di padre Paolo Martinelli, OfmCap
ROMA, venerdì, 23 novembre 2012 (ZENIT.org) – I testi di san Francesco sono ricchi di espressioni riguardanti lo stupore per il mistero dell’umanità di Gesù che è l’umanità del figlio di Dio, il quale si fa povero per noi, nella nascita nel presepio, nello scandalo della croce, nel mistero della Chiesa ed in particolare nell’Eucaristia.
Francesco non è mosso nella sua libertà da una dimostrazione; piuttosto è commosso dall’umiltà amorosa di Dio per noi. Ricordiamo qui ad esempio il passaggio della Lettera a tutto l’Ordine: «O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre».
Si ricordi anche l’esultanza di Chiara di fronte al mistero della redenzione espressa nella quarta lettera ad Agnese da Praga: «O mirabile umiltà, o povertà che dà stupore!». Da qui deriva un ulteriore passaggio: san Francesco, in straordinaria sintonia con la riflessione teologica contemporanea sul mistero trinitario, ci ricorda che la kenosi non tocca Dio solo dall’esterno ma è rivelatrice della stessa natura di Dio: «Tu sei umiltà!».
Così il santo di Assisi dice nelle Lodi di Dio altissimo, con una espressione che probabilmente non ha paragoni nella letteratura religiosa mondiale. Ossia, Dio non solo agisce umilmente. Questa economia di salvezza, fatta di spogliamento fino alla croce, rimanda e mostra qualcosa della natura stessa di Dio: egli si mostra a noi umile perché egli stesso nella sua natura è umiltà.
[da: Paolo Martinelli, “Dammi fede diritta. Con Francesco d’Assisi, per ricominciare a credere” – Edizioni Porziuncola, Assisi 2012, pp. 82, euro 9,00.]