Uno dei rischi più diffusi e ricorrenti, accostandoci e addentrandoci nel testo evangelico, è quello di confinare nel territorio della “pia fantasia” contesti, eventi, parole, avvertiti spesso come espressioni ingenue o vagamente infantili: poco o per nulla rilevanti, ormai, ai nostri occhi, di cristiani “adulti”. In realtà, ogni passaggio -come l’odierna pagina dell’annuncio alla Vergine– va colto nella sua verità e originalità: certamente tenendo conto dei vari “generi letterari”, che connotano e arricchiscono straordinariamente il linguaggio “composito” della Sacra Scrittura, ma senza mai dimenticare la “storicità” degli avvenimenti, che hanno segnato profondamente, fin dalle origini, il cammino della Chiesa e la fede di intere successive generazioni.
L’Annunciazione non è una favola o semplicemente una rappresentazione, allusiva o simbolica, quasi “da copione” ben collaudato (con i medesimi protagonisti e le medesime circostanze: un angelo, un intervento celeste, un veggente, il timore e il turbamento conseguenti, una parola di rivelazione ecc), nello stile quasi di un “dejà vu” biblico.
Il quadro evangelico rappresenta piuttosto l’accadere di un mistero, narrato in modo facilmente comprensibile da tutti. È l’insorgere, nella storia umana, della Grazia, del soprannaturale. Dio si fa carne, penetra negli abissi della materia, segnata e contagiata dalla colpa dell’uomo, santificandola e vivificandola finalmente di luce nuova.
L’intera Creazione assiste, con stupore, al miracolo di questo inatteso ingresso, che si compie nella cornice, a noi abituale e familiare, di una maternità, senza lo sfarzo e lo splendido apparato che la Maestà dell’Altissimo richiederebbe e meriterebbe; ma nella sublime umiltà di un Cuore purissimo, che si rende dimora di Dio.
Maria Santissima pone le condizioni perché avvenga tale incontro tra l’umanità e il Cielo stesso. Questo è il carattere proprio dell’azione di Dio, che si introduce nel tempo con la assoluta discrezione di chi rispetta fino in fondo la libertà dell’uomo. “Io sto alla porta e busso” (Ap. 3,20): Dio “domanda il permesso” di intervenire; attende sull’uscio, paziente, finché sia rimosso ogni ostacolo alla sua opera.
La festa odierna non costituisce il ricordo passato di un evento importante, ormai sepolto dalla coltre dei secoli: è il nostro “oggi”; è una continua riproposta del Cielo, che si china sulla Terra e che tocca l’esistenza di ciascuno, perché la Salvezza possa raggiungerci. Oggi la Grazia ci interpella; oggi bussa al nostro cuore; oggi cerca “adoratori in Spirito e Verità” (Gv 4,24), nell’assordante silenzio di senso e di valore che connota questa nostra epoca.
L’incontro con Jahvé mette in luce “i segreti dei cuori”, come avrebbe poi profetizzato alla Vergine il vegliardo Simeone, nel Tempio di Gerusalemme: l’Annunciazione rivela il candore di Maria Santissima e la sua missione, unica, di ricevere nel suo seno e nella sua vita il Signore. Ma diviene “paradigma” anche della Chiesa, maternamente attenta ad accogliere e a educare ogni uomo; e diventa modello del nostro cammino di fede. Noi pure siamo “provocati” continuamente dal Cielo, sollecitati a conversione, attratti dalla fecondità del Vangelo, affascinati dalla libertà dei Santi. A noi parla il Signore, in mezzo alle complesse vicende quotidiane, perché anche dai “bassifondi” dell’umano si innalzi la lode per il dono della Vita e si elevi la nostra gratitudine, per la predilezione che Dio riserva ai suoi figli.
L’attualità del “sì” della Vergine si è trasmesso nell’ansia della Nuova Evangelizzazione, che accompagnò i lunghi indimenticati e indimenticabili anni di Giovanni Paolo II, fino a oltrepassare la soglia del Nuovo Millennio; si è manifestata nel costante, lucidissimo e stringente riferimento ai “principi non negoziabili”, che ha connotato il luminoso pontificato del suo successore, fino alla travolgente “simpatia” evangelica e alla capacità catalizzatrice di Papa Francesco. Pensando alla Cattedra di San Pietro e a questi ultimi decenni, sembra di poter tracciare e ridefinire alcune “linee portanti”, imprescindibili, del nostro “essere cristiani”: la chiarezza, la fermezza e la radicalità delle proprie convinzioni di fede, accompagnata alla capacità e alla volontà di raccogliere, da chiunque, ogni pur piccolo frammento di vera umanità; l’impegno personale e comunitario per una autentica conversione; la essenzialità e la povertà evangelica, che si esprimono in gesti di sincera cordialità e di profonda stima per la dignità di ogni uomo; la missionarietà, come “stile” costante ed esigente di vita: non ripiegata su se stessa, ma protesa verso il prossimo.
Il Vangelo non riguarda il passato, ma il nostro presente: è contemporaneo a ogni epoca e a ogni uomo. Meditare l’Annunciazione, varcare la soglia di quel Cuore Immacolato, significa incontrare, anche oggi, il Signore e imparare a conoscere se stessi e il proprio destino, sempre più coscienti della propria altissima vocazione.