Tra i protagonisti della classifica della letteratura ateistica mondiale ci sono ormai nomi diversi da quelli dei tempi di De Lubac e soprattutto del suo Le drame de l’humanisme athée. Anche se si ricordano con venerazione ancestrale e quasi religiosa i padri dell’ateismo Feuerbach, Marx, Comte e Nietzsche (per nominare quelli trattati da De Lubac), i nomi in voga oggi sono: Dawkins, Hitchens, Dennett, Harris, ecc.
Ciò nondimeno, l’opera di De Lubac risalente alla seconda guerra mondiale, conserva una sorprendente freschezza. Non a caso viene presentata dai tipi della Morcelliana in una ottava edizione. Quell’écrit d’occasion, come definiva De Lubac con tanta umiltà gran parte della sua produzione inimitabile, non è circoscritto nell’epoca e nelle circostanze che l’hanno visto nascere e che hanno segnato la sua lettura e disegnato i suoi accenti. Come ogni grande classico, il libro parla a un tempo senza affogarsi in esso. Dialoga con un’epoca senza perdere la pregnanza quasi-perenne.
Il libro, scritto come opera militante contro l’antisemitismo nazista, contro il quale De Lubac ha lottato con coraggio (cf. il suo Resistanza cristiana all’antisemitismo: ricordi 1940-1944). Ma parla anche al nostro oggi perché il cosiddetto New Atheism, pur nella distinzione dall’ateismo di metà XX secolo, mantiene dei tratti molti simili che De Lubac mette in chiaro.
L’ateismo di oggi ha in comune con l’ateismo di ieri varie caratteristiche, ne elenchiamo quattro:
- È un ateismo postulatorio, per dirla con Max Scheler. Pur definendosi positivo, non si fonda su pre-giudizi e non su giudizi o su prove (e quelle che presenta il Nuovo Ateismo lasciano il tempo che trovano, perché sono spesso fondate o su una errata interpretazione della teologia o su un’errata immagine di Dio). Farebbero parte di quello stadio che Nietzsche profeticamente prevedeva: non più quello del leone che lotta, ma del bambino che è ludicamente indifferente alla questione di Dio. Questa forma di ateismo è tradotta benissimo da un verso di Heine: «Padre nostro che sei nei cieli, restaci!»
- è un anti-teismo. Più che ateismo, come lo era l’ateismo liberale, critico, post-kantiano, l’ateismo moderno e nuovo hanno in comune la caratteristica di inimicizia viscerale verso Dio. Sono ateismo dall’immaginario religioso gravemente ferito. Dio è visto come «nemico del genere umano», come la mette il gesuita Michael J. Buckley e la sua negazione non è una serena affermazione intellettuale, ma un appassionata e sofferta opzione morale e sentimentale. La negazione è fondata su un sentimento di risentimento.
- è un ateismo positivo e pro-positivo: vuole sognare, anzi, vuole costruire un mondo senza Dio. Come lo sognavano Marx e Nietzsche, The New Atheism aspira a un mondo senza Dio. A quest’ultimo si applica l’analisi di De Lubac che nota che queste forme d’ateismo conservano spesso molto valori di origine cristiana, ma il teologo gesuita avverte che per il fatto di aver recisi questi valori dalla loro sorgente cristiana, essi rimangono a lungo andare impotenti e incapace di mantenere le loro promesse. Questo fallimento è dovuto all’ultima caratteristica che elenchiamo.
- è un ateismo anti-umano. Dostoevskij lo testimonia con eloquenza letteraria e profetica. Se non è vero che l’uomo non sia capace di organizzare la terra senza Dio, resta vero però che «senza Dio, egli non può, in fin dei conti, organizzarla che contro l’uomo. L’umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano».
Il Dramma dell’umanesimo ateo si riassume in questo corto circuito: La chiusura alla trascendenza, priva l’uomo dal suo Traguardo e lo soffoca in un’immanenza insufficiente. In una delle tante sfumature di De Lubac: «L'uomo, perdendo la verità perde se stesso. In realtà non c'è più uomo, perché non c'è più nulla che trascende l'uomo».
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Il libro è disponibile su questo link: Il dramma dell’umanesimo ateo.