Il Sinodo sulla Famiglia rappresenta un momento di riflessione molto profondo per tutti noi. Per definirlo, potremmo utilizzare il titolo del film italiano che ha vinto recentemente il premio Oscar: “La grande bellezza”.
Dialogare, confrontarsi, discutere con spirito di amicizia è sempre un’espressione di bellezza. Può aiutarci a crescere e ad uscire dalle ragnatele che ci siamo costruiti intorno.
E’ preoccupante, invece, l'atmosfera da “Sinodo anticipato”, che si respira ultimamente attraverso alcuni mezzi di comunicazione. Due diversi schieramenti, ugualmente estremisti, rischiano di soffocare la grande bellezza del dialogo in corso, nell’illusione di poter fare pressioni sul Papa e sulla comunità cristiana.
Il primo schieramento è quello che si autodefinisce “tradizionalista” o “conservatore” e che sembrerebbe non digerire molto l’idea di un dialogo aperto sui temi della famiglia. Il timore di alcuni è quello di un possibile cedimento della Chiesa su temi importanti, in un’epoca segnata dal relativismo e da un forte disordine morale.
Non sono timori ingiustificati. Ma occorre ricordare che la Chiesa cattolica non è una ditta di surgelati. Non c’è nulla da “conservare”, da mettere in frigorifero. E’ tradizione della Chiesa dialogare e confrontarsi sempre, per cercare di porsi in ascolto ed offrire le risposte più giuste agli interrogativi del proprio tempo.
Non bisogna aver paura del Sinodo. E non bisogna neppure aver paura della Relazione introduttiva al dibattito concistoriale, scritta dal Cardinale Walter Kasper, e di qualunque altro intervento che possa favorire una cultura del dialogo e dell’incontro.
Il secondo schieramento che rischia di soffocare la bellezza del Sinodo è quello che sostiene un’evidente leggenda metropolitana, con l’appoggio di alcuni mezzi di comunicazione. La leggenda, messa in giro ad arte, è che i cattolici di tutto il mondo sarebbero stanchi della dottrina della Chiesa sui temi di etica e di bioetica. Certi valori, ormai, sarebbero da rottamare. E questo sarebbe dimostrato dai dati di presunte statistiche, pubblicati sui giornali, secondo i quali solo un’infima minoranza dei cattolici seguirebbe il Magistero.
Il messaggio ingannevole che si cerca di far passare è semplice: l'insegnamento della Chiesa sarebbe, per molti cristiani, lontano dalla realtà. E quindi, la Chiesa dovrebbe cambiare tutto. Dovrebbe cominciare ad “aprirsi” all'aborto, al divorzio, alle convivenze di prova, ai rapporti sessuali prima del matrimonio, alle unioni civili, alle coppie omosessuali con bambini, alle pillole abortive, alle gravidanze in affitto, all’eutanasia e a tante altre cose che conosciamo bene. Sono i soliti tormentoni ripetuti all'infinito da quei cattolici che si autodefiniscono “adulti” o “progressisti”, come se fossero più saggi ed evoluti degli altri.
Certe etichette si dovrebbero evitare, anche perché sono inutili. Che senso ha autodefinirsi con aggettivi tipo “adulto”, “tradizionalista”,“progressista” o “conservatore”? Non sarebbe meglio avere un po' d'umiltà e provare ad essere semplicemente cristiani, con la piena consapevolezza della nostra imperfetta umanità?
Il bersaglio preferito dei sedicenti “progressisti” è l’Humanae Vitae, l’Enciclica coraggiosa e profetica di Papa Paolo VI, ingiustamente ricordata come “la condanna degli anticoncezionali”.
Secondo i sedicenti “progressisti”, l’Humanae Vitae avrebbe fallito. Ma ne siamo sicuri? Guardiamoci intorno! In realtà, è stato il mondo a fallire per non aver ascoltato il messaggio dell’Humanae Vitae in difesa della dignità di ogni essere umano.
Viviamo in una società invecchiata, dove nascono sempre meno bambini. Una società in cui gli antichi fantasmi dell’era nazista rivivono attraverso l’eutanasia e l’eugenetica. Una società in cui il corpo femminile è mercificato dal capitalismo selvaggio e le donne povere sono costrette ad affittare la propria gravidanza per sopravvivere.
Il fatto grave è che per sostenere la falsa tesi di una Chiesa vecchia e lontana della realtà, si arriva al punto di strumentalizzare il pensiero di Papa Francesco. Le parole del Vescovo di Roma vengono puntualmente tagliuzzate e ricucite con uno stile giornalistico da sartoria, dipingendo la caricatura di un Papa “rivoluzionario”, in contrasto con il suo predecessore, Benedetto XVI.
Nulla di più falso. Il Santo Padre ha sempre dichiarato di essere figlio della Chiesa. La sua giusta preoccupazione è quella di trovare soluzioni pastorali per accogliere ogni singolo essere umano, affinché la Chiesa non abbia l'aspetto di una “dogana” e nessuno si senta escluso.
La libertà d’espressione è sacra. Ma gli atteggiamenti estremisti sul Sinodo non aiutano a creare un clima costruttivo per il dialogo. Al contrario, alimentano conflitti e schieramenti. Creano false aspettative e generano leggende metropolitane.
Lo spirito giusto per vivere il Sinodo sulla Famiglia dovrebbe essere quello della speranza, dell'entusiasmo, della gioia di sapere che una comunità cristiana si riunisce per parlare e per confrontarsi. E’ proprio questa la grande bellezza che dovremmo tutti cominciare a cogliere.