La sua vita sarebbe potuta finire ventisette anni fa, sul pavimento di uno squallido bagno di un fast food di Allentown, in Pennsylvania. È lì che Katheryn Deprill fu trovata dagli inservienti del locale, gracile come ogni neonato partorito da un paio d’ore e avvolta da una camicia bianca, ultimo gesto d’affetto di una madre disperata che decide di abbandonare il proprio figlio subito dopo averlo messo al mondo.
E invece Katheryn è un’espressione di vita felice e ridondante. È una ragazza di ventisette anni sposata e madre di tre figli, che lavora come tecnico in un laboratorio medico. Nel settembre del 1986 la sua storia riempì i titoli dei giornali americani, che le attribuirono il nome “Burger King Baby”. Intenerì una coppia di coniugi, gli Hollis, i quali decisero di adottarla sebbene avessero già dei figli. Nel frattempo le indagini della polizia proseguirono per lungo tempo, ma le tracce della mamma naturale della piccola Katheryn non furono mai ritrovate.
Oggi, a ventisette anni di distanza, la protagonista di questa vicenda ha deciso di uscire allo scoperto. Lo ha fatto pubblicando una sua foto sul proprio profilo Facebook, con un cartello in mano che recita: “Sto cercando mia madre, mi ha messo al mondo il 15 settembre 1986, mi ha abbandonata in un gabinetto del Burger King di Allentown”. La pubblicazione è stata condivisa già oltre ventimila volte dagli utenti del celebre social network, che hanno così dato ampia diffusione all’appello “per favore, aiutatemi a trovarla condividendo il mio post, forse lo vedrà”.
Il volto disteso e sorridente della giovane testimonia l’assenza di ogni minimo accenno di rancore. L’appello di Katheryn è arrivato anche sui media d’oltreoceano. Fox News l’ha intervistata un paio di settimane fa. “A meno che non siate stati adottati – ha detto al microfono dell’emittente -, non potete capire come ci si senta a non sapere chi sono i vostri genitori biologici”.
Katheryn la sua storia l’ha saputa soltanto a dodici anni. In un primo momento non riusciva ad accettare questa realtà, covando un forte senso di risentimento. “Quando ero bambina non capivo quali cose terribili potessi aver fatto per essere lasciata lì”.
Con il passare del tempo però, Katheryn inizia a cambiare atteggiamento, maturando comprensione verso la sua madre naturale. “Non riesco a pensare cosa abbia passato – afferma -, forse viveva una relazione clandestina, ci sono così tante possibili eventualità che non si possono sapere senza mettersi nei suoi panni”. In un certo senso, le rivolge anche gratitudine, poiché anziché ucciderla prima o dopo il parto, quella donna ha deciso di farla nascere e lasciarla nel posto in cui è stata poi trovata. È per questo, dice la giovane, che “voglio sapere com’è mia madre, vedere se magari ho fratelli o sorelle che mi somigliano, dirle che sto bene”. C’è un pensiero che si porta sempre dietro. “Ogni volta che mi trovo in un negozio o in mezzo alla gente – racconta -, penso a mia madre, a mio fratello o a mia sorella che potrebbero essere qui, a pochi metri di distanza”.
Ma il suo è soprattutto un messaggio di speranza. Katheryn ci tiene a sottolineare di essere stata accolta da “genitori amorevoli che non hanno mai fatto distinzione tra figli biologici e adottivi”. La sua storia, spiega, è rivolta a tutti quei genitori che non sono in grado di tenere i propri figli. “C’è sempre una possibilità piuttosto che buttare via il proprio bambino, l’adozione è una cosa meravigliosa”, spiega con parole ferme, che non cedono a una pur comprensibile emozione. Quella di chi, come Katheryn, trasmette dai suoi occhi chiari e limpidi una gioia immensa nei confronti della vita.