Un’occasione unica: al Braccio di Carlo Magno, dal prossimo 2 aprile fino al 22 giugno, torna in Vaticano la mostra Verbum Domini II. La Parola del Signore è diretta alle nazioni. La rassegna espone testi e rari manufatti biblici che illustrano come la trasmissione, la traduzione e la diffusione della Bibbia, hanno plasmato e rimodellato la storia del mondo.
La mostra è realizzata in collaborazione con la American Bible Society, la Biblioteca Apostolica Vaticana, la Libreria Editrice, i Musei Vaticani , il Pontificio Istituto Biblico e la Società Biblica Italiana.
Intervenendo stamattina in Sala Stampa Vaticana, il direttore del Museum of Bible, Cary Summers, ha illustrato i contenuti della Verbum Domini II che, attraverso “la più dettagliata collezione di antichi manoscritti e di materiale stampato mai assemblata”, condurrà il visitatore “nel mondo greco, nell’Africa nordorientale, in Cina, nell’Occidente Latino, nelle Isole Britanniche, nell’Europa Centrale ed Orientale, in Nord America, in Ecuador, in tutte le nazioni e perfino sulla luna e nel mondo digitale”.
La rassegna coinvolge “più di 15 istituzioni pubbliche e private, mostrando alcuni dei più rari ed importanti documenti biblici mai presentati al pubblico fino ad ora”, ha spiegato Summers.
Il vice-prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Ambrogio Piazzoni, ha ricordato alcuni dei manoscritti più preziosi che la medesima Biblioteca fornirà. Tra questi il Papiro Bodmer XIV-XV, “realizzato attorno all’anno 200 che trasmette quasi integralmente il testo dei vangeli secondo Luca e secondo Giovanni”.
Si tratta del “più antico reperto fisico in cui possiamo leggere, ad esempio, il Prologo di Giovanni o il testo del Padre nostro di Luca” ma è soprattutto “la preziosa testimonianza dell’esistenza, già alla fine del II secolo, della sequenza dei quattro vangeli di Matteo e Marco e appunto di Luca e Giovanni, attestata in quegli stessi anni da Ireneo di Lione”, ha sottolineato Piazzoni.
Altro eccezionale documento che sarà esposto al Braccio di Carlo Magno è un bifoglio del celeberrimo codex Vaticanus, o Codice B, della Bibbia. “Questo manoscritto – ha spiegato il vice-prefetto della Biblioetca Apostolica Vaticana – realizzato su pergamena nella prima metà del IV secolo e contenente Antico e Nuovo Testamento in greco, è, insieme al codex Sinaiticus (conservato nella sua parte principale alla British Library di Londra), il primo manoscritto integrale della bibbia e costituisce un testimone privilegiato del canone delle Scritture in quel periodo così antico”.
Non altrettanto straordinario ma comunque di grande interesse è il “codex Claromontanus, del V e del VII secolo, un precoce testimone dei vangeli tradotti in latino nella Vulgata di san Gerolamo, salvo il testo di Matteo che è ancora presente nella versione della Vetus latina”.
Come ricordato da monsignor Melchor Sanchez De Toca y Alameda, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Cultura, oltre a trasmettere la Parola di Dio, la Bibbia incarna un profondissimo valore culturale e letterario.
Gli anonimi trascrittori del testo biblico, infatti, attinsero a piene mani alle tradizioni filologiche e stilistiche delle civiltà limitrofe ad Israele. Ad esempio, il primo capitolo della Genesi “richiama molto il poema epico Gilgamesh ed altri miti e saghe babilonesi”, ha spiegato monsignor Sanchez. Dal canto loro i Proverbi mostrano un’influenza della letteratura egizia e sumera.
Come afferma l’esortazione apostolica Verbum Domini di papa Benedetto XVI, la Bibbia è una sorta di “codice culturale dell’Occidente” e la stessa cultura in cui viviamo, come ha spesso ricordato il cardinale Gianfranco Ravasi, “sarebbe semplicemente incomprensibile se non si tiene conto dell’influenza della Bibbia”, in ogni ambito dello scibile umano, dall’architettura, alla filosofia, alla scienza.
Per questo motivo, ha suggerito monsignor Sanchez, la Bibbia andrebbe fatta studiare nelle scuole, “alla stregua di Dante, Shakespeare o Cervantes, come chiave di lettura per la comprensione del nostro mondo, della nostra arte, della nostra storia e della nostra letteratura”.
È infine intervenuto padre José María Abrego de Lacy, S.I., rettore del Pontificio Istituto Biblico, che ha auspicato in particolare che la mostra Verbum Domini II possa ravvivare un interesse verso gli studi biblici che, a cinquant’anni dalla ‘primavera’ del Concilio Vaticano II, oggi appare piuttosto in declino.
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La mostra Verbum Domini II sarà aperta presso il Braccio di Carlo Magno, accanto alla Basilica di San Pietro, dal 2 aprile al 22 giugno 2014, nei seguenti giorni:
– lunedì, martedì, giovedì, venerdì e sabato: ore 9.00-18.00
– mercoledì: ore 13-18
– ultima domenica di ogni mese: ore 13-18
La mostra, il cui ingresso è gratuito, sarà chiusa durante le ferie.