Un ponte aereo sistematico dall’Europa e l’istituzione di “un’area protetta” con l’impiego di truppe di terra come fu fatto in Bosnia ed Erzegovina negli anni ’90. E’ quanto chiede l’Unicef alla comunità internazionale, attraverso il rappresentante dell’agenzia dell’Onu in Iraq, Marzio Babille, per dare assistenza agli oltre 700mila sfollati in fuga dalle continue violenze dei miliziani dello Stato islamico nel nord dell’Iraq.
In una dichiarazione all’Ansa, Babile chiede un vero e proprio D-Day umanitario, usando la similitudine dello sbarco alleato in Normandia nel 1944 per dare l’idea delle dimensioni dell’intervento necessario. “La sopravvivenza delle minoranze e delle loro culture non sono negoziabili”, afferma il rappresentante Unicef in Iraq, e ricorda i numeri dei rifugiati nella regione autonoma del Kurdistan dall’inizio di giugno perché oggetto di sistematiche persecuzioni da parte dei jihadisti: duecentomila yazidi, ottantamila turcomanni sciiti e trentamila cristiani. Ad essi si aggiungono 250.000 siriani giunti dall’agosto del 2013.
Intanto, le Nazioni Unite rendono noto che il prossimo 1° settembre si terrà a Ginevra una riunione speciale del Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu sulla crisi irachena. L’incontro – riferisce un comunicato, ripreso da L’Osservatore Romano -, servirà a “esaminare la situazione dei diritti dell’uomo in Iraq alla luce delle violenze commesse dai miliziani dello Stato islamico”. L’Alto commissario dell’Onu per i Diritti umani, Navi Pillay, aveva infatti denunciato lunedì scorso “una pulizia etnica e religiosa” in Iraq per mano dei miliziani, e chiedeva di giudicare i responsabili di eventuali crimini contro l’umanità.
Sempre lunedì, a Baghdad, 11 persone sono morte in un attentato compiuto contro una moschea sciita. E ieri, ancora nella capitale, un’autobomba è esplosa in un affollato incrocio di un quartiere orientale, uccidendo 15 persone e ferendone altre 30.