In merito alla riduzione dei contributi ai giornali no-profit, sul sito della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (http://www.fisc.it/fisc_home_page/marzo/00001788_A_RISCHIO_LE_VOCI_DELLA_PERIFERIA.html), il presidente Francesco Zanotti ha scritto: “Si rischia di perdere anche chi dà voce, da oltre un secolo, a buona parte del Paese e alle sue periferie. Stiamo parlando di decine di periodici diocesani che, come il Corriere Cesenate raccontano ciò che di solito non viene riferito dai grandi network. I contributi pubblici all’editoria sono invisi all’opinione pubblica. Anni di proclami-contro hanno creato un clima ostile: azzerare questi sostegni all’editoria assieme al finanziamento ai partiti. Se un giornale è un’azienda, stia in piedi con le sue gambe, dicono i più. Se non ci riesce, chiuda bottega”.
“Occorre andare oltre le frasi ad effetto. – Ha continuato – Sui blog si urla contro la casta e si accomuna tutto in una melassa indistinta. I lettori devono sapere che la realtà è un po’ più complessa. I sostegni all’editoria, nati nel 1981 e riformati nel 1990, sono presenti in Italia, come nella stragrande maggioranza degli Stati europei, per due motivi validissimi anche oggi. Prima di tutto per favorire la democrazia informativa, il pluralismo, la presenza di più voci nel campo dei media. In secondo luogo, per controbilanciare il mercato pubblicitario in massima parte drenato in Italia dalle televisioni, senza meccanismi per una sua redistribuzione”.
“Nel 2012 – ha concluso Zanotti – sono state introdotte norme più stringenti per l’ammissione a questi contributi. È stata operata, giustamente, maggiore selezione. I periodici non profit sono stati confinati in un incomprensibile (nella sua definizione) 5 per cento dell’intero fondo. Ciò ha comportato, nei tagli generalizzati per tutti di circa un terzo, una penalizzazione maggiore per molti periodici, tra cui le 70 testate (tra le 189 totali) che aderiscono alla Fisc e percepiscono queste “briciole di contributi”, ormai ridotte a “briciole di briciole”. Stiamo parlando di 1,8 milioni di euro erogati nel dicembre scorso. In due soli anni abbiamo subito una riduzione di quasi i due terzi. Un vero salasso cui bisogna subito mettere mano (portando la percentuale del 5 al 7) per non portare verso la chiusura voci fondamentali per il pluralismo. Non c’entrano nulla i privilegi. È solo una questione di giustizia e di libertà e non costa un solo euro in più al bilancio dello Stato”.
Riprendendo le argomentazioni del direttore della Fisc, il senatore del partito democratico Giorgio Pagliari ha rivolto il 20 marzo una interrogazione a risposta scritta al Presidente del Consiglio.
Ha argomentato il senatore Pagliari:
– L’editoria in generale sta vivendo una stagione di grande difficoltà. Complice la crisi economica e la diminuzione delle entrate pubblicitarie, sono diverse le testate che negli scorsi mesi hanno chiuso i battenti; molte altre quelle che hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali e che hanno ridotto la foliazione e che sono state costrette ad effettuare tagli al personale;
– Le provvidenze alla editoria, decisi con la legge n. 416 del 5 agosto 1981, e riformati con la legge n. 250 del 7 agosto 1990, sono oggi garanzia di democrazia informativa e pluralismo.
– Con il Decreto-Legge n. 63 del 18 maggio 2012, si stabilisce che, per le imprese editrici di periodici che risultino esercitate da società la cui maggioranza del capitale sociale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro, le risorse complessivamente destinabili siano pari al 5 per cento dell’importo stanziato, per i contributi diretti alla stampa, sul pertinente capitolo del bilancio del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E che in caso di insufficienza delle risorse stanziate, si proceda alla liquidazione del contributo mediante riparto proporzionale tra gli aventi diritto.
– Questa norma ha portato ad una riduzione delle risorse stanziate. In particolare nel dicembre scorso sono stati erogati solo 1,8 milioni di euro, con una riduzione in due soli anni di quasi i due terzi.
– L’incremento dei fondi destinati a questi periodici, se attuato incrementando la percentuale riservata alla stampa no profit, non comporterebbe un aumento dei costi per lo Stato.
Si chiede quindi:
– Quali misure si intendano adottare a tutela di queste iniziative editoriali;
– Quali ostacoli impediscono un incremento immediato della cifra destinata a queste testate dal 5 per cento al 7 per cento, misura che, senza costi per lo Stato, porterebbe grandi benefici per queste iniziative editoriali.