Un "Papa emerito" non può esistere

Manuel Jesus Arroba, professore di diritto canonico alla Lateranense spiega i risvolti giuridici della rinuncia di Benedetto XVI

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All’indomani dello storico annuncio da parte di papa Benedetto XVI, un professore di diritto canonico presso la Pontificia Università Lateranense (PUL), fa luce sul processo di rinuncia secondo il Codice di Diritto Canonico.

Il Santo Padre ha dato il suo annuncio lunedì mattina durante un concistoro per proclamare tre imminenti canonizzazioni, informando i cardinali che avrebbe concluso il suo pontificato la sera del 28 febbraio 2013.

ZENIT ha incontrato Manuel Jesus Arroba, professore di diritto processuale canonico alla PUL, riguardo alle implicazioni canoniche che si hanno quando un pontefice vivente sceglie di rinunciare.

Quali sono state le sue impressioni alla notizia della rinuncia del Santo Padre?

Manuel Jesus Arroba: Ovviamente nell’apprendere qualunque notizia c’è una componente emotiva, quindi, in questo caso c’è stata una notevole sorpresa, unita ad emozione per l’affetto verso la persona di Benedetto XVI. Da “freddo intellettuale”, devo dire di aver provato una certa gioia nel vedere di fatto tradotto in un caso concreto qualcosa che è essenziale per la vita della Chiesa: gli uffici di responsabilità nel governo della Chiesa hanno l’occasione di manifestarsi come un vero servizio. Gli incarichi non esistono per le persone: sono le persone che sono chiamate a svolgere, attraverso gli incarichi, una vocazione alla quale sono stati chiamati dal Signore, naturalmente in questo caso attraverso la mediazione del Collegio Cardinalizio che affida questo ufficio. Ma ha senso mantenerlo solo se si è nelle condizioni di portarlo avanti. Da questo punto di vista ho ammirato l’autenticità vocazionale di Benedetto XVI.

Può spiegarci il funzionamento della norma canonica che permette la rinuncia di un Pontefice?

Manuel Jesus Arroba: Proprio perché si tratta di un ufficio e di un servizio, canonicamente per ogni ufficio sono previste norme di accesso e di cessazione dello stesso. La morte è solo una delle modalità di cessazione di un ufficio; altre modalità sono i trasferimenti e la rimozioni (anche penali). La modalità che meglio rispecchia la natura di servizio che svolgono questi uffici è la rinuncia. Nel caso del Papa essa è prevista dal Codice di Diritto Canonico ed è analoga ad ogni altra rinuncia, con una sola distinzione: tutte le rinunce devono essere compiute da persone capaci, quindi libere, non possono essere frutto di una coazione, di una violenza o di un momento di turbamento. Inoltre devono essere rese manifeste in modo valido: questa modalità per alcuni uffici richiede un atto solenne. Nel suo caso Benedetto XVI come modo di renderla formalmente manifesta, ha compiuto una dichiarazione, non una richiesta. L’ha comunicata ad un gruppo ristretto di cardinali durante un Concistoro. Infine ogni rinuncia per avere piena efficacia deve essere accettata dal superiore al quale è collegato ciascuno degli uffici: nel caso del Papa, non essendoci alcun grado superiore, la rinuncia non deve essere accettata da nessuno ma solo manifestata liberamente. Infatti il Papa non ha usato l’espressione “richiedo” ma “dichiaro”.

Da un punto di vista canonico, cosa succederà a Benedetto XVI? Sarà un “papa emerito”? Quando morirà, sarà sepolto a San Pietro come i suoi predecessori?

Manuel Jesus Arroba: Il fatto che la fine del pontificato non avvenga a causa della morte ma per una rinuncia, non preclude assolutamente che papa Ratzinger possa avere la tomba in San Pietro ma questa è una situazione un po’ lugubre da pensare… Giuridicamente di Papa ce n’è soltanto uno. Un “papa emerito” non può esistere: l’ufficio da lui ricoperto è supremo, ovvero il più alto in responsabilità. Benedetto XVI ha dichiarato che nei prossimi anni servirà la Chiesa in modo diverso, non più nell’ufficio di Sommo Pontefice ma nella preghiera e nello studio. Questo servizio è quello dello studioso, per certi versi del monaco e del contemplativo ma non più quello dell’uomo di governo. Di Papa, quindi, ce n’è solo uno, anche se rimane in vita chi ne ha ricoperto precedentemente la carica e non è la prima volta che ciò si verifica nella storia della Chiesa, anche se questi casi non sono molto frequenti: qui in Italia tutti hanno presente il caso di Celestino V che fu un monaco eletto papa in un conclave difficile e che dopo poco tempo ritenne di non poter prestare adeguatamente il servizio, pertanto si ritirò. Ci sono tuttavia stati altri casi meno conosciuti.

È comunque una situazione straordinaria per la Chiesa ma non è la prima volta: è normale comprendere che è anche cambiata la componente della vita fisica delle persone che normalmente dura di più ma non per questo è sempre accompagnata dalla possibilità di servire ugualmente bene, come dice il Papa nel suo caso. In più sono anche cambiati il volume e la quantità della sfide che vengono presentate alla Chiesa non in quanto tale ma come Santa Sede, cioè come ufficio supremo. Nella società e nella comunicazione, in particolare, sono molto più abbondanti le sfide che richiedono sufficiente vigore, come ha detto il Papa.

In conclusione, ha altro da aggiungere?

Manuel Jesus Arroba: Il Papa ha il ministero di confermare nella fede, ovviamente, quindi per l’ufficio del Romano Pontefice, sarà eletto un altro per questo servizio. È interessante in questa circostanza vedere la normalità della Chiesa che passa da una sede piena a una sede vacante, per poi passare nuovamente ad una sede piena, secondo le norme già previste, quindi secondo la costituzione vigente nel caso di sede vacante. La sede vacante è una cosa, la morte del papa è un’altra. La morte del Papa è solo una modalità di produzione della sede vacante, la rinuncia è un secondo modo.

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Ann Schneible

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