integrazione dei migranti, l’Italia è come se stesse attraversando una tempesta. Per uscirne, “è necessaria unità, che non è uniformità o omogeneità”. È il pensiero del card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, che al termine dell’Assemblea dei vescovi italiani conclusa oggi ad Assisi ha affrontato davanti ai giornalisti non solo i temi dell’assise, ma anche le più calde questioni dell’attualità del Paese.
Calda è del resto l’atmosfera che si sta respirando in queste ore a Tor Sapienza, periferia est di Roma, dove da diverse ore sono in corso disordini che vedono contrapposti residenti del quartiere e immigrati. Sintomo di un’incapacità da parte di tutti ad accogliere “una sfida” del tempo presente: l’integrazione. “Quando parliamo di integrazione parliamo di una sfida, e questo vale per tutti”, ha detto il card. Bagnasco. Il quale ha sottolineato la necessità da parte delle popolazioni autoctone ad “avere un cuore accogliente verso tante persone che, in situazioni di grande difficoltà dei propri Paesi, cercano qui un futuro migliore”; ma che allo stesso tempo ha individuato come presupposto fondamentale da parte degli immigrati il “desiderio di trovare un domani nell’integrazione con le popolazioni che li accolgono”.
Le “reazioni violente” rappresentano quindi un “appello” affinché “la sfida dell’integrazione si possa affrontare insieme”, tra immigrati e italiani. In questo senso è opportuno che l’esempio di unità giunga dai “primi responsabili della cosa pubblica, che è il Parlamento”. A costoro, il porporato indica la fase del dopoguerra, periodo in cui “ciò è stato possibile e ha prodotto la Carta costituzionale”. La capacità di non trasformare “le difficoltà” in “divisioni, tantomeno in contrapposizioni”, è ciò che “chiediamo che avvenga oggi”. L’invito del cardinale è a “mettere tra parentesi le legittime divisioni” per affrontare “le questioni radiali della povera gente, delle famiglie che si sfasciano, perché la crisi produce conseguenze anche sui legami affettivi”.
Crisi che tuttavia non investe solo l’ambito familiare, e che è “lavorativa”, “economica”, “culturale”. Il presidente della Cei rileva che “abbiamo perso la fatica e il gusto di stare insieme: il Paese, il mondo delle imprese, a livello sociale e a tutti i livelli”. Sollecitato dalle domande dei giornalisti circa le drammatiche situazioni delle industrie e dei lavoratori a Terni, Genova, Taranto e “altre parti d’Italia”, il presidente della Cei ha ribadito l’importanza di “tenere il più possibile in casa i gioielli”, perché “vendere per ripianare ma poi non avere più nulla” non è “la strada più saggia”.
Di qui il suo invito a tutelare le nostre radici. “La storia ci insegna che laddove non c’è stato l’ancoraggio alla casa, all’Italia, in un modo o nell’altro è stata dissolta la realtà industriale”. La soluzione proposta dal card. Bagnasco è quindi di “immettere capitali freschi nelle industrie”. Gesto che deve provenire dalle imprese italiane: “La manna non viene solo da fuori Italia – ha ammonito il cardinale – c’è anche in Italia, bisogna metterla in circolazione”.
A proposito poi dell’Assemblea dei vescovi italiani, il card. Bagnasco l’ha definita “veramente bella, partecipata, con tanta passione e tanta fraternità”. Tema dell’assise, la vita e la formazione permanente dei presbiteri, ai quali i presuli, al termine dei lavori, hanno inviato un Messaggio di riconoscenza, incoraggiamento e sostegno “perché vescovi e sacerdoti sono una cosa sola”. Il presidente della Cei ha inoltre rammentato che “il clero italiano ha una storia, una tradizione consolidata, appassionata, di condivisione e vicinanza alla gente”.
Questa cifra tutta italiana del clero è testimoniata da “condivisione e vicinanza, che non è guardare la gente da lontano con un binocolo, ma una vicinanza fisica che conosce i problemi della gente, li condivide e cerca di risolverli”. Realtà che potrebbe però essere minata dal calo di vocazioni? “Abbiamo molta fiducia – ha risposto il card. Bagnasco – perché il Signore è fedele alla sua Chiesa e non si può disperare mai”. Del resto – ha concluso – la crisi delle vocazioni può essere uno spunto per “riscoprire la partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, che non deve essere vista come supplenza o ripiego, ma come esercizio del diritto-dovere che ogni cristiano ha di partecipare alla vita della Chiesa, come ricorda il Concilio”.