Fra Felice Maria Roccia di Gesù Povero: eremita a 27 anni (Prima parte)

Un giovane anacoreta invita a non avere paura di Cristo perché è la Vera Vita

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Nella foto del profilo Facebook accarezza una pecorella. Lui che si sente “pecorella” di Dio. E’ un eremita del terzo millennio. Cammina scalzo: senza sandali (o scarpe). Indossa solo un saio come il Poverello di Assisi.

Ha una pagina Facebook – anzi due -, ed un canale Youtube. Stiamo parlando di Fra Felice Maria Roccia di Gesù Povero, al secolo Pietro Puleri, 27 anni, che vive in un eremo da lui intitolato “San Damiano” presso Montelaguardia , Randazzo (Catania), nella diocesi di Acireale.

Lo abbiamo intervistato.

Come è sbocciata la tua vocazione?

Fra Felice: “Sono nato ad Agrigento il 17 novembre del 1986 da una semplice famiglia: papà Giovanni, mamma Antonella e mio fratello Claudio, più piccolo di me. Proprio in questa famiglia, anche se le condizioni religiose non erano delle migliori, nasce la mia vocazione.

Di Dio se ne parlava ben poco a casa. La nonna paterna è stata il mio ‘angelo custode’ che mi ha preso per mano e condotto a Gesù. L’incontro con Gesù, attraverso la nonna, nei sacramenti e nella vita parrocchiale ha segnato la mia vita. Mi sono innamorato sempre più di Gesù al punto da farlo diventare indispensabile e renderlo l’unica mia scelta di vita.</p>

Ho avvertito il germe della chiamata da piccolo; la vocazione è maturata a 19 anni con la decisione di lasciare tutto e di entrare in un convento di una nascente comunità francescana: era il 30 maggio del 2005.

Il 4 ottobre 2008, nella solennità di San Francesco d’Assisi, mi sono consacrato totalmente al Signore con i voti di povertà, obbedienza e castità, nella mani del vescovo di Cremona.

Dopo un po’ ho deciso di uscire dall’istituto religioso per vivere la spiritualità francescana in maniera ancora più radicale, con una scelta di vita semieremitica ed itinerante. Così, dopo essere stato accolto in altre diocesi, il 16 Luglio 2012 sono stato accolto dal vescovo di Acireale mons. Antonino Raspanti ad Aci Sant’ Antonio.

Due anni dopo mi ha trasferito a Montelaguardia-Randazzo, dove conduco una vita eremitica e di evangelizzazione nella cima di Randazzo e dintorni”.

Cosa pensa la tua famiglia della tua scelta di vita eremitica?

Fra Felice: All’inizio non ha accettato la mia scelta di vita ma oggi posso dire che le cose sono migliorate. Posso dire che è mia madre a supportarmi con il suo silenzio e la sua preghiera.

Come si fa ad essere eremita a 27 anni?

Fra Felice: Ancora oggi la figura dell’eremita affascina! Si ha l’immagine di chi, lontano dal mondo si ritira nella solitudine per stare con il Signore. E’ un andare controcorrente alla società odierna mettendo al primo posto Dio. Il ritirarsi dal mondo, ma nello stesso tempo stare nel mondo è una scelta che può essere dettata solo dallo Spirito Santo. Non è facile fare una scelta del genere a vent’anni, ma è Dio che mi ha chiamato e io ho risposto”.

Il tuo nome da consacrato è Felice Maria Roccia di Gesù Povero. Perché ti chiami così?

Fra Felice: E’ il nome religioso che mi è stato dato quando per la prima volta ho dimostrato a Dio il mio amore per lui nel giorno della mia vestizione. Un nome che vuol diventare un programma di vita per me e per quanti il Signore mette nel mio cammino. Felice: da quando ho scelto il Signore sono davvero felice e perché sono chiamato a portare felicità a quanti incontro. Maria: la Madre di Gesù è al centro della mia forma di vita e a lei ho affidato tutto me stesso. Roccia: il Signore da Pietro mi ha trasformato in una Roccia. Di Gesù Povero: la povertà materiale e spirituale è ciò che costituisce il centro del mio carisma”.

Immagino che nel tuo cammino ci sono stati momenti di difficoltà …

Fra Felice: Chi non ha momenti difficili nella propria vita specialmente nella vita spirituale?. Non importa se si ha 27 anni, 50 o 100 anni. Ogni giorno è una lotta. Il mondo ti bombarda sempre, le tentazioni non mancano e stare dalla parte di Dio è sempre un continuo lottare. Vivere con Dio è una lotta. Dire no al male e si al bene è una lotta. Ma Dio, non mi lascia mai, mi dà sempre la forza e la grazia per poter essere sempre dalla sua parte, mi consola e mi tiene stretto a lui”.

Come si svolgono le tue giornate?

Fra Felice: La giornata è scandita dalla preghiera, dal lavoro quotidiano, dall’ascolto della Parola di Dio, dalla formazione e dall’apostolato. Dio è al centro di ogni attività! Due volte a settimana sono in due parrocchie per ascoltare la gente e vivere dei momenti di preghiera con la Liturgia della Parola e l’Adorazione Eucaristica. L’ascolto della Parola di Dio e l’ascolto del fratello diventano preghiera continua.

Qual è il senso della tua forma di vita?

Fra Felice: La forma di vita, da me abbracciata e vissuta, ha lo stesso senso di altri carismi presenti nella Chiesa cattolica, e trova il suo apice nel Vangelo. Tale carisma prende spunto e fa riferimento alla figura di San Francesco di Assisi. Il senso di tale vita donata al Signore, desidera per quanto possibile, riproporre nel 2014 un modo di vivere diverso da quello che oggi la società ci propone. Far comprendere che oggi, è possibile vivere la stessa povertà di Francesco, vivere lo stesso Vangelo, abbracciare lo stesso Cristo.

Quali i luoghi che ha vissuto e quelli in cui vivi?

Fra Felice: Ho vissuto in vari posti e non sempre in eremi. Vivo dove, i vescovi che accolgono il mio carisma nella loro diocesi, mi danno la possibilità di vivere. Il convento o l’eremo non è di mia proprietà ma è dato in prestito sempre dalla diocesi. Ci si accontenta di poco visto che Gesù ci ricorda che: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo” (Mt 6,20)”.

Come ti ha accolto la Chiesa?

Fra Felice: La chiesa è Madre e mi ha accolto tra le sue braccia. Negli anni, sono stati tanti i vescovi che mi hanno accolto, accompagnato, incoraggiato e sostenuto in questo cammino. Oggi, la Chiesa, nella persona del vescovo diocesano  mons. Raspanti, a cui devo filiale rispetto e obbedienza, mi ha benignamente accolto nella diocesi di Acireale. I rapporti con il pastore e i sacerdoti sono molto positivi. Sono tanti i sacerdoti che in diocesi e fuori diocesi mi danno la possibilità di portare nelle loro parrocchie la mia spiritualità. Mi sento figlio amato da questa madre. Amo la chiesa, fatta di santi e peccatori come me, così come l’ha amata san Francesco.

(La seconda parte segue domani, lunedì 3 marzo)

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Luigi Mariano Guzzo

Luigi Mariano Guzzo, già Consigliere Centrale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI); ha fatto parte della Commissione Formazione alla Politica. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Calabria, è direttore responsabile de Il Ponte, periodico della Comunità parrocchiale “Madonna di Pompei” di Catanzaro. Collabora con Il Quotidiano della Calabria, La Tecnica della Scuola, rassegna quindicinale diinformazione scolastica e Missioni OMI, rivista mensile di attualità missionaria degli Oblati di Maria Immacolata. Scrive inoltre di cultura e di informazione religiosa su vari periodici. Ha all'attivo diversi saggi pubblicati.

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione