Davanti a una folta platea di autorità accademiche ed ecclesiastiche, l’Università Europea di Roma ha inaugurato stamattina il suo nono Anno Accademico, il primo sotto la guida del nuovo rettore, padre Luca Gallizia LC.

“Formiamo insieme una bellissima comunità accademica, oggi così ben rappresentata, una vera universitas scholarium et magistrorum e, mi permetto di aggiungere rispetto alla definizione classica, amicorum”, ha detto il rettore durante il discorso introduttivo.

Padre Gallizia ha descritto l’ateneo da lui diretto come una comunità con le sue inevitabili “sfide, difficoltà, fatiche” ma dove “si respira un ambiente non comune di collaborazione tra tutti, accoglienza, spirito positivo, una capacità di apertura e di dialogo che rende lo sforzo meno gravoso, anzi tante volte incoraggiante e gratificante”.

C’è una sfida su tutte, però, che coinvolge il mondo accademico di oggi, compresa l’Università Europea di Roma, ed è quella di diventare un “luogo di discernimento”: ciò è realizzabile, esclusivamente “sulla base di criteri etici e spirituali”, come già affermò papa Francesco durante la sua visita pastorale a Cagliari dello scorso 22 settembre.

In altre parole, serve uno “sguardo sulla realtà libero da pregiudizi e ideologie e tendente a una lettura del mondo e dell’uomo di oggi che sappia offrire cammini di speranza”, in particolare “ai giovani”.

Dopo aver illustrato gli aggiornamenti dell’offerta didattica della UER (il cui prossimo obiettivo è l’apertura di una Facoltà di Ingegneria e Architettura), padre Gallizia ha chiamato sul palco il suo predecessore, padre Paolo Scarafoni LC, ringraziandolo dell’impegno profuso nei primi otto anni di attività dell’ateneo.

Da parte sua, padre Scarafoni ha rievocato alcune tappe del “meraviglioso percorso” che ha portato alla nascita dell’Università Europea, ricordando la sua principale missione: formare una classe dirigente all’altezza dei grandi cambiamenti del nostro tempo.

La lectio magistralis, sul tema Identità e missione dell’università cattolica oggi. Mostrare l’armonia fra fede e ragione, è stata tenuta dal cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, che ha tratto come spunto di riflessione l’enciclica Fides et Ratio, che “rappresenta un formidabile programma per una comunità universitaria”.

L’intelligenza dell’uomo, ha spiegato il porporato, non è soltanto “operativa, gestionale o meccanica ma aperta alla trascendenza”, laddove, al contrario, la cultura moderna è affetta da numerose forme di “riduzionismo”, una delle quali riguarda il “desiderio”, nel senso in cui “desiderare è diventato aspirare a beni materiali, quando in realtà il desiderio nasce, come una chiamata dall’alto e verso l’alto”.

Il rapporto tra fede e ragione si articola tra un “già” e un “non ancora”, ha proseguito il cardinale Bertello: l’università, quindi, deve prendere sul serio la sfida del “non ancora” studiando le diverse aree del sapere, tutelando l’onestà di ogni scienza e garantendo l’autonomia della ricerca.

Sulla scia di Benedetto XVI (cfr. Discorso a Ratisbona, 12 settembre 2006), Bertello ha sottolineato l’auspicabilità di un “allargamento della ragione”, di una rinnovata alleanza tra fede e ragione e di un superamento della “limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile dall’esperimento”.

“L’umiltà di riconoscere i propri limiti – ha aggiunto Bertello - rappresenta la migliore preparazione a ricevere grandi doni. Crescere moralmente, socialmente, intellettualmente non significa valere più degli altri ma piuttosto essere sempre più consapevoli che tante sono le parti di realtà da comprendere, sempre più di quelle che uno riesce ad abbracciare con il suo pensiero e la sua tecnica”.

Questa sottomissione umile alla realtà rappresenta “la vera sapienza che naturalmente richiede forza e coraggio”, ha osservato il cardinale.

Prendendo spunto da un discorso di papa Francesco, Bertello ha ricordato il rischio di una gioventù soltanto “anagrafica”, in cui manchino l’entusiasmo e la passione, necessari per essere motivati a “superarsi sempre”.

Il vero, il buono e il bello sono “valori che ciascuno di noi può trovare oggettivamente” ma solo attraverso l’umiltà di lasciarsi guidare da Gesù, l’“unico vero maestro”, nel quale “non solo la nostra debolezza viene accolta ma diviene la nostra forza, grazie alla fedeltà di Dio”.

In uno scenario occidentale di “crisi economica, morale, intellettuale che sta facendo vacillare tante certezze”, la missione di una università cattolica è “speciale ed elevata” e consiste nel formare studenti che siano “la coscienza critica della cultura odierna a servizio della cittadinanza e del bene comune ed anche di quella persona che portiamo nel nostro cuore che si chiama Cristo”, ha quindi concluso il porporato.

Per impegni sopravvenuti, non ha potuto essere presente l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta che ha comunque inviato un messaggio all’ateneo: università ed europea sono due termini quasi in ossimoro al giorno d’oggi, ha commentato.

L’Europa, infatti, è ormai diventata qualcosa di assai poco universale, imbrigliata com’è nelle strettoie di una burocrazia sempre più di corto respiro. La sfida rappresentata dall’ateneo romano è quindi più che mai attuale.

Nel corso dell’incontro è stata presentata Uer Magazine, la prima raccolta di articoli scritti dagli studenti del Laboratorio di comunicazione dell’Università Europea di Roma, che gli stessi studenti hanno consegnato al Cardinale Bertello, come dono per Papa Francesco.

L’obiettivo del Laboratorio, diretto dal giornalista Carlo Climati, è quello di sensibilizzare i giovani ad una nuova forma di comunicazione, che non veda nell’altro un nemico e che sia basata sul dialogo e su una serena accoglienza dell’altro.