Cari studenti universitari,
un anno fa, precisamente il 31 gennaio, giorno nel quale, nella mia parrocchia di origine, si festeggia S. Ciro, medico e martire, fu annunciata la mia nomina episcopale in Vicariato. In queste circostanze è tradizione che l’eletto rivolga ai presenti la sua parola.
Dovendo compiere questo gesto, la mia prima preoccupazione è stata quella di non cadere nella retorica dei ringraziamenti e delle riflessioni sulle indegne qualità del neo eletto. Decisi di andare al cuore della mia vita: è certamente una bella notizia la nomina, ma qual è il tesoro della mia vita?
Il mio pensiero corse veloce alle parole che Santa Monica, prima di morire ad Ostia, rivolse al figlio Agostino: ”Figlio, quanto a me non trovo alcuna attrattiva per questa vita. Questo mondo non è più oggetto di desideri per me. C’era un solo motivo per cui desideravo rimanere ancora un poco in questa vita: vederti cristiano cattolico, prima di morire. Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio e affrancato alle aspirazioni di felicità terrene” (Agostino, Confessioni, 9.10-11).
Queste parole di Monica, infatti, mi hanno accompagnato lungo le tappe della mia vita: il desidero di Monica era davvero il desiderio più grande di una mamma. Anch’io ho scoperto che essere cristiano cattolico è la vera sorpresa della mia vita. Certamente anche la nomina episcopale entra in questa prospettiva, ma nulla è paragonabile al dono della fede. Non ho compiuto nessun cammino degno di nota, a differenza di quello di Agostino. La sorpresa è proprio qui: un’esistenza normale, come quella di tanti di voi, che nel mondo può apparire insignificante, è accompagnata dalla presenza di Dio che di nascosto sa, nei tempi e nei modi imprevedibili, condurla a Lui fino al punto da scoprire che essere cristiano cattolico significa andare oltre ogni umana aspettativa.
Essere cristiano cattolico, infatti, non significa aderire a norme o comportamenti religiosi, ma è scoprire che Dio ha sbarrato la strada ad ogni forma di dipendenza dell’uomo dal divino, preferendo una relazione fondata sull’amore e sulla gratuità. Benedetto XVI ci ha consegnato una bellissima immagine parlando del nuovo agire di Dio verso l’uomo: “Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo – nella sua forma più radicale” (Benedetto XVI, Enciclica Deus caritas est, n. 12).
Cari amici,
questa nuova strategia di Dio ha superato ogni mia aspettativa. Come è avvenuto per Agostino, come avviene per ogni battezzato. Ciascuno di noi cerca Dio a partire dalla bellezza del creato, dalla domanda del senso della sofferenza e della morte, dall’esperienza del limite. Ma Dio in Gesù Cristo ha posto un limite al nostro incerto e talvolta illusorio vagare nel mondo: prima ancora che tu lo cerchi, Lui si fa trovare. O meglio si fa cercare, perché tu non abbia a vergognarti di essere stato anticipato da Lui. La gioia piena della nostra esistenza è quando si ha il coraggio di esclamare – come Maria di Magdala, che Lo cercava disperatamente nel sepolcro ma non riusciva a riconoscerLo nella persona del giardiniere – «Rabbunì, Maestro!».
Signore, allora, sei davvero Risorto, ci sei!
In questo cammino mi sono spesso confrontato con i maestri del sospetto: Marx, Nietzsche e Freud. Da loro ho imparato che l’uomo ha bisogno di essere liberato dalla dipendenza e che la fede religiosa da sola non può rispondere a questa attesa. Anzi nella società globalizzata questa dipendenza cresce sempre di più, fino a fare di qualunque cosa una fede religiosa. Anche lo studio!
Dio avrebbe potuto lasciarci nella dipendenza insistendo sulla legge del “Ti amo se tu mi ami”. Forse avrebbe potuto rafforzare la nostra volontà, o garantire i processi storici o le leggi economiche o indicare qualche sostanza miracolosa! Tutto possibile. Ma Lui sarebbe stato pur sempre lontano!
Nulla di tutto questo!
Noi tutti valiamo molto di più. Quando c’è il vero amore non si gioca al ribasso, come quando il desiderio di manifestare il nostro affetto all’altro si consuma dimenticando la grandezza della propria e altrui sessualità. L’intenzione può essere buona, ma la strada conduce alla dipendenza e non alla libertà dell’amore. E’ l’eclissi dell’amore!
Dio in Gesù Cristo ci ha condotti alla libertà! Ci ha liberati dalla dipendenza non solo affettiva e sociale ma anche da ogni divinità, per aprirci alla comunione con Lui, che ci ama in modo disinteressato: “Ti amo perché ti amo”. E’ questa la gioia di Monica, vedere Agostino libero da ogni dipendenza, anche religiosa e culturale, un innamorato di Gesù. Chi di noi non vorrebbe vedere libera la persona che ama? Libera da tutto e da tutti per essere al servizio di tutti!
Cari amici,
è questo il cammino della Quaresima che inizieremo con tutta la Chiesa Mercoledì 13 febbraio. E’ il cammino della nostra liberazione che culminerà nella notte di Pasqua dove scopriremo che Dio ha superato ogni aspettativa!
Tu pensavi di essere ben poca cosa, e invece scoprirai che sei una meraviglia ai Suoi occhi. Non sei più dipendente, sei libero. Libero per amare, per servire, per essere protagonista della tua storia. Insieme a te, anzi in te, c’è il Maestro che ti guida e ti sostiene. Come Agostino, fermati, rifletti e corriGli incontro! Sarai anche tu contento di essere cristiano cattolico! Come lo sono io!
Buona e santa Quaresima!
+ Lorenzo Leuzzi
Vescovo Ausiliare di Roma