Avere 29 anni, essere bella e felice. E vergine… È questa la testimonianza di Mandy Dobbelman, originaria del Minnesota ma residente a Los Angeles, città post-moderna, caotica e contraddittoria, dove spesso la parola emancipazione fa rima con omologazione e dove la libertà è alla portata di tutti ma a caro prezzo.
Mandy non è poi una ragazza così tanto “all’antica”: è spigliata, veste semplice e alla moda, suona la chitarra, fa la vita dei suoi coetanei ma senza eccessi. Cantautrice e insegnante di musica, Dobbelman scrive sul proprio blog, dal curioso nome italiano: Forte e Bello.
Nei suoi articoli, la giovane, con l’entusiasmo e l’allegra tipica di molti americani, racconta il suo mondo e dice la sua su un’epoca piena di luci e ombre. In particolare su cosa voglia dire vivere in una città dove il sex appeal è tutto, dove la dipendenza dal sesso è dilagante e dove la vita sessuale di una persona connota la sua identità.
Mandy descrive Los Angeles come la “capitale mondiale del porno” che, per mezzo dell’industria cinematografica hollywoodiana e dei media i generale, trasmette al mondo l’idea che il sesso sia “facile, senza complicazioni e nient’altro che un appetito umano”.
Tutte le persone che ha incontrato dal momento del suo trasferimento nella grande metropoli californiana, sono rimaste basite nell’apprendere la sua verginità. Non ce n’è uno che non le abbia domandato: “perché?”, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nella verginità di una donna di più di vent’anni.
Essere ancora vergini in età adulta non è un impresa facile in America. I campus dei college offrono la pillola del giorno dopo nei distributori automatici, impazzano danze sexy come il twerking e tra le adolescenti c’è l’inquietante moda di vendere la propria verginità al migliore offerente.
In questo panorama isterico e forsennatamente decadente, Mandy Dobbelman si è rivelata una vera donna libera. Ha scelto di essere vergine, non per chissà quali condizionamenti familiari o sociali, né per bigottismo ma perché ci crede veramente.
Mandy è convinta che la sessualità sia qualcosa di prezioso, che vada sperimentata soltanto con l’uomo della propria vita e in questo la sua fede cristiana indubbiamente l’ha aiutata. “Sono vergine perché sono un’appassionata sostenitrice della santità, della bellezza e del valore nel sesso”, afferma.
Si guarda però dal giudicare le persone che, al contrario di lei, vivono la promiscuità e il sesso prematrimoniale. Mandy ritiene, piuttosto, che la sessualità sia un fenomeno niente affatto banalizzabile, proprio perché è un “atto bello, potente e vincolante”.
Il sesso, secondo lei, ha il potere di “legare due persone o di dividerle”, di “curare o di distruggere”, di “costruire o demolire”, di “dare o ricevere”, di “guastare o di abbellire”. Per questo è necessario viverlo nella propria maturità e con un’unica persona che ami veramente.
Lungi dall’apparire una donna frustrata o complessata, Mandy non ha detto un “no” al sesso ma solamente un grande “sì” alla vita e alla felicità. Il suo obiettivo è mettere su famiglia. Ha incontrato Ryan, un giovane che ha compreso la sua scelta e che condivide fino in fondo il suo modo di pensare: è lui l’uomo a cui Mandy ha deciso di consacrare la sua vita.
Mandy Dobbelman, però, non vuole essere ricordata per essere arrivata vergine a trent’anni nel 2014. La musica è al centro della sua vita: oltre alla chitarra, suona il mandolino, l’armonica e le tastiere, producendosi in quello stile indie-folk che, negli ultimi vent’anni ha fatto la fortuna di molti musicisti americani: cantautori solisti e anche un po’ solitari, in quanto fieri della propria libertà.
Considera le canzoni come veicolo privilegiato dei propri ideali: con la sua voce grezza e appassionata, grida contro le ingiustizie e i tabù del mondo. Nel suo più recente EP, intitolato Just Like Me, Mandy canta la vergogna del business mondiale dello sfruttamento sessuale. In attesa del suo primo vero album che dovrebbe vedere la luce nell’estate 2015.
La West Coast fa da sfondo ai sogni a sette note di questa talentuosa artista, come lo fu per la generazione flower power e hippie di quasi mezzo secolo fa. Ma, come cantava Bob Dylan, i tempi stanno cambiando…
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