Era il capitolo della grammatica italiana in cui il maestro delle elementari ci spiegava l’alfabeto e i suoi composti, le sillabe e i monosillabi, le vocali e le consonanti con i dittonghi. Fino ad arrivare alla domanda: “Sapreste dirmi un endecasillabo?”

Vista la nostra esitazione…ci rivela una parola di undici sillabe: “Precipitevolissimevolmente”. Ci siamo trovati a contarne le sillabe con le dita delle due mani e – meraviglia - corrispondeva. Spiegandocene il significato, il maestro ci fece capire che non è il caso però di usarla ordinariamente, potendo esprimere in modo più semplice la stessa realtà.

Però noi a gara cominciammo subito a ripetere agli altri questa parola, sfoderando la novità appresa sui banchi di scuola. Capita anche a te appena impari un vocabolo straordinario.

I così detti paroloni che riempiono la bocca e le righe d’un compito, spesso ti gonfiano, ma soffocano la naturalezza d’un rapporto e la preziosità d’un linguaggio semplice e spontaneo. Mi scappò una di queste tipiche espressioni di fronte a mia madre che subito, mani ai fianchi, mi rimbrottò in dialetto: “Non son più to mama, mi?”.

Invitandoci a vivere i nostri rapporti con semplice immediatezza il maestro disse: “Ricordatevi che nella vita, come in un compito in classe, l’essenziale brevità d’un punto o l’apparente inconsistenza d’una virgola risultano spesso più apprezzabili e più significativi d’un roboante e ridicolo endecasillabo”.

Ciao da p. Andrea

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