Amorevole condivisione. Attiva partecipazione. Reciproco aiuto. Ma poi anche: sincerità nel dialogo che nasce dall’ascolto e dal confronto proattivo. Il “modo” in cui si vive fa la differenza! Così, tentando di dar vita alla regola “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”, “io voglio ricominciare da Stop’n Go” è stato il non dichiarato motto dei partecipanti.
Stop’n Go il nome. In italiano, ti fermi e riparti. Come definirlo? Si potrebbe provare con “campo estivo”. Ma appare un poco riduzionistico. Di “estivo”, effettivamente, il periodo, ovvero la terza settimana di luglio. E l’incredibile perdurante calura nel quale ha preso vita. La quarta edizione si è appena conclusa. E già si parla del prossimo anno. Ma cosa avrà avuto mai di tanto prorompente?
Una settimana di tempo. La location prescelta per l’impresa: Pian Paradiso, Civita Castellana. Settanta tra ragazzi e ragazze di età compresa tra i 14 e i 20 anni, hanno deciso di fermarsi, come vuole il termine stop del titolo, per poi ricominciare, riemergere, ricostruire, ripuntare e risplendere, come ampliando il termine go della seconda parte del nome. Il tutto prendo spunto e declinando quell’idea di amore e fratellanza universale proposta da Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari.
Perché gli adulti, semplicisticamente, la definiscono “società”. Alcuni vi aggiungono l’aggettivo “complessa”. Altri, negativamente, la giudicano “amorale e degenerata”. Ma non è che i giovani non provino le sue dinamiche sulla loro stessa pelle, soffrendo per le sue distorsioni.
E così, volendo dire basta al piangersi addosso o al far finta di nulla, i ragazzi hanno scelto di rimboccarsi le maniche. Hanno portato la loro simpatica energia presso una casa di riposo e presso un istituto per disabili. E tramite workshop e giochi di ruolo, hanno cercato di approfondire tematiche quali le dipendenze che dilagano. Inoltre, cercando possibili soluzioni, si sono interrogati sulla necessità di attenzione che ciascuno prova, nonostante l’esser sempre connessi della nostra società digitale. Infine, si sono messi alla prova con la preparazione dei pasti e dei coperti, con l’autogestione dei locali che li ha ospitati e con la creazione di oggetti da materiali di scarto.
Una vera intensa esperienza di come le cose possono essere migliori, se nel farle ci si mette tutto l’amore possibile. Oltre che impegno, responsabilità e consapevolezza. E al momento dei saluti, ognuno era con le lacrime agli occhi al pensiero che, all’indomani, quello non fosse solo un sogno. Ma la vita reale.
***
Fonte: Mediapolitika