«Il mondo non sa cosa le donne stanno facendo nella Chiesa Cattolica per la Chiesa Cattolica». Con queste parole Chantal Götz, direttrice della fondazione di cooperazione allo sviluppo Götz Fidel, chiarisce subito il motivo che l’ha spinta, insieme a Giovanna Abbiati, a organizzare Voci di fede – Rendere le donne invisibili visibili: un evento che vuole mostrare l’importanza del ruolo femminile all’interno della Chiesa.
Nel corso della conferenza stampa di ieri mattina, è stato presentato quindi il grande incontro che sabato prossimo festeggerà l’8 marzo, lasciando la parola a quattro delle undici protagoniste. Tutte donne accomunate da esperienze preziose ma per lo più sconosciute e che, proprio per questo, è importante che vengano alla ribalta.
“Voici di Fede” non sarà quindi una conferenza sul tema della situazione femminile nella società odierna, ma il racconto di madri, mogli e consacrate, e di come la fede porti un elemento straordinario nel quotidiano. «È il motivo per cui abbiamo scelto di organizzare l’evento al Cinema Vaticano – sottolinea ancora Chantal Götz -. Il cinema è il luogo dove si possono raccontare storie e andare al cuore delle persone».
Le quattro donne presenti alla conferenza, discrete, quasi intimidite di fronte alle telecamere e alle domande dei giornalisti, sorprendono quando iniziano a parlare con naturalezza di storie di grande coraggio e determinazione. Storie che non si esisterebbe a definire eroiche, ma che nelle voci dei loro volti semplici e sorridenti sono solamente storie “sante”, di chi ha scelto di dare la propria vita per Cristo, rimanendo, allo stesso tempo, pienamente nel mondo.
Come ha ricordato Sabrina Moranti, ex ballerina, direttrice di una scuola di danza e musical a Roma e madre di nove figli: «Il Papa ci ha ricordato che noi siamo sale della terra. La mia missione è quella di sciogliermi nel mondo, laddove Gesù altrimenti non arriverebbe».
Come ad esempio le periferie più remote, tipo quelle in cui opera suor Ifediba Caritas Chinwem, che lavora per portare istruzione e assistenza sanitaria a 8000 persone che vivono nell’isola di Igbedor. Quest’isola si trova in Nigeria, nel mezzo del fiume Niger – «probabilmente non compare neppure sulle carte geografiche», ha ricordato Giovanna Abbiati – lontana da qualsiasi aiuto e contatto con il mondo. Ma la fede è centrale anche laddove bisogna curare le ferite dei popoli, lacerati tra etnie, culture e religioni diverse.
Presente anche Jocelyne Khoueiry, donna dalla storia straordinaria: ex leader del battaglione femminile della Falange libanese, ha fondato ora un movimento mariano laico, Femme du 31 mai, «un percorso di donne che hanno fatto la guerra e ora vogliono ricostruire il loro Paese».
Anche suor Azezet Kidane, missionaria comboniana di origine eritrea, si trova a fronteggiare una situazione complessa. Vive in Israele dove si occupa dei diritti umani dei rifugiati: «È importante quello che sta dicendo il Papa, il riconoscimento della figura della donna. È importante nel mio lavoro, perché so che la Chiesa è vicina a me e che il mio Papa mi guarda».
«Francesco sta solo sottolineando un aspetto da sempre presente nella Chiesa – ha aggiunto Sabrina Moranti – Non dimentichiamo che il primo a porre l’accento sul ruolo della donna è stato Gesù. Il Vangelo è pieno di episodi che ce lo ricordano. Però è un bene riscoprire questo aspetto».
Sulla concezione della donna nel Magistero pontificio è intervenuta anche Jocelyne Khoueiry che ha detto: «Da vent’anni sono nella Chiesa e ho conosciuto il ruolo della donna attraverso l’enciclica Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II. In questo documento ho trovato una prospettiva a livello teologico e antropologico matura e completa. Ora con Francesco c’è uno slancio a livello pratico». E proprio in un’intervista uscita poche ore prima della conferenza sul Corriere della Sera, il Papa ricordava che «la Vergine Maria è più importante di qualsiasi vescovo e di qualsiasi apostolo».
A Maria, infatti, s’invita a guardare. «Cosa si potrebbe fare di più nella Chiesa? Che sia sempre più madre e quindi sempre più mariana», raccomanda la Khoueiry. La donna, infatti, è colei a cui è affidata l’accoglienza della vita, «è matrice di vita», ricorda la Moranti e sottolinea: «Non è un caso che ci sia un vero e proprio attacco alla sua funzione di madre». La donna, inoltre, aggiunge l’unica mamma del gruppo, è chiamata a essere madre «anche attraverso la maternità spirituale, che non è meno importante di quella carnale». Ed è chiamata anche ad essere donna che è un dato di fatto, non una decisione da prendere: «Noi siamo state create donne, non gender – ha concluso Sabrina – Ma far riscoprire alla donna la sua natura autentica è una ricchezza bellissima».