La cosa peggiore, in Siria, non è solo l’occupazione armata, ma i vari predicatori che le milizie dello Stato Islamico hanno portato nelle moschee e nei templi per incitare all’odio o all’arruolamento dei minori. È la triste costatazione di mons. George Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo, espressa ieri in una conferenza stampa durante il Meeting di Rimini, alla quale era presente anche il suo predecessore, il vescovo Giuseppe Nazzaro.
All’osservazione di ZENIT sulla impressione comune che i musulmani nei paesi del Medio Oriente siano tutti estremisti, il presule ha risposto: “In Siria la popolazione musulmana è molto moderata e continuano ancora a predicare questo nelle moschee”. Ora però, ha aggiunto, “le milizie straniere hanno portato nel paese non solo le truppe, ma anche gli ulema e i sauditi che hanno cominciato a predicare un Islam decisamente diverso, che prevede anche l’arruolamento dei bambini”.
Inoltre, ha dichiarato il presule, sono stati istituiti tribunali islamici, secondo i quali “un siriano potrebbe essere giudicato da un estremista ceceno, ad esempio. Quindi, se un padre vede la propria figlia rapita da un islamista, andando al tribunale incontrerà un miliziano uguale all’aggressore”.
“Per farsi un’idea di chi sono – ha detto invece mons. Nazzario – pensiamo che, l’anno scorso, il Gran Mufti dell’Arabia Saudita ha emesso una fatwa pubblicata su tutti i giornali, in cui dichiarava: ‘Chiunque crede che la terra gira intorno al sole è un infedele, perché così ha detto il mio predecessore negli anni ’70, e chi omette questo non merita di vivere’. Su questa base si può immaginare chi sia l’esercito dell’Isis”.
Interrogato sulla situazione attuale ad Aleppo, dopo tre anni di guerra, mons. Kazhen ha confermato che la situazione resta difficile: ancora persistono problemi come mancanza di acqua e luce, non si ha nessun tipo di sicurezza, ci sono colpi di mortaio e ogni giorno nuovi morti. La città, poi, è divisa tra zone del Governo e altre occupate dai ribelli.
Questi ultimi avevano circondato la capitale; oggi l’esercito è riuscito ad aprire uno spazio e far passare i rifornimenti. L’aeroporto invece rimane chiuso perché, ha spiegato mons. Kazhen, “i ribelli sono arrivati a sparare anche contro i voli civili”. Ha ricordato inoltre che ancora non si hanno notizie dei vescovi e dei sacerdoti rapiti e che i monasteri di religiose residenti in Aleppo continuano a rimanere nella città.
Sui finanziamenti alle milizie, il vicario apostolico ha dichiarato a ZENIT che, “come tutti sanno, arrivano dall’Arabia Saudita e dal Qatar. La Turchia invece dà meno sostegno economico, ma più di tipo logistico”. “Se realmente volessero porre fine a questa situazione, allora non invierebbero gente, non l’addestrerebbero, né la armerebbero”, ha sottolineato il presule. E ha ricordato che “quando, lo scorso anno, i ribelli erano solamente siriani, le cose erano diverse: c’era una sorta di rispetto di fondo, non c’era così tanta violenza o estremismo…”.
Il vicario di Aleppo ha raccontato anche che la gente in Siria ha seguito la visita del Papa in Terra Santa. “Le informazioni arrivano solo quando abbiamo elettricità e luce; in ogni caso noi stessi abbiamo trasmesso le notizie… E la gente, dopo quel viaggio, ha esclamato: ‘Vorremmo che il Papa venisse qui!”.
<p>Un’ultima domanda, infine, sulla emigrazione dei cristiani. Mons. Kazhen ha ricordato che un primo esodo si verificò nel 1968, quando il governo precedente a quello del padre di Assad nazionalizzò la scuola: “Allora ei cristiani emigrarono verso il Libano, perché volevano dare ai loro figli un’istruzione cristiana…”. Riguardo alla situazione presente, il vescovo ha invece osservato che “non ci sono statistiche di cristiani che hanno abbandonato la Siria”. Tuttavia, prima della guerra, essi erano circa 250 mila su una popolazione di circa 4,5 milioni di persone. “Oggi, invece, circa il 60% dei cristiani è andato via…”.