Il pane: segno della compassione di Dio

Lectio Divina per la 18ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la 18ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A.

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Il pane: segno della compassione di Dio.

18ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 3 agosto 2014

Rito Romano

Is 55,1-3; Sal 144; Rm 8,33.37-39; Mt 14,13-21

Rito Ambrosiano

8ª Domenica dopo Pentecoste

1Sam 3,1-20; Sal 62; Ef 3,1-12; Mt 4,18-22

              1) Pane di Vita: Pane del cielo e pane della terra.

            Il Vangelo di questa domenica mostra la compassione attenta di Cristo verso l’umanità presentandoci il miracolo della moltiplicazione dei pani. Gesù compie questo gesto di carità verso una moltitudine di persone, che lo hanno seguito per ascoltarlo ed essere guarite da varie malattie (cfr Mt 14,14).

            Prima di contemplare la scena evangelica di oggi, immedesimiamoci nei discepoli di Gesù lieti di camminare con Lui, che avanza sulle strade di Galilea portando il Vangelo e compiendo le opere del Regno, opere di misericordia fatte da un Re vicino al suo popolo. Gesù oggi mostra la sua regalità divina togliendo uno degli ostacoli che imprigionano l’uomo: la fame. E poiché uno dei segni del Regno dei Cieli è l’abbondanza, moltiplica i 5 pani in una quantità tale che ne avanzano 12 ceste colme.

            Per comprendere meglio questa moltiplicazione dei pani e dei pesci occorre tenere presente anche un fatto a cui spesso non si fa attenzione. Il fatto che la parabola del seme della Parola (Mt 13, 1 – 23) e la moltiplicazione dei pani e dei pesci appartengono ad uno stesso contesto: Cristo “amministra” un duplice Pane: quello “fatto” di spirito: la Parola, e quello  del corpo, fatto di grano.

            E ora contempliamo la scena evangelica di oggi: siamo al tramonto di una giornata spesa da una moltitudine di persone a nutrirsi della parola di Cristo per curare il corpo e nutrire lo spirito, quindi i discepoli suggeriscono a Gesù di dire alla folla di andare in cerca di cibo per sfamare il corpo.

            Il consiglio degli amici del Messia nasce dal buon senso umano e dall’attenzione alle necessità delle persone. Il Signore non contesta il suggerimento dei discepoli, ma dà loro un comando umanamente strano: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mt 14,16).

            Il buon senso umano spinge i discepoli ad obiettare a Gesù che non hanno “altro che cinque pani e due pesci”. Il Redentore allora compie un gesto che fa pensare al sacramento dell’Eucaristia: “Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla (Mt 14,19). Il miracolo consiste nella condivisione fraterna di pochi pani che, affidati alla potenza di Dio, non solo bastano per tutti, ma addirittura avanzano, fino a riempire dodici ceste. Il Signore sollecita i discepoli affinché siano loro a distribuire il pane per la moltitudine; in questo modo li istruisce e li prepara alla futura missione apostolica: dovranno infatti portare a tutti il nutrimento della Parola di vita, del Pane di Vita eterna e di quella terrena.

            In questo gesto prodigioso si intrecciano l’incarnazione di Dio e l’opera della redenzione. Gesù, infatti, “scende” dalla barca per incontrare gli uomini (cfr Mt 14,14). Il Signore ci offre qui un esempio eloquente della sua compassione verso la gente. Viene da pensare ai tanti fratelli e sorelle che, quotidianamente nel  patiscono le drammatiche conseguenze della carestia, aggravate dalla guerra e dalla mancanza di solide e affidabili istituzioni. Cristo è attento al bisogno materiale, ma vuole donare di più, perché l’uomo è sempre “affamato di qualcosa di più, ha bisogno di qualcosa di più” (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Milano 2007, 311). Nel pane di Cristo è presente l’amore di Dio; nell’incontro con Lui “ci nutriamo, per così dire, dello stesso Dio vivente, mangiamo davvero il «pane dal cielo»” (ibid.).

“Nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo” (Esort. ap. Post-sin. Sacramentum caritatis, 88). Ce lo testimonia anche Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Ignazio scelse, infatti, di vivere “ricercando Dio in tutte le cose, amando Lui in tutte le creature” (cfr Costituzioni della Compagnia di Gesù, III, 1, 26). Affidiamo alla Vergine Maria la nostra preghiera, perché apra il nostro cuore alla compassione verso il prossimo e alla condivisione fraterna. Chiediamo alla Nostra Madre celeste di essere sempre dei veri poveri di spirito, per ritrovare il sapore del pane.

              2) Pane del cielo che, nell’Eucaristia, si fa pane degli uomini (don Primo Mazzolari).

“L’Ostia, al pari della Croce, sono braccia e cuori che s’incontrano.  Quando alzo il Pane, esalto la carità di Dio e la fatica dell’uomo: porto nel cuore del Signore, che le ricovera e le riposa, le opere del mio popolo laborioso. L’uomo s’è incontrato con Te nel pane, ancor prima che Tu lo facessi per noi Pane di Vita” (don Primo Mazzolari). 

            Anche noi domandiamo che cosa dobbiamo fare per avere la vera vita. Gesù ci risponde: credete in me. La fede è la cosa fondamentale. Non si tratta di seguire un’idea, un progetto, ma di incontrare Gesù come una Persona viva, di lasciarsi coinvolgere totalmente da Lui e dal suo Vangelo. Dunque, “Gesù invita a non fermarsi all’orizzonte umano e ad aprirsi all’orizzonte di Dio, all’orizzonte della fede. Egli esige un’unica opera: accogliere il piano di Dio, cioè ‘credere a colui che egli ha mandato’. Mosè aveva dato ad Israele la manna, il pane dal cielo, con il quale Dio stesso aveva nutrito il suo popolo nel deserto. Gesù non dona qualcosa, dona Se stesso: è Lui il ‘pane vero, disceso dal cielo’, Lui la parola vivente del Padre ed è nell’incontro con Lui che noi incontriamo il Dio vivente.

            Ci vien voglia di domandare: “Che cosa dobbiamo fare perché il miracolo del pane continui?”

            Ma non dimentichiamo che Gesù, vero pane di vita che sazia la nostra fame di senso, di verità, non può essere ‘guadagnato’ con il lavoro umano; viene a noi soltanto come dono dell’amore di Dio, come opera di Dio da chiedere e accogliere”.

            Durante la settimana, le giornate sono cariche di occupazioni e di problemi, ma la domenica, giorno del Signore ed anche giorno di riposo e di distensione, il Signore ci invita a non dimenticare che se è necessario preoccuparci per il pane materiale e ritemprare le forze, ancora più fondamentale è far crescere il rapporto con Lui, rafforzare la nostra fede in Colui che è il ‘pane di vita’, che riempie il nostro desiderio di verità e di amore.

            Non ci resta che pregare la Madonna perché questo desiderio santo di vita buona si faccia in noi preghiera e lavoro.

            3) La Verginità e Eucaristia: l’Amore appassionato.

            Un modo molto bello e spiritualmente efficace di moltiplicare il pane è quello delle Vergini  consacrate nel mondo.

            Con il dono completo di se stesse a Dio, esse diventano come ostie[1] per il mondo, con il quale vogliono condividere Cristo, Pane di vita, donato in abbondanza.

            Immerse in un mondo spesso agitato e distratto, prese talvolta da compiti pesan
ti e non sempre piacevoli, le Vergini consacrate sono chiamate a testimoniare con gioia agli uomini ed alle donne del nostro tempo, nelle diverse situazioni, che il Signore è l’Amore capace di colmare il cuore della persona umana. Esse testimoniano che la croce da prendere su di sé ogni giorno per seguire Cristo non è fatta tanto dalle sofferenze e dalle contraddizioni della vita, quanto l’amore appassionato di Cristo, amore vissuto come dono di sé al Redentore e come compassione e condivisione con i fratelli e le sorelle in umanità. In questo modo, queste donne realizzano la preghiera che il Vescovo fa su di loro nel giorno della consacrazione: “Che esse brucino di carità e non amino niente al di fuori di Te… Che ti temano con amore e per amore ti servano” (Rito della Consacrazione delle Vergini, n. 64) nella preghiera e nelle opere di misericordia.

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NOTA

[1] Ostia è parola che viene dalla parola latina “hostia”, che vuol dire vittima. Normalmente con la parola ‘ostia’ si intendeva, nell’epoca classica, l’offerta di animali domestici (per es. pecora, agnello) sacrificati agli dei come offerta di pace per allontanarne l’ira e renderli propizi, prima di marciare contro il nemico. Con la parola ‘vittima’ si intendeva un sacrificio per ringraziare, per esempio, per una vittoria e si usavano animali più grossi (bue, toro). Nel cristianesimo la parola “ostia” indica il pane consacrato durante la Messa. Ovviamente l’Ostia per eccellenza è il Cristo e, per analogia, chi a lui si conforma.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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