Lunedì 24 marzo la Chiesa italiana ha fatto sentire la sua voce in relazione alla sfida educativa – per certi versi drammatica – cui quotidianamente siamo confrontati. In mattinata, infatti, il tema è stato al centro del Convegno “La Chiesa per la scuola di tutti”, promosso dall’Ufficio Scuola del Vicariato e svoltosi in un’aula del Palazzo del Laterano particolarmente evocativa: quella, di Sisto V, in cui furono firmati i Patti lateranensi l’11 febbraio 1929.
I lavori – alla presenza di 200 dirigenti scolastici di istituti statali e paritari di Roma – sono stati accompagnati con grande attenzione dalla platea, che è apparsa ben motivata. Molti dirigenti hanno in effetti seguito le relazioni tenendo sulle ginocchia il testo, di cui hanno evidenziato i passi più significativi.
Dopo le calde parole di benvenuto di don Filippo Morlacchi (direttore dell’Ufficio Scuola), il direttore generale Maria Maddalena Novelli ha evidenziato, nella relazione introduttiva, i numeri della scuola di Roma: 1400 istituzioni scolastiche (500 statali e 900 paritarie), 406mila alunni (320mila nelle scuole statali e 86mila nelle paritarie), 44500 docenti (35mila e 9500), 12mila unità di personale amministrativo.
Passando a trattare delle ‘periferie’ della scuola, la Novelli ha ricordato i numeri degli alunni stranieri: sono oggi 46mila (40mila e 6 mila), “di cui solo il 5% non è nato in Italia”. Gli alunni disabili sono 13.400 (12mila e 1400). Grave il problema della dispersione scolastica, che coinvolge non meno di 9mila ragazzi del primo biennio delle superiori.
Ampia e articolata, poi, la relazione del cardinale vicario Agostino Vallini, il quale ha evidenziato due sfide gravi poste dal nuovo contesto educativo. La prima è derivata “dall’impatto travolgente delle nuove tecnologie”, connotate dalla velocità dei cambiamenti, dall’universalità della trasformazione, dall’incalzare delle scoperture scientifiche. La seconda tocca profondamente le radici dell’identità: si palesa con “la visione antropologica che va affermandosi e che si distanzia da quella classica dell’uomo ‘animale-razionale’, arricchita dall’idea ebraico-cristiana dell’uomo immagine di Dio”.
Nella nuova visione l’uomo è considerato “niente altro che il risultato dell’evoluzione cosmica e biologica”. E, “se la conoscenza scientifica è l’unica forma di conoscenza del nostro essere”, ne deriva tra l’altro che il ruolo del docente “non è più quello del maestro-testimone di valori”, ma quello “dell’animatore culturale, in una visione sempre più meccanicistica dell’apprendimento”.
I giovani sono travolti dal turbine che li investe. Oggi – ha rilevato il cardinale – “non stanno con noi, sono pochi anche in parrocchia, I giovani sono soprattutto quelli del muretto, quelli della notte, quelli della violenza. Tanti però vorrebbero qualcosa di diverso”. Un’azione educativa efficace si può però realizzare solo “lavorando in rete”. E qui “i genitori restano i primi educatori, titolari del diritto-dovere di educare i figli, sancito dalla Costituzione Repubblicana (art. 30)”.
L’alleanza tra scuola e famiglia è oggi certamente “molto fragile e delicata”, considerato come la seconda “quando c’è, spesso è smarrita e non preparata ad assumersi le responsabilità educative”, mentre la prima è caratterizzata dalla presenza degli insegnanti che “investiti di responsabilità superiori alle loro forze, spesso si sentono inadeguati”.
Bisogna però crederci, fiduciosi che “bambini, ragazzi, giovani cerchino ardentemente – oggi più che in passato – figure di riferimento credibili”, che uniscano in sé professionalità e testimonianza di vita e operino per un’educazione integrale dell’alunno, valorizzandone non solo gli aspetti tecnici e scientifici. Scriveva Jacques Maritain nel 1959, ha ricordato il cardinale, parole attualissime anche oggi: “La gioventù contemporanea è stata sistematicamente privata di ogni ragione di vita. E questo è un crimine spirituale”.
La scuola, ha continuato Agostino Vallini, deve anche essere”inclusiva”, accogliendo tutti e facendo in modo che “nessuno vada perduto”. Bisogna ridurre la dispersione scolastica, impegnarsi a proporre “una vita buona”. Qui il cardinale Vicario ha fatto riferimento a un’attualità che allarma: “I tristissimi fenomeni delle cosiddette baby squillo, dell’abuso di bevande alcooliche o del gioco d’azzardo tra i giovanissimi, non solo sono sintomo di una società malata o di contesti familiari particolarmente difficili, ma sono gli effetti negativi evidenti di una società che non è più capace di proporre ai ragazzi qualcosa di bello, di buono e di vero”.
Il porporato si è poi occupato di rispondere ad alcune domande che, nonostante tutte le spiegazioni date fin qui, ricorrono continuamente su internet e nei massmedia, quando si parla di Chiesa ed educazione: “Perché la Chiesa vuole occuparsi di educazione? Non è questo un compito esclusivo dello Stato, unico soggetto competente ad insegnare i valori ai propri cittadini? Lo fa forse per fare del proselitismo?”. Richiamate ad esempio le parole di papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (Una fede autentica… implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo… La Chiesa non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia), il cardinal Vallini ha ribadito che “la fede ha rilevanza pubblica ed è chiamata a dare una nuova direzione etica alla storia”. Considerati poi i tempi di “profonda crisi delle istituzioni educative”, l’impegno della Chiesa per l’educazione “diventa un preciso obbligo morale”.
La Chiesa è presente in tre forme nel mondo della scuola italiana: con i battezzati (un numero molto alto di persone), con gli insegnanti di religione cattolica, con la scuola cattolica. Ciò ricordato, veniamo allora all’incontro del 10 maggio in piazza San Pietro. A tale proposito queste le parole del cardinal Vallini: “L’incontro intende dar voce soprattutto al primo cerchio, quello più ampio, che riguarda tutti i battezzati presenti nella scuola e i tanti appassionati operatori del settore. Desidero precisare che non sarà un’esibizione – posso garantirlo – per mostrare alla società italiana che i cattolici sono tanti né tantomeno un’occasione per chiedere fondi per le scuole cattoliche. Assolutamente no, non è quella la sede”.
“Certo – ha proseguito – desideriamo ardentemente che le scuole cattoliche possano continuare ad esistere, e senza un adeguato finanziamento – che invece è assicurato in altri Paesi d’Europa! – sarà sempre più difficile. Le scuole continuamente chiudono e chiuderanno. A chi contesta il finanziamento ricordo la seduta dell’Assemblea Costituente del 29 aprile 1947 in cui si è discusso l’emendamento Corbino: se lo rilegga! Ma non è questo lo scopo dell’incontro. Il 10 maggio vogliamo piuttosto manifestare a tutti che la Chiesa non abbandona il campo, anzi vuole rinnovare il proprio impegno educativo a favore di tutti”.
La Chiesa, del resto, ha concluso il cardinale Vallini, “non vuole occupare spazi di potere”, ma “attivare processi di crescita, collaborando con tutti”. Perciò “non vuole imporre dogmi a nessuno: chiede solo di poter offrire il suo contributo alla comune impresa”. Guardiamo con speranza a questo compito difficile ma entusiasmante.
Concludendo l’incontro certo ricco di stimoli sul tema di un’educazione feconda per la società, il vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi – che si occupa tra l’altro della pastorale universitaria – ha chiesto di investire sulla conoscenza. Tantopiù che la cultura in cui siamo immersi “si è soffermata molto sul guardare, senza conoscere”.
Fonte: Rosso Porpora
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