Da tempo conosco Livio. Falegname del paese e uomo stimato da tutti, non solo per l’onestà nel lavoro, ma soprattutto per l’accoglienza che riservava a tutti quelli che, alla spicciolata, ricorrevano al suo negozio.
Non c’era verso di carpire dalla sua bocca una parola di critica verso chicchessia. Di tanto in tanto a qualcuno sfuggiva qualche apprezzamento tendente al negativo. Anche se su bazzecole di poco conto, lui era pronto a riconsiderare i fatti riprovevoli per darne una lettura positiva, o per lo meno leggere benignamente l’intenzione di chi ne era responsabile.</p>
Chiacchierando con lui intento a piallare, mi permisi di commentare un fattaccio riportato dai giornali; mi è sfuggito un giudizio severo su un giovane del paese che vi era implicato…
-Ma tu – reagì con un sorriso – non mi vuoi bene, allora?
-Si che te ne voglio – lo rassicurai, ricambiandogli il sorriso.
-Non può essere…Quel giovane che giudichi e disprezzi, fa parte della mia famiglia; è mio figlio.
-??
-Giudicando lui, giudichi tutta la famiglia; disprezzando lui, rigetti me, mia moglie e i suoi cinque fratelli.
Il mio esame di coscienza, quel giorno, era già fatto e con evangelica radicalità: quando amo o non amo anche un solo uomo sulla terra, finisco per amare o non amare Dio stesso, che è papà di ogni essere umano; disprezzando o amando anche l’ultimo del pianeta, amo o disprezzo tutta l’umanità: siamo tutti della stessa famiglia.
O amo tutti o non amo nessuno.
Ciao da p. Andrea
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