L'Università e la nuova evangelizzazione (Seconda Parte)

La “lectio magistralis” di monsignor Leuzzi all’inaugurazione dell’Anno Accademico all’UER

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ROMA, giovedì, 15 novembre 2012 (ZENIT.org) – La prima parte è stata pubblicata ieri, mercoledì 14 novembre.

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L’esperienza della Riforma va inquadrata nel tentativo del Cristianesimo di uscire da questa forma sacrale. Ma la scelta per la sola fide, con il suo pregiudizio anti-metafisico, di fatto l’ha resa sterile di fronte alle nuove attese della società che ormai andava diffondendosi come società dinamica. Non si può salvare la fede cristiana trasformandola in fede religiosa, quando la società invoca quella teologale. Ma la fede teologale ha bisogno di una realtà da cui può prendere origine e questa non può essere la semplice esperienza religiosa, anche interpretata in senso heiddeggeriano (1).

Perché oggi la fede religiosa può incidere negativamente sulla vita dell’Università? Perché la fede religiosa è per sua natura a-storica. Il rapporto fede cristiana – che, è bene ribadirlo, è sempre stata fede teologale e mai solo religiosa – e Università ha dato i suoi frutti finché esso si è svolto in un contesto statico-sacrale, che per sua natura ha una sua consistenza ontologica. In questa situazione anche la trasformazione della fede cristiana in fede religiosa non ha rappresentato un problema, perché era portatrice di una realtà ontologica, il datum, ossia la realtà naturale ontologicamente percepita come ente (verum quia ens).

Quando tale rapporto si colloca in una società storico-dinamica come quella attuale, la fede religiosa, compresa quella cristiana, ha ben poco da dire all’interpretazione della società. Anzi essa può favorire la via dell’antirealismo; così è avvenuto per il marxismo e per il liberal-capitalismo: prassi antirealistiche che hanno associato a sé fedi religiose per svilupparsi, a cominciare dalla Riforma e dall’Ebraismo.

Nelle Università la fede religiosa ha ben poco da dire e sarà sempre più emarginata, perché le stesse prassi sociali antirealistiche sono anch’esse portatrici di una fede religiosa, che può essere anche a-teologica.

Solo le religioni che sono disponibili a lasciarsi assorbire dalle prassi antirealistiche possono sopravvivere, ma con il rischio di essere fagocitate in un processo storico a-teologico, illudendosi di svolgere un ruolo nella costruzione della società. È la grande illusione del dialogo interreligioso!

c. Dalla cultura civiltà alla cultura conoscenza

La società contemporanea viaggia su un binario completamente diverso rispetto a quanto sta accadendo e non trova adeguati servitori, a cominciare dall’Università, la quale avverte l’urgenza di trasformarsi da luogo di “cultura-civiltà” a luogo di “cultura-conoscenza”.

L’Università come luogo di cultura-civiltà è propria della società statico-sacrale; al contrario quello della cultura-conoscenza, è proprio della società storico-dinamica. Sono due modalità dell’esperienza universitaria, ma ambedue convergenti nella elaborazione culturale: la cultura statico-sacrale, prende origine dalla civiltà; mentre quella storico-dinamica prende origine dalla conoscenza.

Pur nata in un contesto statico-sacrale, l’Università nella società storico-dinamica è sollecitata a scoprire la sua vocazione di luogo della conoscenza per la costruzione. La sua crisi è legata alla non comprensione di questa passaggio, relegando l’esperienza universitaria a un fenomeno datato storicamente. L’Università, nata come espressione della vita della Chiesa, è sempre stata il luogo della “realtà”, servizio della conoscenza della realtà.

Come potrà l’Università recuperare la sua vocazione di servizio alla conoscenza, che rispetto al passato, deve ora far riferimento alla realtà, alla nuova realtà storica, che è diventata dinamica? L’Università dovrà abbandonare il suo ruolo di servizio alla realtà, rinchiudendosi nella cultura-civiltà o scegliere la strada della professionalizzazione?

Per realizzare la sua vocazione l’Università dovrà confrontarsi non con la fede religiosa, ma con la fede teologale, quale tipica espressione della nuova evangelizzazione. Infatti la fede teologale è la via per scoprire la vera natura della realtà storica, cogliendo la società come realtà e non come divenire.

d. Verso una nuova tappa del dialogo tra secolarità e sacralità

Nel suo discorso alla Westminster Hall a Londra Benedetto XVI aveva invitato a promuovere un nuovo dialogo tra secolarità e sacralità come condizione necessaria per costruire la società:

«Per questo vorrei suggerire che il mondo della ragione della fede – il mono della secolarità razione e il mondo del credo religioso – hanno bisogno l’uno dell’altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà» (3).

Se ciò era vero in passato, lo è ancora molto di più oggi! È ciò di cui ha bisogno l’Università per rispondere alle attese della nuova società storico-dinamica. Ma ciò sarà possibile solo se il Cristianesimo si presenterà al mondo per ciò che è sempre stato: una religione storico-dinamica e non a forma sacrale

È questo il vero annuncio della nuova evangelizzazione da cui dipende il futuro non solo dell’Università ma anche dell’intera umanità.

L’Università e la nuova evangelizzazione, pertanto, sono sollecitate a cercarsi vicendevolmente e a camminare insieme: l’una senza l’altra rischiano di restare fuori dalla storia, assumendo ruoli anti-storici e – di conseguenza – antirealistici dagli esiti davvero imprevedibili per le sorti delle nuove generazioni.

Auspico che l’Università Europea di Roma possa essere al servizio della nuova esigenza storica, la quale richiede una conoscenza deputata alla costruzione della Chiesa e della società.

2) Cfr. P. Stagi, «Filosofia dello spirito vivente. Nichilismo e domanda di senso nel giovane Heidegger», in S. Sorrentino (a cura di), Nichilisno e questione del senso. Da Nietzsche a Deridda, Aracne Editrice, Roma 2005, pp. 83-106.

3) Benedetto XVI, Discorso alle Autorità civili del Regno Unito, Westminster Hall, Londra, 18 settembre 2010.

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ZENIT Staff

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