La Chiesa non è una dogana, ma una casa paterna

Concluse sesta e settima Congregazione generale del Sinodo. Sul tavolo anche temi come contraccezione, paternità responsabile, pastorale pre e post matrimoniale, concubinato, matrimoni misti

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Situazioni pastorali difficili, famiglie in crisi, divorziati risposati, unioni tra persone dello stesso sesso. Questi i temi al centro della sesta e settima Congregazione generale del Sinodo straordinario svoltesi tra ieri pomeriggio e questa mattina.

In primo luogo – riferisce la Sala Stampa vaticana – è stato sottolineato che la Chiesa non è una dogana, ma una casa paterna e quindi deve offrire un accompagnamento paziente a tutte le persone, anche a coloro che si trovano in situazioni pastorali difficili. La vera Chiesa cattolica racchiude famiglie sane e famiglie in crisi e quindi lo sforzo quotidiano di santificazione non deve mostrare indifferenza nei confronti della debolezza, perché la pazienza implica l’aiutare attivamente il più debole.

Quanto ai processi di dichiarazione di nullità matrimoniale, è stata riscontrata da molti l’esigenza di snellimento nelle procedure e si è detto che il processo non è contrario alla carità pastorale e la pastorale giudiziale deve evitare idee colpevolizzanti, incoraggiando una trattazione serena dei casi. 

Riguardo alla poligamia, da una parte è stato sottolineato che si tratta di una realtà in via di diminuzione perché favorita per lo più dal contesto rurale, mentre oggi avanza l’urbanizzazione; dall’altra, si è ricordato che vi sono poligami convertiti al cattolicesimo e che desiderano ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana, e ci si è domandati se vi siano misure pastorali specifiche per venire incontro a queste situazioni con l’opportuno discernimento.

Si è tornati sulla necessità di una maggiore preparazione al matrimonio, soprattutto fra i giovani ai quali va presentata la bellezza dell’unione sacramentale, insieme ad una adeguata educazione affettiva, che non sia solo un’esortazione moralistica, che finisce per generare una sorta di analfabetismo religioso e umano. E’ necessaria, nel percorso matrimoniale, una vera crescita della persona.

Durante l’ora di dibattito libero gli interventi hanno presentato esperienze e modelli concreti di una pastorale per i divorziati risposati che faccia ampio uso di gruppi di ascolto. E’ importante – si è detto – evitare attentamente di dare un giudizio morale, di parlare di “stato permanente di peccato”, cercando, invece, di far comprendere che la non ammissione al sacramento dell’Eucaristia non elimina del tutto la possibilità della grazia in Cristo ed è dovuta piuttosto alla situazione oggettiva della permanenza di un precedente legame sacramentale indissolubile.

In quest’ottica, è stata ribadita più volte l’importanza della comunione spirituale. In ogni caso è stato ribadito che anche queste proposte manifestano dei limiti e che certamente non vi sono soluzioni “facili” di questa problematica. Anche per la pastorale per le persone omosessuali si è insistito sulla importanza dell’ascolto, e anche di gruppi di ascolto.

Ulteriori interventi si sono soffermati sulla questione dei cattolici che mutano confessione cristiana, e viceversa, con tutte le difficili conseguenze che ne derivano per i matrimoni interconfessionali e la valutazione della loro validità, alla luce delle possibilità di divorzio previste dalle Chiese ortodosse.

Gli stessi temi sono poi tornati stamane nella prima parte della 7° Congregazione. Innanzitutto, è stata ribadita l’indissolubilità del matrimonio, senza compromessi, basata sul fatto che il vincolo sacramentale è una realtà oggettiva, opera di Cristo nella Chiesa. Tale valore va difeso e curato con una adeguata catechesi prematrimoniale, affinché i nubendi siano pienamente consapevoli del carattere sacramentale del vincolo e della sua natura vocazionale. E’ opportuno, inoltre, un accompagnamento pastorale per le coppie anche dopo le nozze.

Allo stesso tempo, è stato detto che bisogna guardare ai singoli casi, alle situazioni concrete anche di grande sofferenza, distinguendo, ad esempio, tra chi ha abbandonato il coniuge e chi è stato abbandonato. Il problema c’è – si è ripetuto varie volte in Aula – e la Chiesa non lo trascura. La pastorale non deve essere esclusiva, del “tutto o niente”, ma misericordiosa, perché il mistero della Chiesa è un mistero di consolazione.

E’ stato comunque ricordato che per i divorziati risposati il fatto di non potersi accostare all’Eucaristia non significa assolutamente che non siano membri della comunità ecclesiale, anzi, si è invitato a riconsiderare che esistono diverse responsabilità che essi possono esercitare. 

Circa il concubinato in certe regioni si è rilevato che spesso è dovuto a motivi economici e sociali e non ad una sorta di rifiuto degli insegnamenti della Chiesa. Spesso, inoltre, queste e altre situazioni di unioni di fatto sono vissute conservando il desiderio della vita cristiana, e quindi necessitano di una pastorale adeguata. 

Ulteriori riflessioni si sono soffermate sulla questione dei matrimoni misti, evidenziando che, oltre alle difficoltà, è bene guardare anche alla possibilità, che essi offrono, di testimoniare l’armonia ed il dialogo interreligioso. Affrontato poi, nuovamente, il tema del linguaggio affinché la Chiesa riesca a coinvolgere credenti e non credenti, e tutte le persone di buona volontà per individuare modelli di vita familiare che favoriscano lo sviluppo integrale della persona umana ed il benessere della società. Il suggerimento – si è detto – è quello di parlare di famiglia con una “grammatica della semplicità” che arrivi ai cuori dei fedeli.

Nella seconda parte della Congregazione, è stato affrontato anche il tema della paternità responsabile, ribadendo che il dono della vita (così come la virtù della castità) sono valori fondanti del matrimonio cristiano e sottolineando la gravità di un crimine come l’aborto. Allo stesso tempo, sono stati evidenziati i tanti drammi che vivono molte famiglie, ad esempio in certi contesti asiatico, dove si verificano casi di infanticidio, violenza sulle donne, traffico degli esseri umani. 

Quindi, il dibattito ha affrontato la questione della responsabilità dei genitori nell’educare i figli alla fede : tale responsabilità è primordiale – si è detto – ed è importante porvi la giusta attenzione. Tra l’altro, è stato notato come la pastorale dei bambini possa creare un punto di contatto con le famiglie che si trovano in situazioni difficili.

A proposito di bambini, è stato sottolineato l’impatto negativo della contraccezione sulla società, che ha comportato l’abbassamento della natalità. Di fronte a tale scenario – si è detto – i cattolici non devono restare in silenzio, bensì devono portare un messaggio di speranza: i bambini sono importanti, donano vita e gioia ai loro genitori e rafforzano la fede e le pratiche religiose.

Infine, si è tornati a parlare del ruolo essenziale dei laici nell’apostolato della famiglia e nella sua evangelizzazione, così come dei movimenti laicali che possono accompagnare i nuclei familiari in difficoltà.

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ZENIT Staff

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