Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere e colloquiare più volte con Benedetto XVI, sia negli anni in cui era il Card. Joseph Aloisius Ratzinger che in quelli di Sommo Pontefice. Non mi è parso proprio di aver incontrato il mitico personaggio descritto dai media, ovvero il Panzerkardinal, disumano e fanatico dell’ortodossia, erede degli Inquisitori. La verità è tutt’altro! Sì è austero ma è una persona mite, comprensiva e timida.
Egli per amore della Chiesa ha rinunciato alla sua vera vocazione di studioso e docente di Teologia dedicando la maggior parte del suo tempo alla Biblioteca e ai suoi giovani studenti. Nel suo alto incarico di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, si è trovato spesso a disagio nel dover intervenire sul lavoro dei suoi colleghi, ma se lo ha fatto è stato perché questo era il suo dovere. Un duro compito dell’”operaio chiamato a lavorare nella vigna del Signore” (come più volte si è definito).
Non è una grande novità. Di lui e su di lui sono già stati scritti centinaia di libri, molti lo hanno salutato con entusiasmo, chi lo conosce ha festeggiato a lungo, ma diversi lo hanno criticato con articoli ed espressioni forti. “Joseph Aloisius Ratzinger”, il nuovo Pontefice, il primo del terzo millennio, nel suo primo mese da Papa aveva già mostrato innumerevoli sorprese.
Come mai nelle celebrazioni del nuovo Pontefice, in poco più di una settimana cinque milioni di pellegrini sono venuti a Roma per salutarlo? Le sue parole che sono state di fuoco nei giorni che hanno preceduto il Conclave, sono sembrate sempre chiare e rigorose, ma accompagnate dalla dolcezza, dalla gioia e dalla naturale sobrietà della Persona: “Joseph Aloisius Ratzinger”.
Il più stretto amico e collaboratore di Giovanni Paolo II, l’autorevole punta di diamante dell’ortodossia, il teologo più illuminato e profondo, ha preso il nome di Benedetto XVI. Di lui hanno detto che mentre Giovanni Paolo II riempiva le piazze, a lui sarebbe toccato riempire le Chiese, e la gente ha fatto a gara per venire ad ascoltarlo.
Papa Karol Wojtyla era un filosofo, e diceva di non aver paura e di aprire le porte a Cristo. Joseph Aloisius Ratzinger è un teologo, ed è toccato a lui portare Cristo nel cuore dei tanti che l’hanno dimenticato o messo da parte. Tante sfide che ha dovuto affrontare, prima tra tutte quella di ridare all’Europa una identità ed una prospettiva fortemente cristiana. Il continente da dove il cristianesimo si è sviluppato ed ha inviato missionari in tutto il mondo si trova in un periodo di forte decadenza.
Il crollo demografico, la secolarizzazione, il ritorno di utopie senza Dio e contro la famiglia, hanno indebolito la Chiesa. L’età media dei sacerdoti è alta. Le giovani vocazioni non riescono a pareggiare la mortalità. Parte del patrimonio delle Congregazioni religiose e di Diocesi viene messo in vendita. Gli Insegnanti di religione rischiano di essere respinti dalle scuole. Avanza un modello di famiglia e di società che favorisce le unioni gay, che chiedono l’adozione o la produzione di figli in provetta. I simboli cristiani vengono rimossi, le feste cristiane banalizzate e travisate, la Costituzione Europea rifiuta l’esistenza delle radici cristiane.
Ma così come nel 1978 lo Spirito Santo ed il Collegio cardinalizio scelsero il Papa polacco, proprio nel momento di massima espansione del comunismo, il 19 aprile del 2005 hanno scelto il custode dell’ortodossia, il teologo che da più di 33 anni si è confrontato con successo contro il nichilismo di ritorno. Ciò che Giovanni Paolo II è stato per il comunismo, Benedetto XVI lo è stato per il relativismo culturale e religioso.