Nel corso dei secoli la Chiesa si è sempre prodigata per sottolineare il valore della testimonianza dei discepoli del Signore. La diffusa devozione popolare di cui gode, dimostra come una speciale menzione in questo senso sia stata riservata a San Giuseppe, la cui memoria cade non a caso in un tempo di intensa preghiera qual è la Quaresima.
L’otto dicembre 1870, nel giorno “sacro all’Immacolata Vergine Madre di Dio e Sposa del castissimo Giuseppe” e – detto senza infingimenti – in un anno “di tempi tristissimi (per) la stessa Chiesa, da ogni parte attaccata da nemici”, Pio IX proclamò San Giuseppe patrono della Chiesa universale. Quel santo che lo stesso Pontefice definì “il più grande santo e il più potente intercessore che abbiamo in cielo, dopo la Vergine Maria”.
Chiunque si sia seduto sulla Cattedra di Pietro dopo Mastai Ferretti ribadì l’importanza di quello che Pio XII, proclamandolo Patrono degli operai e degli artigiani, chiama “l’umile artigiano di Nazareth”, il quale “non solo impersona presso Dio e la Santa Chiesa la dignità del lavoratore del braccio, ma è anche sempre il provvido custode vostro e delle vostre famiglie”.
Prima di lui Benedetto XV, con il Motu Proprio ‘Bonum sane’, nel 1920, esaltò l’efficacia della devozione a San Giuseppe come rimedio ai problemi del dopoguerra. Decenni più tardi, Giovanni XXIII inserì San Giuseppe nel Canone Romano e gli affidò il Concilio Vaticano II. Giovanni Paolo II ha dedicato a San Giuseppe l’Esortazione apostolica Redemptoris Custos (15 agosto 1989), emanata proprio un secolo dopo l’enciclica di Papa Leone XIII, sempre dedicata a San Giuseppe, Quamquam Pluries (15 agosto 1889).
Benedetto XVI, battezzato nel nome di Giuseppe, ha testimoniato attraverso profonde meditazioni come la figura di questo santo abbia accompagnato gli anni del suo pontificato. Durante l’omelia pronunciata il 19 marzo 2009, memoria liturgica di San Giuseppe, l’attuale Papa emerito disse: “Giuseppe è, nella storia, l’uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti ad un annuncio così stupefacente”.
Quel riconoscimento di straordinario coraggio e totale dedizione che Benedetto XVI assegnava a San Giuseppe, è stato raccolto nel maggio scorso da papa Francesco. La Congregazione per il culto divino ha, infatti, pubblicato un decreto che dispone che San Giuseppe venga menzionato accanto alla Madonna anche nelle preghiere II, III e IV del Canone Romano.
Padre Tarcisio Stramare, sacerdote degli Oblati di San Giuseppe nonché direttore del Movimento Giuseppino a Roma, istituto che studia e medita la figura salvifica di San Giuseppe, accolse questa decisione come un “atto dovuto”, aggiungendo – nel corso di un’intervista a ZENIT – che “papa Francesco abbia voluto porre fine a un’attesa che si protraeva ormai da oltre 50 anni”.
Attesa che dà la misura di quanto il popolo cristiano sia saldamente legato alla figura di San Giuseppe. Se la Liturgia e i documenti del Magistero ne onorano la memoria, non di meno avviene a livello di cultura popolare. E il culto delle sue reliquie, enormemente diffuso in Italia e in Europa, lo testimonia.
Frammenti di oggetti da associare a San Giuseppe sono presenti un po’ ovunque. L’anello nuziale che Egli mise al dito anulare di Maria sua sposa è gelosamente conservato nella Cappella di San Giuseppe dedicata al Santo Anello, all’interno del Duomo di Perugia. L’oggetto si trova nella città umbra dal 1473, ma già dal XI secolo si trovava a Chiusi proveniente da Gerusalemme. Secondo la tradizione, la Vergine lo avrebbe consegnato all’apostolo Giovanni prima di morire. E poi, non si sa come, l’anello finì nelle mani di un commerciante che lo vendette a un orafo di Chiusi.
Anche la Cattedrale di Notre Dame, a Parigi, può vantare non uno ma due anelli, quelli di San Giuseppe e di Maria. Si tratterebbe, in questo caso, degli anelli di fidanzamento. Sempre a Parigi, ma nella chiesa dei Foglianti, ci sarebbe poi un frammento della sua cintura, portata in Francia dalla Terra Santa nel 1254 da Jean de Joinville, biografo della Vita di San Luigi. Ad Aquisgrana, entro i confini tedeschi, tra le principali reliquie del tesoro di Carlo Magno sono presenti le fasce che avrebbero avvolto Gesù Bambino, ricavate, data la situazione di estrema necessità, dai calzettoni o bende di San Giuseppe.
Travalicate le Alpi, giunti in Italia, si assiste a un proliferare di reliquie di San Giuseppe. Nel Sacro Eremo di Camaldoli, in Toscana, si conserva all’interno di una teca d’oro a forma di mazza, un frammento del bastone del santo. Sino al 1935 la reliquia si trovava a Firenze, sempre in possesso dei frati camaldolesi. L’uso continuo della reliquia per assistere i malati diffuse talmente il culto del santo da indurre Cosimo III, Granduca di Toscana, a patrocinare la proclamazione di san Giuseppe compatrono di Firenze (1719). Ma i frammenti del bastone sono segnalati anche altrove: a Chambéry, Beauvais, Rabat (a Malta), san Martino al Cimino (vicino Viterbo) e in varie chiese di Roma.
Sempre a Roma, nella chiesa di Sant’Anastasia, si conserva un grande pezzo di mantello attribuito a San Giuseppe. Un documento attesta la visita di detta reliquia il 27 marzo 1628. Particelle del mantello di san Giuseppe sono conservate poi in altre chiese di Roma, ad esempio a San Giovanni in Laterano. Frammenti della tomba di San Giuseppe sono invece segnalati nella chiesa romana di Santa Maria in Campitelli.