Economia civile di mercato e capitalismo finanziario: un caso concreto

La dinamica di mercato può svilupparsi solo attraverso una buona azione cooperativa e competitiva

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di Carmine Tabarro

ROMA, martedì, 31 luglio 2012 (ZENIT.org) – La settimana scorsa sono stato ad Edimburgo e Glasgow per una serie di convegni su economia civile, welfare civile, crisi finanziaria, crisi del debito pubblico letti alla luce della Dottrina sociale della Chiesa.

Tra i temi trattati, un mio intervento riguardava come l’economia civile di mercato legga la crisi del debito pubblico degli Stati europei con le relative conseguenze sugli Stati, le imprese, le famiglie. La mia riflessione è partita dal piano teorico per poi dare ragione delle affermazioni con un caso pratico.

L’economia civile di mercato pone tra i suoi focus la capacità di competere e cooperare in vista del bene comune. Questa affermazione viene sempre più confermata dalla letteratura scientifica che dimostra come la capacità della buona cooperazione e della buona competizione ssiano due facce della stessa cifra culturale.

La buona competizione ha un ruolo fondamentale in qualsiasi contesto della vita. Purtroppo la cultura declinata dal capitalismo finanziario ha la capacità di produrre solo la cattiva competizione: quella darwinistica (1).

Allo stesso modo la cultura statalista spesso produce un’altra forma di cattiva competizione: l’assenza di competizione tra le persone, che porta a dinamiche depressive e di livellamento verso la mediocrità e l’inefficienza. La buona competizione, invece, ha come frutto positivo il cum-petere, il “cercare insieme”, che ha caratteristiche diverse dal cercare insieme della cooperazione. La reciprocità tra la buona competizione e la buona cooperazione, fa nascere e crescere persone in un confronto costruttivo e positivo.

Tutti noi che viviamo all’interno di imprese, scuole, università, conventi, chiese e in generale nei corpi intermedi, conosciamo bene le dinamiche positive che si sviluppano quando funzionano in modo giusto la buona competizione e la buona cooperazione. Allo stesso modo conosciamo altrettanto bene, quali sono gli effetti distruttivi, quando vengono a mancare o la buona competizione e buona cooperazione o quando mancano entrambe.

A questo punto ho tradotto queste affermazioni teoriche in un caso pratico.
Ho fatto l’esempio di due aziende che agiscono nello stesso settore (alimentare, manifatturiero, bancario ecc.), di due famiglie con gli stessi redditi. Lo stesso discorso, però, vale per gli Stati. 

Si tratta di imprese e/o famiglie che hanno gli stessi rating (2), solo che nel primo caso l’azienda e la famiglia sono italiane, mentre nel secondo caso l’azienda o la famiglia sono tedesche oppure inglesi.

A causa della diversa dislocazione geografica, nonostante il rating identico, l’impresa o la famiglia italiana è costretta a pagare uno spread (3) sui suoi finanziamenti quasi nove volte più elevato dell’impresa o della famiglia tedesca o inglese. Tale forbice così ampia di tassi d’interesse sui prestiti è del tutto insostenibile nel medio periodo.

Difatti il prestito dell’impresa o della famiglia italiana con scadenza nel 2018 ieri costava 3,90% d’interessi passivi in più, mentre il prestito dell’impresa o della famiglia tedesca con lo stesso rating e con pari scadenza costava solo 0,45% d’interessi passivi, e nel caso inglese 0,60% d’interessi passivi. Tassi d’interesse troppo diversi, per imprese e famiglie del tutto simili.

Questa è la conseguenza dell’aver scelto la strada della cattiva competizione ed questo il vero effetto pratico della crisi sistemica europea. E’ evidente come questo differente costo del denaro, ha messo e continua a mettere in difficoltà il sistema industriale di alcuni Paesi (Spagna e Italia in primis), mentre hanno indebitamente avvantaggiato altri Paesi ben oltre i loro reali meriti.

Tuto questo perchè lo spread non è mosso dalla logica della buona competizione e della buona cooperazione, ma è il frutto di una grande forma di  concorrenza sleale tra Stati, imprese, famiglie che la storia recente ricordi, tipica forma d’ingiustizia generata dalla logica del capitalismo finanziario. In altre parole ci troviamo dinanzi ad un “dumping” (4) finanziario.

Se il “dumping” finanziario non verrà regolamentato in fretta distruggerà le economie dei Paesi del Sud Europa: nei prossimi quattro anni le banche, le imprese della sola area euro dovranno rimborsare – secondo i dati Dealogic elaborati per Il Sole 24 Ore – obbligazioni e grossi finanziamenti per oltre 2mila miliardi.

Con questi tassi d’interessi come faranno le banche, le famiglie, le imprese italiane, spagnole, portoghesi, irlandesi, greche  a pagare questi debiti? E soprattutto: potranno rifinanziarsi? E quali tassi d’interesse saranno costrette a sopportare?

In conclusione un sistema economico globalizzato non può reggersi nel medio periodo soltanto sulla legge della cattiva competizione, poiché la dinamica di mercato – come ci insegnano autori classici come Mill o Einaudi e oggi Sen,  Stiglitz, Fitoussi, Luigino Bruni, Stefano Zamagni ecc. – possono crescere e svilupparsi soltanto attraverso un’azione cooperativa e competitiva congiunta che funzioni bene.

Solo in questo modo si da vita ad un mutuo vantaggio per i soggetti, i corpi intermedi, gli Stati coinvolti.

***

(1) Nel capitalismo finanziario il darwinismo economico declina come legge il concetto di “struggle for life and death” (lotta per la vita e la morte).

(2) Valutazione del grado di rischio di insolvenza di un debitore (privato o pubblico) effettuata da una società specializzata (agenzia di rating) che sintetizza le sue analisi in un voto (espresso in lettere) all’interno di una scala di giudizi. Le agenzie di rating più importanti sono Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch ognuna delle quali ha elaborato delle proprie scale di rating. Oltre che gli emittenti le agenzie classificano anche specifici titoli obbligazionari. Il rating è un indicatore che permette di individuare il grado di rischiosità di un emittente (e/o di un specifico titolo) e quindi il livello di premio al rischio richiesto dal mercato su quello strumento finanziario. Si tenga sempre presente che i giudizi delle agenzie di rating non sono delle previsioni quanto piuttosto delle indicazioni di probabilità di default calcolate a partire dalla situazione attuale e passata. Inoltre vi è elemento di frizione piuttosto grave che consiste nel fatto che le agenzie di rating lavorano in conflitto di interessi in quanto sono remunerate dagli stessi soggetti sui quali formulano i giudizi.

(3) Spread è un termine inglese che indica “scarto”’ o il margine lordo che il finanziatore (banca) applica al tasso d’interesse (Euribor/tasso variabile  o Eurirs/tasso fisso), per stabilire il tasso di interesse che il debitore dovrà corrispondere al debitore per il capitale ottenuto in prestito.

(4) Voce che viene dall’inglese medievale dumpen; difficilmente traducibile in italiano. Esso indica la pratica commerciale, adottata da un fornitore o produttore, consistente nel vendere un bene in uno o più mercati esteri a prezzi inferiori di quelli praticati nel mercato d’origine attuando una concorrenza sleale sia verso i produttori /esportatori locali suoi concorrenti, sia verso i produttori esteri. Il produttore che pratica il dumping talvolta è sovvenzionato dallo Stato.  Nel caso di qui stiamo discutendo la “sovvenzione” viene dalla speculazione per il comportamento di concorrenza sleale messo in campo da Stati più forti apparentemente( ma questo è un altro tema)

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ZENIT Staff

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