Due testimoni privilegiati della vita e delle opere del Papa Santo per un libro, redatto in forma d’intervista, che costituisce un’importante chiave di lettura della personalità di Giovanni Paolo II e dei lasciti della sua missione apostolica. Il libro s’intitola “Karol il Santo, vita e miracoli” (Ed. San Paolo, 2014): ne sono autori mons. Slawomir Oder, postulatore della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II, e Saverio Gaeta, scrittore, vaticanista e caporedattore di “Famiglia Cristiana”.
Scrivono i due autori nell’introduzione: «Ora che con la cerimonia di canonizzazione si concretizza l’invocazione “Santo subito”, elevata a gran voce in piazza San Pietro il giorno dei suoi funerali da un popolo triste e festoso nel contempo, tale consapevolezza a riguardo di Giovanni Paolo II assume un carattere di definitività. E non si limita a confinare l’azione di Papa Wojtyla nell’epoca della sua vita, bensì la dilata nell’eternità».
Attraverso questo delicato equilibrio fra attualità storiografica e dimensione ultraterrena si snoda, appunto, il percorso del libro: da un lato il Wojtyla pragmatico, protagonista degli eventi geopolitici del secondo Novecento, dall’altro il pescatore di anime, portatore di un messaggio d’amore e di fratellanza universale. Concetto, quest’ultimo, che assume una chiara evidenza fin dal primo capitolo, intitolato “Da sempre santo nel cuore della gente”: «Giovanni Paolo II si è personalmente recato in centinaia di luoghi in ogni parte del mondo, accolto dall’entusiasmo di innumerevoli persone. Ma oggi accade la medesima cosa con la sua reliquia. Che riflessioni le ha suscitato questo sentimento popolare?» chiede Saverio Gaeta a Mons. Oder.
La domanda offre l’occasione a Mons. Oder per ripercorrere i più importanti viaggi apostolici di Giovanni Paolo II, che trovano oggi continuità nei pellegrinaggi della reliquia (le gocce di sangue racchiuse nella capsula di cristallo incastrata nell’artistico libro-reliquiario, opera dello scultore Carlo Balljana). «Oggi i tanti che accorrono per venerarne la reliquia testimoniano il medesimo stupore», spiega Oder. «Non percepiscono una distanza fisica tra loro e Giovanni Paolo II. Nella preghiera si sentono profondamente uniti a lui». Dall’Italia alla Spagna, al Messico, alla Colombia, al Canada, all’Africa, all’Estremo Oriente, i pellegrinaggi della reliquia «attestano una presenza che non tramonta, una presenza che continua a suscitare emozioni e sentimenti, una presenza amichevole, incoraggiante e consolante».
Il secondo capitolo del libro, intitolato “Un’esistenza trascorsa sotto lo sguardo di Cristo”, è sostanzialmente la risposta a un invito che Gaeta rivolge a Oder: «Più che presentare un minuzioso profilo cronologico, proviamo a tracciarne le tappe essenziali…».
Tappe essenziali che Mons. Oder ricostruisce sinteticamente con importanti spunti di riflessione. I gravi lutti familiari che colpirono il giovane Karol; la passione per il teatro e la poesia; gli anni dell’occupazione nazista; l’esperienza di operaio nelle cave; la scelta di consacrarsi al Signore in un periodo di forti ostilità verso la Chiesa; l’esercizio del ministero sacerdotale durante l’ascesa al potere del Comunismo. Poi l’esperienza di studio a Roma a metà degli anni Quaranta, i viaggi in Europa e il rientro in Polonia. A soli 38 anni fu consacrato vescovo e a 44 divenne arcivescovo di Cracovia. Quindi Oder ripercorre gli anni del pontificato romano richiamando eventi che appartengono alla memoria collettiva (dall’attentato alla lunga malattia…). Quegli anni – è la sua conclusione – hanno rappresentato «il tempo del raccolto, dopo la sostanziosa semina».
In apertura del terzo capitolo, intitolato “L’intensa spiritualità del pescatore di uomini”, Saverio Gaeta chiede a Oder: «Lei ha avuto la possibilità, studiando le testimonianze del processo di canonizzazione, di scoprire la vera vita interiore di Giovanni Paolo II. Un uomo, un Papa, che concretamente ha incarnato il modello del cristiano e del pastore. Quali sono stati i lineamenti principali della sua personalità? Quale il segreto del suo fascino?».
A partire da questa domanda, il terzo capitolo si snoda in un sintetico ma efficacissimo excursus dei capisaldi del pensiero di Giovanni Paolo II. Attraverso il dialogo tra il giornalista e il postulatore emergono con forza i punti nodali del pontificato di Wojtyla e il suo modo di intendere la missione apostolica: i giovani, i poveri, i malati, il suo rapporto con la sofferenza… senza trascurare gli aspetti più colloquiali ed amabili della sua personalità: a quanti gli facevano gli auguri di buon compleanno, il Papa rispondeva: «sono di un anno più giovane per il paradiso»!
Nel quarto ed ultimo capitolo, intitolato “Le grazie e i miracoli del potente intercessore”, Saverio Gaeta ricorda che «già mentre era in vita, a Papa Wojtyla è stata attribuita l’intercessione per decine di grazie: bambini guariti dal tumore, coppie sterili che avevano concepito un figlio, portatori di handicap che avevano recuperato la salute fisica…».
«Papa Wojtyla riceveva richieste di preghiere da ogni parte del mondo», conferma Mons. Oder. E ricorda una serie di guarigioni improvvise che hanno fatto seguito a contatti diretti o indiretti con il Santo Padre, tutte caratterizzate dalla “inspiegabilità scientifica” che riconduce al miracolo. Particolarmente toccante un episodio che assume il senso d’una intuizione profetica: un Vescovo che aveva inoltrato a Giovanni Paolo II un’invocazione riguardante un giovane malato del Costa Rica, affetto da una grave forma di leucemia, si sentì rispondere dal Papa: «Gli dica che, quando sarà guarito, venga a trovarmi». Il giovane guarì e, dieci anni dopo, fu accolto da Wojtyla a Castel Gandolfo.
Le ultime pagine del libro sono dedicate all’approfondimento di due casi ormai celebri: le guarigioni di suor Marie Simon Pierre Normand e di Floribeth Mora Díaz, riconosciute come miracoli ai fini rispettivamente della beatificazione (1° maggio 2011) e della canonizzazione (27 aprile 2014) di Giovanni Paolo II.
Per concludere, ci piace riportare dal libro una frase di Wojtyla che lo stesso Oder sottolinea all’attenzione dei lettori. Una frase che illustra bene la sua storia di “testimone della speranza”, come lo definì il biografo George Weigel: «I bambini e i giovani ebrei, cristiani e musulmani presenti qui – disse S. Giovanni Paolo II in occasione di un incontro interreligioso – sono un segno di speranza e un incentivo per tutti noi. I membri di ogni nuova generazione sono un dono divino al mondo. Se tramandiamo loro tutto ciò che di nobile e di buono è presente nelle nostre tradizioni, essi lo faranno fiorire in una fraternità e in una cooperazione più intense».