Trasmettere la fede ai figli

Il ruolo che la famiglia gioca nella passaggio delle tradizioni religiose tra le generazioni

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La pratica religiosa, in termini di partecipazione formale ai riti, è significativamente diminuita negli ultimi decenni. Ciò conduce a riflettere sul tema della trasmissione della fede religiosa e della partecipazione, tra le generazioni.

Numerosi figli cresciuti in famiglie praticanti continuano a lasciare le loro comunità. Al tempo stesso altri figli continuano ad essere religiosamente attivi.

Perché alcune famiglie riescono con successo a trasmettere la fede, mentre altre non vi riescono? È questa la domanda di fondo su cui si articola il recente saggio Families and Faith: How Religion is Passed Down Across Generations, (Oxford University Press) di Vern L. Bengtson, con Norella M. Putney e Susan Harris.

Analizzando un arco di tempo di quasi quattro decenni, Bengston e i suoi collaboratori hanno preso in considerazione 350 famiglie, per un totale di 3500 persone, nell’arco di alcune generazioni, rilevando come la religione è stata trasmessa da una generazione all’altra.

Nella sua prefazione, Bengston sottolinea che questo progetto è divenuto il fulcro della sua carriera accademica, con il risultato di circa 250 articoli scientifici e 16 libri.

Negli Stati Uniti, la frequenza in Chiesa ha raggiunto il suo apice nel decennio 1950-59. In seguito, negli anni ’60, si è riscontrato un graduale declino e, nel decennio successivo, un sensibile crollo.

L’immigrazione dai paesi ispanici ha compensato il numero di cattolici che abbandonano la Chiesa, tuttavia ciò che Bengston sottolinea è soprattutto la crescita dei “nones”, ovvero di coloro che non dichiarano alcuna affiliazione religiosa. Nel 2012, questi ultimi rappresentavano ormai il 20% dell’intera popolazione adulta.

Quest’ultimo dato è significativo, nella misura in cui i figli tendono a uniformarsi ai genitori, quando questi sono dei nones.

Osservando i cambiamenti tra le generazioni, Bengston individua una transizione dal considerare Dio come un Padre celeste ed onnipotente, ad un Dio più personale “che risiede nello spirito umano”.

Un altro trend riguarda la crescente separazione della pratica religiosa dalla partecipazione in un contesto istituzionale. Ciò è associato alla tendenza a differenziare la religione dalla spiritualità.

Uno degli elementi più influenti su come la fede religiosa si trasmette di generazione in generazione è la vita familiare. I passati decenni hanno testimoniato notevoli cambiamenti nelle famiglie: aumenta l’età media del momento del matrimonio; aumentano i divorzi, specie tra chi ha un più basso livello di istruzione; aumenta notevolmente la percentuale di bambini nati fuori del matrimonio e dei bambini cresciuti da un solo genitore.

Le famiglie e la religione, osserva il libro, “sono funzionalmente connessi finché abbiamo dati su famiglie o religioni”. Bengston si aspettava che i cambiamenti nella vita familiare avrebbero indebolito la trasmissione della fede più di quanto realmente è avvenuto.

La sua ricerca dimostra che continua ad esserci una significativa influenza sulla religiosità delle giovani generazioni. Ciononostante, non è sempre così tanto in termini di lealtà ad una particolare denominazione. Oggi si riscontra un numero molto più alto di persone che cambiano chiesa o affiliazione religiosa.

Eppure, più di recente, nel 2005, si è verificata una significativa similarità tra genitori e figli nell’affiliazione, nella partecipazione, nell’intensità religiosa e nei valori della Bibbia.

“Il grado di successo delle famiglie religiose nel trasmettere la fede alle nuove generazioni tende a rimanere stabile nel tempo”, è stata una delle conclusioni sottolineate nel capitolo finale del libro.

I ricercatori hanno coniato un termine per descrivere tale continuità: “slancio religioso intergenerazionale”.

Tuttavia, il tipo di vita familiare influenza il grado in cui la fede religiosa è trasmessa. Una genitorialità calda ed affezionata è l’elemento più suscettibile di successo nella trasmissione della religione, osserva Bengston. Ciò è particolarmente vero nelle relazioni con i padri, aggiunge lo studioso.

Al contrario, una genitorialità fredda e autoritaria e famiglie nelle quali i genitori sono distratti da problemi coniugali, di salute o economici, riscuotono un successo minore.

L’autore ha anche osservato che i nonni possono avere una significativa influenza e risultano spesso importanti riguardo alla religiosità dei loro nipoti, più di quanto comunemente ritenuto.

Al di là del tipo di genitorialità, ci sono altre situazioni familiari che hanno un importante impatto sulla trasmissione della religione.

In una famiglia in cui tutti hanno la stessa fede, i genitori hanno più possibilità di conseguire una continuità religiosa tra le generazioni. Ciò è particolarmente vero quando entrambi i genitori sono attivamente religiosi e la religione gioca un ruolo importante nelle loro vite.

Spesso, seppur non sempre, il divorzio è una forza distruttiva nella trasmissione delle tradizioni religiose.

Le conclusioni dello studio di Bergston e dei suoi colleghi conferma quello che la Chiesa Cattolica ha a lungo predicato sull’importanza della vita familiare.

“In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede e secondare la vocazione propria di ognuno, quella sacra in modo speciale”, afferma la Costituzione Dogmatica del Vaticano II, Lumen Gentium (n°11).

Non sorprende, quindi, che la Chiesa rimanga all’avanguardia nella difesa della famiglia in così tanti paesi nel mondo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

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Fr. John Flynn

Australia Bachelor of Arts from the University of New South Wales. Licence in Philosophy from the Pontifical Gregorian University. Bachelor of Arts in Theology from the Queen of the Apostles.

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