ROMA, martedì, 17 luglio 2012 (ZENIT.org) - In Siria, vari rappresentanti della Chiesa hanno lanciato in questi giorni urgenti appelli al dialogo per fermare il sanguinoso braccio di ferro tra il regime del presidente Bashar al-Assad e l'opposizione, sfociato ormai in una aperta guerra civile.

L'ultimo è stato, oggi, il patriarca dei greco-melkiti di Damasco, Gregorio III Laham. “I siriani, grazie alla loro lunga storia, possono risolvere questa crisi pericolosa aiutandosi a vicenda, attraverso l'amore e il perdono”, ha affermato in una nota inviata in esclusiva all'agenzia Fides.

“Lanciamo un appello urgente per il dialogo, la riconciliazione, la pace: questa è una delle lingue più rare, che molti non vogliono ascoltare. Noi cristiani, ai quali è stato affidato il Vangelo della pace, ci sentiamo chiamati a promuoverla”, scrive il patriarca, che individua nell'anarchia, la mancanza di sicurezza e l'afflusso massiccio di armi, i più grandi pericoli per la Siria oggi.

“La violenza genera violenza, che raggiunge tutti i cittadini, senza distinzione di razza, religione o colore politico”, avverte il capo dei greco-melkiti, che si preoccupa in modo particolare per la comunità cristiana, che ha definito “l'anello più debole”. I cristiani, così osserva, sono “indifesi, sono i più vulnerabili allo sfruttamento, all'estorsione, al sequestro di persona, agli abusi”.

Il patriarca esorta le Chiese ad alzare la voce, “chiedendo riforme, libertà, democrazia, lotta contro la corruzione, sostegno allo sviluppo, libertà di parola”. “Oggi – prosegue Gregorio III Laham - chiediamo di fermare il ciclo di uccisioni e distruzione, soprattutto contro i civili in difficoltà, di tutte le fedi, che in realtà sono le vere vittime”.

Mentre respinge una certa “campagna condotta contro i Pastori delle Chiese in Siria” - spesso accusati di collusione con il regime alawita (una minoranza) di Assad - il patriarca appoggia il movimento Mussalaha (“riconciliazione”).

“Preghiamo per il successo del movimento Mussalaha, in cui sono attivi delegati di tutte le Chiese, per portare l'unità e l'amore nei cuori di tutti. Questo è ciò che pone le basi per soluzioni efficaci al tragico conflitto”, scrive il patriarca, esprimendo l'augurio che la visita di Benedetto XVI in Libano “sarà un aiuto particolare per la Siria, perché il conflitto possa cessare e il paese rifiorire”.

Anche il Vicario Apostolico di Aleppo, mons. Giuseppe Nazzaro OFM, ha espresso sostegno all’iniziativa popolare interreligiosa Mussalaha.

“Ritengo che l’iniziativa Mussalaha debba essere incoraggiata e sostenuta da parte di tutti”, ha detto il presule, parlando ieri con l'agenzia Fides. “La riconciliazione, anche se a volte è dura da accettare, è una via da non tralasciare e da non sottovalutare”, ha proseguito.

“Per la mia esperienza in materia, soprattutto per quello che hanno fatto in passato i miei confratelli francescani, chiamati ad intervenire in situazioni delicate, credo che la Mussalaha vada appoggiata”, ha ribadito Nazzaro.

Il movimento, che si profila come una “terza via” nel conflitto e viene promosso da una piattaforma costituita da leader civili e religiosi, è nato “dal basso” e punta – come spiega Fides - sul “dialogo interno” fra le due fazioni in lotta, con lo scopo di porre termine allo spargimento di sangue e di arrivare ad una via d'uscita dalla crisi.

“Sono totalmente d'accordo con il suo spirito, perché il suo fine principale è salvare vite umane”, ha affermato mons. Nazzaro riguardo all'iniziativa, la cui mediazione ha permesso negli ultimi giorni l'evacuazione di più di 60 civili – soprattutto cristiani – dalla città di Homs, una delle roccaforti dell'insurrezione anti-Assad.

“L'uomo d'oggi, anche nel tragico conflitto a cui assistiamo in Siria, deve rendersi conto che una vita umana è un dono di Dio e, in quanto tale, deve essere conservata per rispetto a Dio che l'ha data all'uomo, sia esso cristiano, musulmano, ebreo, buddista”, ha aggiunto il Vicario Apostolico.

Un appello al dialogo è stato lanciato anche dal direttore del Centro ecumenico di Tabbaleh, padre Romualdo Fernandez OFM, rettore del Santuario dedicato alla Conversione di San Paolo nella capitale siriana Damasco. “La strada maestra per uscire dalla crisi è quella del dialogo fra le parti”, ha dichiarato venerdì 13 luglio, sempre a Fides.

“Chiediamo a tutti di accettare di sedersi attorno a un tavolo e di avviare un confronto, che possa evitare violenze, morti, stragi e massacri, che da troppo tempo insanguinano il Paese”, ha continuato il frate francescano, che ha espresso la sua vicinanza alla popolazione.

“Siamo a fianco della popolazione che soffre, dei cristiani e dei musulmani, e non lasceremo mai questo Paese. Resteremo in Siria, a servizio del Vangelo. C’eravamo ieri, ci siamo oggi e ci saremo domani, in tempi di pace e in tempo di guerra, in tempi bui e in tempi luminosi”.

Preoccupazione per il deteriorarsi del conflitto è stata espressa oggi dal nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari. “La situazione è sempre più tesa a Damasco. La gente ha paura ad uscire di casa nel pomeriggio e in alcuni quartieri anche di giorno”, ha detto il diplomatico vaticano ad AsiaNews, il quale non ha registrato finora episodi di violenza contro la comunità cristiana.

Già venerdì scorso, il prelato aveva chiesto alla comunità internazionale di affrettarsi ad aiutare il Paese arabo ad uscire da quella che ha definito una “trappola infernale”. “La comunità internazionale deve aiutare la Siria a non cadere nel baratro e cercare di parlare a una sola voce. Da solo il Paese non è in grado di liberarsi di questa tragedia”, aveva detto mons. Zenari sempre ad AsiaNews. “Senza la collaborazione di tutti, i 'bellissimi' piani di Annan sono carta straccia”, aveva aggiunto il presule, facendo riferimento alla missione dell'ex segretario generale delle Nazioni Unite.