Il Pontefice ha spiegato che il testimone del Vangelo è “colui che ha incontrato Gesù Cristo”, che lo ha conosciuto, o meglio, “si è sentito riconosciuto, rispettato, amato, perdonato da Lui”, e questo incontro “lo ha toccato in profondità, lo ha riempito di una gioia nuova, un nuovo significato per la vita”. E questo – ha detto – “traspare, si comunica, si trasmette agli altri”.
Per far comprendere meglio il suo pensiero, il Vescovo di Roma ha ricordato l’incontro di Gesù con la Samaritana. Le samaritane erano disprezzate dai giudei. Ma Gesù ha voluto incontrare le “persone emarginate, escluse, disprezzate”. Cristo cercava soprattutto persone segnate dalla malattia e dalla disabilità, per “guarirle e restituirle alla piena dignità” affinché diventassero testimoni della “cultura dell’incontro”.Esempio tipico di questa cultura è “la figura del cieco nato”, che il protagonista del Vangelo che verrà letto nella Messa di domani (Gv 9, 1-41).
Il Papa ha ricordato che quell’uomo era cieco dalla nascita ed era emarginato in nome di una falsa concezione che lo riteneva colpito da una punizione divina.Per Francesco questo modo di pensare è “blasfemo”: Gesù infatti compie “l’opera di Dio” dandogli la vista. Da quel momento il cieco diventa testimone dell’opera di Dio che è vita, amore e misericordia.
Il Pontefice ha poi sottolineato l’esistenza di due culture: quella dell’incontro e quella del pregiudizio e dell’esclusione.”In questo contesto – ha aggiunto – la persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro: l’incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e l’incontro con gli altri, con la comunità”. “In effetti – ha proseguito – solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali, nella Chiesa e nella società”.
A braccio, infine, il Pontefice ha esortato i presenti a guardare a Maria: “In Lei è stato grande il primo incontro: l’incontro tra Dio e l’umanità”. Perciò “chiediamo alla Madonna che ci aiuti ad andare avanti in questa cultura dell’incontro. E la preghiamo con l’Ave Maria”.
Il Movimento apostolico ciechi era presente all’udienza con 650 persone in rappresentanza dei gruppi di 58 diocesi italiane.Prima dell’incontro con il Papa, il presidente del Movimento, Francesco Scelzo, ha donato al Pontefice un libro che raccoglie le poesie della fondatrice Maria Motta, la prima insegnante non vedente nella scuola italiana cieca. Nata in Argentina, perse la vista a causa del morbillo. I genitori la portarono in Italia per curarsi, si diplomò e per 25 anni insegnò alle scuole elementari. Fondò poi il Movimento con l’intento di costruire un legame tra persone vedenti e non vedenti, in modo che, attraverso la fede, potessero accettare il limite, superarlo ed essere collaboratori di Cristo.
A parlare in rappresentanza dei 6000 non udenti e le loro famiglie è stato don Delci da Conceição Filho, sacerdote della Piccola missione per i sordomuti fondata da don Giuseppe Gualandi.