[Leggi prima parte]
Il cardinale Kasper ha menzionato la possibilità di usare il sacramento della Penitenza per affrontare la delicata questione dei cattolici divorziati e risposati. Lei pensa che sia una possibilità reale?
Card. Vincent Nichols: Avendo ascoltato il cardinale Kasper e tutti i discorsi successivi, è chiaramente una linea da esplorare. Ma come ha spiegato Kasper, quello che ha fatto è stato un’ouverture e un’ouverture riprende soltanto alcuni dei temi chiave che l’opera o la sinfonia poi svilupperà. Quindi non è una buona idea di cercare di indovinare l’iter.
Ritiene che si nasconda un pericolo nell’invio di un questionario, perché – come è accaduto durante il Concilio Vaticano II – consente ai media di sollevare false aspettative, influenzando in ultima analisi l’esito o impatto del Sinodo?
Card. Vincent Nichols: Il grande problema di questo questionario è che molto facilmente può essere interpretato come un sondaggio e dunque da inserire in quel modello di vita politica che conosciamo molto bene. Ci sono sondaggi che vengono usati per orientare la formulazione della politica, perché le politiche devono avere il sostegno del pubblico. Qui non siamo di fronte a nulla del genere.
Alcuni affermano che sembra proprio così.
Card. Vincent Nichols: Beh, può essere interpretato in questo modo, sono d’accordo. Ma quello che era – ed è stato a mio parere giusto farlo – è stato un tentativo strutturato per ascoltare l’esperienza di vita cattolica e ogni sacerdote deve fare questo. Ogni sacerdote, quando visita la gente o la incontra in sacrestia, ascolta sempre l’esperienza del popolo. Ed è stato fatto alla grande. Penso che la maggior parte dei cattolici cominci a capire questa distinzione e sicuramente, quando ne ho parlato in pubblico, la gente sa che questo non è un sondaggio progettato per rimodellare una politica, perché non abbiamo politiche. Abbiamo insegnamenti e abbiamo una pratica pastorale, e la pratica pastorale a mio avviso è una cosa che ha perso un po’ di attenzione nella Chiesa. Quindi per me è molto bello che la chiesa titolare mi è stata assegnata sia la chiesa di Sant’Alfonso. Sant’Alfonso è stato uno dei grandi maestri della pratica pastorale della Chiesa. Quindi abbiamo varie cose da recuperare dal nostro tesoro personale che ci può aiutare nella cura pastorale della famiglia.
Era dunque quasi inevitabile che alcuni Paesi, come Svizzera e Germania, dove il dissenso è grande, rendessero pubblici i risultati, in un tentativo di cercare di cambiare l’insegnamento della Chiesa su questi temi?
Card. Vincent Nichols: Beh, non mi metterei ad attribuire intenzioni al popolo. Ci è stato chiesto molto chiaramente – per quanto riguarda la Conferenza Episcopale Tedesca non so – di non dare pubblicamente la risposta formale alla Santa Sede e io ero d’accordo perché ho detto se ogni conferenza episcopale rende pubblica la sua risposta, allora limita lo spazio di manovra di cui il processo sinodale dispone. Ma rifletteremo sulle domande che abbiamo sentito per valutare esattamente quali sono le sfide per le parrocchie, perché questo, secondo me, non è un processo solo rivolto solo ai Sinodi dei Vescovi. Ci dice anche quale sfida è di domenica in domenica.
Una preoccupazione sempre più sentita nel corso degli anni è che i vescovi o sacerdoti “eterodossi” non vengono tanto severamente puniti quanto, ad esempio, in ambito tradizionalista. Cosa ne pensa?
Card. Vincent Nichols: La relazione tra un sacerdote e il suo un vescovo è sempre qualcosa di molto sensibile. Può essere molto delicata e, per quanto mi riguarda, la ritengo una relazione molto personale. Il mio obiettivo è sempre quello di cercare e di aiutare questo sacerdote a vivere il ministero al quale è stato chiamato e ordinato con l’azione di Dio, nel miglior modo possibile. Penso che quando uno si impegna con i sacerdoti, loro sanno qual è l’insegnamento della Chiesa. A volte sono molto testardi, e a volte, anche se non molto spesso, ho detto: ‘No, non puoi fare questo. Non puoi fare questo!’. Penso che abbiano capito e accettato a malincuore. Ma non siamo poliziotti. È una comunione di vita, e un sacerdote e il popolo accettano, si potrebbe dire, l’autorità di un vescovo. Non hai molta scelta circa le regole di una nazione, bisogna accettarle, ma questo è qualcosa che viene formato e cresce e si nutre più attraverso le relazioni che qualsiasi altra cosa.
Ma se un sacerdote o un vescovo insegnano eresie, non è che espone molte anime al rischio di perdere la vita eterna? Non è una cosa talmente grave da richiedere un’azione speciale?
Card. Vincent Nichols: Sì, lo è – e come dicevo – a volte ho detto: ‘Non puoi fare questo’. Sono anche consapevole del fatto che quando mi siedo a parlare con i sacerdoti, coloro che sostenevano che fosse un’eresia hanno ascoltato solo in parte, e solo in parte hanno sentito quello che volevano sentire.
[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]