Poveri, famiglie, giovani: tutte le sorprese di Francesco

Il cardinale Ouellet apre l’incontro della Pontificia Commissione per l’America latina e spiega le tre chiavi di lettura del primo anno di pontificato del Papa argentino

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Poveri, famiglie, giovani: queste le tre parole chiave per leggere il primo anno di pontificato di Papa Francesco. A suggerirle è stato il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, in apertura della conferenza promossa dalla Pontificia Commissione per l’America latina – Cal (di cui è presidente), svoltasi oggi pomeriggio all’auditorium romano San Pio X.

L’incontro – di cui riferisce L’Osservatore Romano – è stato un segno di “omaggio e impegno” verso il Pontefice argentino in occasione dei suoi primi dodici mesi sul Soglio di Pietro. Durante la serata, il cardinale Ouellet ha ripercorso infatti “la testimonianza e il magistero” del Vescovo di Roma, soffermandosi in particolare sulla Esortazione apostolica Evangelii gaudium.

Il porporato ha quindi riflettuto sul tema della povertà, indicata come la prima priorità del pontificato di Francesco, e ha evidenziato “l’ampiezza” del progetto del Papa ha “di che stupire e nello stesso tempo inquietare certi ambienti, che l’hanno accusato di marxismo”. In realtà, con la sua visione della Chiesa come “ospedale da campo che cura i feriti sparsi a terra dopo un’aspra battaglia – ha detto Ouellet – il Santo Padre è guidato dalla convinzione che solo il Cristo Salvatore risponde veramente alle sfide della povertà e dell’ingiustizia”.

La seconda priorità di Papa Bergoglio è invece la famiglia: anche in questo caso, ha rilevato il cardinale, la riflessione messa in moto in vista del Sinodo dei vescovi “solleva delle controversie e crea delle attese”. Anche a rischio forse “di qualche delusione”.

Tuttavia “ne vale la pena”, ha aggiunto, perché più che mai oggi “occorre riprendere la presentazione completa dell’antropologia biblica e teologica per dare risposta sul lungo termine alle sfide attuali dell’evangelizzazione”. In tal senso, ha detto il presidente della Cal, “sono fiducioso che con la sua capacità d’ascolto, di decisione e di rinnovamento, Papa Francesco saprà discernere i mezzi adeguati per rilanciare non solo la pastorale della famiglia, ma l’intera pastorale della Chiesa”.

Infine sono i giovani la terza priorità del pontificato. Essi, oggi, ha osservato Ouellet, “abitano un nuovo mondo, il continente digitale, di cui loro sono originari poiché conoscono e utilizzano spontaneamente le tecnologie di comunicazione”. E nel quale “le persone della mia generazione si sentono piuttosto come degli immigrati o dei profughi”.

Francesco, invece, si è rapidamente ambientato in questo nuovo mondo, come dimostra il grande successo del suo account Twitter, attraverso il quale, “la sua rete di followers diventa a sua volta trasmettitrice e moltiplicatrice del suo messaggio evangelico”. Il Pontefice – ha notato infatti il cardinale – ha la capacità di adattare “il proprio linguaggio alla cultura virtuale dei giovani, pur testimoniando senza ambiguità che Gesù non è un’idea, un sogno o un idolo virtuale ma invece una persona reale con cui si può vivere un’amicizia che cambia la vita”.

Come riferito ancora da L’Osservatore Romano, il prefetto della Congregazione per i Vescovi ha poi riflettuto sulla Evangelii gaudium, sottolineando come il Santo Padre “coniuga due visioni in apparenza opposte ma che in effetti sono complementari”. Da un lato “l’idea conciliare di popolo di Dio, che egli riprende in tutta la sua densità storica e misterica: un popolo in cammino nella storia sotto la spinta dello Spirito”; dall’altro, “l’immagine della nostra santa madre Chiesa, gerarchica e mariana, che differenzia e personalizza i membri di questo popolo di Dio, senza stabilire tra loro una differenza in dignità”. “Di fatto, una donna, Maria, è più importante dei vescovi”, ha dichiarato il porporato richiamando le parole del Pontefice. E – ha soggiunto – anche quando la funzione del sacerdozio ministeriale si considera “gerarchica”, occorre tener presente che “è ordinata totalmente alla santità delle membra di Cristo”.

Tale ecclesiologia comporta delle conseguenze spirituali e missionarie, nel senso che “impegna a servire in spirito di umiltà, di misericordia e di compassione”; “decentra da se stessi tutti i battezzati in virtù proprio della loro dignità di figli di Dio” e “li invia a condividere con l’umanità intera la gioia del Vangelo di salvezza”. L’appello alla missione rivolto da Francesco alla Chiesa intera non può, dunque, lasciare indifferenti: “Tutte le sorprese che ci ha riservato nel corso del suo primo anno di pontificato avevano come scopo di risvegliare tutta la Chiesa alla missione”, ha concluso Ouellet.

Durante l’incontro – informa il quotidiano vaticano – ha preso la parola anche Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione, il quale ha parlato del contesto specifico dell’America Latina, evidenziando come l’elezione di Papa Francesco interpelli in maniera diretta le comunità del continente americano.

Come già faceva il documento di Aparecida, così Papa Francesco chiama i fedeli a essere “buoni samaritani”, a chinarsi sugli esclusi, su quanti vivono nell’emarginazione, nella schiavitù, e sono vittime “degli idoli del denaro, del potere, del piacere effimero”, ha detto Carriquiry. I fedeli latinoamericano sono chiamati a essere “protagonisti della carità politica” e a lavorare in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà “per la trasformazione delle strutture socio-economiche, delle attività politiche e delle legislazioni che attentino contro la dignità umana, e per il bene comune della società”.

Sono tante poi le sfide che attendono i cristiani dell’America Latina: tra queste – ha affermato il segretario della Cal – “una rivoluzione educativa e un investimento nel capitale umano, una ricostruzione del tessuto familiare e sociale, una seria politica di infrastrutture materiali, energetiche e finanziarie”. Come pure “un investimento di forti valori aggiunti alle nostre ricchezze naturali” e “uno sviluppo economico con equità per una maggiore distribuzione di introiti e benefici”.

Ma non si possono dimenticare tra le sfide del presente e del futuro anche “una lotta contro la povertà che non si riduca ad assistenzialismo” e “una pacifica convivenza che sia muro contro la violenza”, soprattutto quella legata al narcotraffico e alla diffusione delle droghe. In sostanza, ha concluso Guzmán Carriquiry, è necessario “un cammino verso una maggiore maturità democratica”, al fine di compiere “un salto qualitativo nei processi di integrazione” tra Paesi e popoli sudamericani.

(A cura di Salvatore Cernuzio)

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ZENIT Staff

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