Nel 1994 Giovanni Paolo II non volle che passasse inosservato il settimo centenario dell’inizio della presenza in terra di Cina del francescano Giovanni da Montecorvino. Pertanto l’8 settembre indirizzò una lettera all’allora Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, cardinal Jozef Tonko, in cui riconobbe “Giovanni da Montecorvino, primo evangelizzatore fra i cinesi e primo Arcivescovo di Khambaliq, l’attuale Pechino”.
Tale centenario volle ricordarlo anche nella lettera apostolica Tertio millennio adveniente circa la preparazione del Giubileo dell’Anno 2000 e la Città del Vaticano emise un apposito francobollo dedicato a tale ricorrenza. A distanza di vent’anni, considerando anche che la Chiesa ha canonizzato – ossia riconosciuto canonicamente – la santità di Giovanni Paolo, risulta alquanto significativo quanto ebbe a scrivere il Papa nel 1994.
“Sono molto lieto di commemorare la singolare opera missionaria di Giovanni da Montecorvino, primo evangelizzatore fra i cinesi e primo Arcivescovo di Khambaliq, l’attuale Pechino”, si legge nella Lettera. “Infatti, sono trascorsi sette secoli da quando il grande missionario giunse a Khambaliq, dopo un viaggio di cinque anni, portando con sé una lettera di papa Niccolò IV diretta al governante dei vasti territori dell’Estremo Oriente”.
“Dalle sue lettere e da quelle dei suoi contemporanei – ricordava Wojtyla – sappiamo che il suo apostolato in Cina ha dato frutti talmente abbondanti che nel 1307 Papa Clemente V lo elevò al rango di Arcivescovo e gli concesse la facoltà di edificare e organizzare la Chiesa in quella lontana regione. La sua ordinazione ebbe luogo nel 1310 alla presenza del Khan, quando i Vescovi inviati per consacrarlo riuscirono ad arrivare nella capitale”.
Quando nel 1318 Giovanni da Montecorvino morì, “i suoi 34 anni di saggia e instancabile attività missionaria a Khambaliq avevano dato vita a numerose e ferventi comunità cristiane e a una vasta rete di chiese, conventi, scuole e altre istituzioni”. Pertanto, sottolineava il Papa, “la celebrazione del settimo centenario dell’arrivo a Pechino di Giovanni da Montecorvino mi dà l’opportunità di rivolgere i miei pensieri all’attuale comunità cattolica cinese, che rappresenta la continuazione e lo sviluppo di quella prima plantatio Ecclesiae sul suolo cinese”.
Rinnovando il “profondo affetto” e la “stima” in nostro Signore Gesù Cristo a tutte le figlie e i figli cattolici della “grande e illustre famiglia cinese”, Giovanni Paolo II assicurava di essere “di tutto cuore” presente spiritualmente in mezzo a loro, in modo particolare vicino a quelli “che sono rimasti fedeli a Gesù Cristo e alla sua Chiesa nonostante difficoltà di ogni sorta e hanno testimoniato e continuano a testimoniare, anche al prezzo di lunghe e dolorose sofferenze, che un cattolico, che desideri restare tale e essere riconosciuto come tale, non può rinunciare al principio della comunione con il Successore di Pietro, che il Signore fece suo Vicario e «fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione»” (Lumen gentium, 18).
“Sono consapevole – aggiungeva poi il Pontefice polacco – della grande crescita di molte ferventi comunità in diverse parti del Paese, e nel compimento della missione ricevuta da Cristo di confermarle nella fede, nella speranza e nell’amore (cfr. Lc 22, 32), desidero promuovere fra di loro fedeltà, comprensione e riconciliazione e unirle tutte nella comunione che ci unisce a Cristo attraverso la potenza dello Spirito Santo”.
L’invito a tutti i figli e le figlie della Chiesa Cattolica in Cina era quindi di “vivere questa comunione in verità e amore (cfr. 2 Gv 1, 3)”, affinché ciò “possa manifestarsi in un modo sempre più concreto”. “La fede e la pratica religiose sono una fonte dinamica di impegno nella sfera della responsabilità sociale e civile – concludeva Wojtyla -. Non può esserci opposizione o incompatibilità fra essere allo stesso tempo veramente cattolici e autenticamente cinesi”.
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Per un approfondimento cfr. Giuseppe Buffon, Khanbaliq. Profili storiografici intorno al cristianesimo in Cina dal medioevo all’età contemporanea (XIII-XIX sec.), Ed. Antonianum, Roma 2014.