Papa Francesco, anno secondo

L’educazione alla speranza e alla fiducia costituiscono gli elementi costitutivi del nuovo percorso avviato dal Pontefice “venuto dalla fine del mondo”

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La ricorrenza del 13 marzo, primo anniversario dell’elezione al soglio pontificio di Papa Francesco ha avuto una particolare eco sulla stampa nazionale e mondiale e ha coinvolto le autorità politiche, i Capi di Stato e di Governo nel sentirsi vicini alla Chiesa come Istituzione e al Pontefice come Capo.

Strategicamente Bergoglio è rimasto nel silenzio degli esercizi spirituali ad Ariccia, la prima volta fuori dal Vaticano, affidando alla preghiera il ricordo dell’emozione per l’elezione a Vescovo di Roma e Sommo Pontefice.

L’editoria ha prodotto per l’occasione tanti libri su Papa Francesco, raccolte di omelie a Santa Marta, dei discorsi, delle frasi diventate “celebri”, racconti e commenti sui fatti accaduti durante il primo anno di pontificato con l’elencazione di tutte le innovazioni che lo stile Bergoglio ha apportato al Vaticano e alla Curia romana.

Anche i titoli delle pubblicazioni sono indicativi della positiva accoglienza e del consenso generale che si coglie attorno alla figura di Papa Francesco. Ed anche il settimanale della Mondadori “Il mio Papa” comincia a raccogliere particolare adesione.

Il volume “La bellezza educherà il mondo”, il libro inedito di Francesco, pubblicato dall’Editrice Missionaria Italiana, è stato salutato come un vero “manuale su come educare”. “Educare – scrive il Pontefice – è di per sé un atto di speranza, non solo perché si educa per costruire un futuro, scommettendo su un futuro, ma sopratutto perché l’atto stesso di educare è intriso di speranza”. “Cari educatori – aggiunge – vi auguro che l’inquietudine, immagine del desiderio che muove tutta l’esistenza dell’uomo, apra il vostro cuore e v’indirizzi verso la speranza che non tradisce”.

Queste parole risuonano come monito e incoraggiamento per un nuovo cammino di fede, che, nel secondo anno di pontificato, appare più spedito e meno apprensivo. Abbiamo già conosciuto, infatti, lo stile immediato e comunicativo del Papa delle periferie che, come il Poverello di Assisi, vuole una “chiesa povera e per i poveri” che celebri la misericordia del perdono, dell’accoglienza, del dialogo con tutti, tranne che con il demonio.

Il dialogo, che “non significa relativismo, ma ‘logos’ che si condivide, ragione che si offre nell’amore, per costruire una realtà ogni volta più liberatrice” – tema ricorrente nelle omelie di Papa Francesco – si contrappone al fondamentalismo. Ovvero a quel sistema di pensiero e di condotta assolutamente imbalsamati, che servono da rifugio, quasi una corazza protettiva che non ammette sfumature o ripensamenti, perché, scriveva il cardinale Bergoglio, “si ha paura della verità”.

E aggiungeva: “Il possesso della verità di tipo fondamentalista manca di umiltà: pretende di imporsi sugli altri con un gesto che, in sé e per sé, risulta autodifensivo. La verità non la si ha, non la si possiede: la s’incontra”. Incontrando Cristo che è Via, Verità e Vita, si può benissimo dire di avere la verità e come un grande dono va comunicata, diffusa, annunciata e testimoniata al mondo.

Et eritis mihi testes”, espressione che si legge anche nel cartiglio degli archi absidali delle Chiese, costruite con uno stile più di preghiera che di assemblea, ritorna come invito costante alla missionarietà dell’annuncio non solo della parola, bensì dei valori, incarnati nella vita. E’ da praticare con forza, ripete Papa Francesco, ancora oggi, il dialogo, che si sostanzia di ascolto attento, di silenzio rispettoso, di empatia sincera, e che si traduce in un autentico mettersi a disposizione dell’altro, anche se di “diverso” colore e straniero di cultura.

L’educazione alla speranza, alla fiducia, al guardare avanti, ben adoperando anche i moderni mezzi di comunicazione (“internet è un dono di Dio”, ha detto Francesco), costituiscono gli elementi costitutivi del nuovo percorso, che si sta avviando nel secondo anno di pontificato. La canonizzazione dei due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, del prossimo 27 aprile e poi ancora il Sinodo sulla famiglia di ottobre costituiscono le tappe significative di questo nuovo anno.

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Giuseppe Adernò

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