Suonano forti negli ultimi giorni le sirene d’allarme sulle torme di giovani europei convertiti all’Islam che decidono di unirsi alla jihad in Medio Oriente. Notizie che destano preoccupazione, offrendo un’immagine del Vecchio Continente ridotto ormai a mera espressione geografica travolta da secolarizzazione e contaminazioni ideologiche. Un’inchiesta apparsa domenica scorsa, 24 agosto, sui giornali svizzeri Le Matine Dimanche e SonntagsZeitung, testimonia tuttavia una realtà anche diversa.
Si chiama Syriac Military Council (Smc), è un gruppo armato di autodifesa siriano che raccoglie cristiani caldei e assiri. Si contano circa un migliaio di effettivi, tra i quali alcuni – forse una decina, forse molti di più – provenienti dalla Confederazione elvetica. Due di loro, i quali attualmente stanno combattendo nel nord-est della Siria per contrastare l’avanzata dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), sono stati incontrati dal giornalista che ha condotto l’inchiesta.
L’apporto verso la causa dei cristiani mediorientali corre su due binari paralleli. È dapprima iniziato attraverso l’invio di aiuti umanitari e finanziamenti raccolti attraverso vendite e donazioni da parte di immigrati cristiani d’Oriente in Svizzera. Si parla di 22 tonnellate di aiuti, mentre cala il riserbo sulla cifra di denaro destinato alla causa. Una stima del giornalista si aggira tra i 100 e i 200 mila franchi svizzeri, anche se i due volontari smentiscono.
Lahdo Hobil, residente a Locarno, è a capo di una delle organizzazioni più attive nella raccolta e nella spedizione di aiuti: la European Syriac Union. Hobil invia generi alimentari in Medio Oriente, al contempo lui ha iniziato uno sciopero della fame, come riporta il portale ticinese Tio. L’astinenza dal cibo durerà 4 giorni ed è finalizzata ad attirare l’attenzione sulla tragedia e a “chiedere un intervento dei Paesi occidentali in aiuto dei cristiani perseguitati dagli jihadisti dello Stato islamico”.
Un modo diverso di difendere la stessa causa rispetto a quello di un suo giovane parente, anche lui residente nel Ticino. Si tratta di Johann Cosar, 31 anni, già ufficiale dell’esercito svizzero. È uno dei due volontari del Syriac Military Council (Smc) intervistati dai giornali elvetici. Si trova in Siria, dove affondano le radici della sua famiglia e dove il padre è stato leader di una formazione politica cristiana. È partito “per aiutare e difendere le comunità cristiane dagli attacchi jihadisti”.
In Svizzera il tema dei cittadini cristiani d’origine mediorientale che aderiscono al Smc sta attirando le attenzioni dei media e del mondo politico. Non mancano le polemiche, data la storica riluttanza nei confronti della guerra della Confederazione elvetica. Cédric Wermuth, giovane vice-presidente del Partito Socialdemocratico della Svizzera, ha definito “comprensibile” nonché “legittimo e proporzionato” che una minoranza perseguitata impugni le armi per opporsi a una milizia terrorista. Wermuth trova altresì “assurdo” che si agiti lo spettro del processo nei confronti di questi cittadini svizzeri, in quanto – sostengono i loro accusatori – aderendo a formazioni militari violerebbero la rinomata neutralità del Paese elvetico.
Lahdo Hobil, interpellato sulla questione, ha detto di non condividere la scelta del suo parente di recarsi in Siria con un fucile a tracolla, ma ha anche precisato: “Bisogna però fare dei distinguo tra chi parte per fare la jihad e massacrare degli innocenti, e chi va semplicemente a difendere la propria comunità”. Del resto, come afferma Gewargis Hanna, 42enne comandante di una brigata del Smc intervistato dai due giornali svizzeri: “Qualcuno deve pur agire per impedire la scomparsa dei cristiani”.