Scorre placida la vita a Seoul come le acque del fiume Han che sembra un colpo di pennello a mano libera che fende il groviglio di costruzioni dell’agglomerato urbano tra i più sviluppati dell’Asia, terzo dopo Hong Kong e Singapore per diffusione e altezza di grattacieli.
Da domani una nuova sfida, quella dei grattacieli dello spirito, sarà lanciata da Francesco, il Pontefice che vuole far tendere tutti verso l’alto nell’incontro con l’infinitamente Altro e con gli altri.
Il primo viaggio di Papa Begoglio in Estremo Oriente s’iscrive in un programma pastorale di pontificato, che almeno a cadenza annuale, lo porterà regolarmente in Asia. E’ il riconoscimento del ruolo sociale e politico e del potenziale religioso – soprattutto cattolico – che il “Continente Giallo” si è costruito nell’ultimo trentennio. Non solo le Filippine, ma anche il Vietnam, la Corea, la Cina e il Giappone, sembrano far germogliare adesso più che mai i semi dell’evangelizzazione.
Battezzata col sangue dei martiri e fecondata dallo straordinario impegno dei laici sedotti dal messaggio cristiano, la Corea accoglie il confratello di Matteo Ricci. Fu questi un missionario gesuita di Macerata che nel XVI secolo esportò in Oriente “La vera nozione del Signore del Cielo”, opera commentata dal coreano Lee Deok-mu, ma assimilata fino al martirio da Paolo Yun Ji-ching, padre del cristianesimo in Corea, il primo dei 123 compagni martiri che sabato 16 agosto saranno beatificati da Francesco.
Il messaggio cristiano attira i coreani per la sua elevatezza morale, per l’esemplarità di Cristo e per lo sviluppo e la continuità di quei “semi di verità” che erano presenti già nella cultura orientale. Wonhyo, il celebre maestro zen del buddismo coreano, vissuto nel VII secolo, affermava che “far del bene a se stessi e far del bene agli altri sono come le due ali di un uccello”. Il cristianesimo appariva già nei secoli scorsi più efficace ed aderente alla realtà, se paragonato con le regole dell’immobilità confuciana.
Nel suo commento ai testi di Matteo Ricci, Lee Deok-mu aveva parole elogiative anche verso il Papa. Paragonava il “nobile potere spirituale” del Pontefice a quello terreno delle dinastie asiatiche, sottolineando però la necessità di tenere distinti Stato e Chiesa, proprio sull’insegnamento di Cristo (cfr. Mt 22, 21) e la sua applicazione nel Magistero.
Durante le persecuzioni del XIX secolo la Chiesa conobbe un periodo catacombale dal quale però ne è uscita raggiungendo oggi la prima linea. La Chiesa è fermento, non solo nella vita politica, quando ad esempio lottò contro la dittatura militare Yushin, ma è protagonista della sfera sociale e culturale attraverso le battaglie a favore dei poveri, degli emarginati e soprattutto a difesa della vita, contro la manipolazione genetica e l’eutanasia.
Papa Francesco, come Pietro, verrà a confermare i fratelli nella fede. Li incoraggerà negli elementi positivi già esistenti e offrirà loro nuovi spunti per fare meglio laddove è necessario.
In questi ultimi anni, infatti, la pratica ai sacramenti stava diminuendo e il cristianesimo rischiava di essere solo appannaggio dell’élite, benché nel passato la Chiesa abbia invece notevolmente contribuito al riconoscimento della stessa dignità degli uomini nell’allora sociale feudale e gerarchizzata.
Papa Bergoglio gode comunque in Corea di un forte consenso. Secondo un recente sondaggio nazionale, i coreani si fidano del cattolicesimo più del buddismo, che prima manteneva il primato della diffusione e adesione.
Le conversioni al cattolicesimo sono aumentate e con esse le chiese si ripopolano di fedeli. Rimane la mestizia, ma non muore la speranza, per i cristiani della Corea del Nord, per la risoluzione del conflitto interno che continua a dividere una Nazione dal filo spinato tra il 38° e il 39° parallelo: tra Seoul e Pyongyang.
Il “Palazzo delle Poste” di Seoul è composto da due grattacieli che riproducono una cerniera aperta che forma una gigantesca lettera V. Nel vederlo, con la mente elevata verso i grattacieli dello spirito, Papa Bergoglio potrebbe pensare alla cerniera aperta da chiudere in uno stesso popolo, vittima dell’ideologia totalitaria del passato ed erede dei terreni di scontro della Cortina di Ferro tra Est e Ovest del mondo.
La preghiera della Santa Messa per la Riconciliazione, che concluderà il Viaggio Apostolico lunedi 18 agosto, sarà come una lettera per il Cielo dove ogni coreano potrà scrivere nell’alfabeto del Re Seyong e spedire non dal Palazzo delle Poste, ma dall’Altare del Signore, le pagine più belle della riconciliazione e della pace per il suo Paese.
* inviato in Corea del Sud