Gli hobbit di Tolkien: non eroi ma semi-uomini che salvano il mondo

Un saggio analizza il legame tra le opere dello scrittore britannico e le Sacre Scritture

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di Luca Marcolivio

ROMA, sabato, 10 dicembre 2011 (ZENIT.org) – Le opere di John R.R. Tolkien hanno conosciuto una diffusione di massa, anche in Italia, soprattutto dopo le riduzioni cinematografiche della trilogia del Signore degli anelli. Relativamente meno nota è la vicenda umana intellettuale del loro autore che, a livello critico-accademico, ha sempre avuto una letteratura piuttosto esigua nel nostro paese.

Un recente significativo contributo è tuttavia quello di Greta Bertani, 41 anni, modenese, che ha recentemente pubblicato Le radici profonde. Tolkien e le Sacre Scritture (Il Cerchio, 2011), suo primo saggio interamente dedicato allo scrittore britannico.

La tesi di fondo dell’opera è la conferma della possibilità di una doppia lettura di Tolkien: se da un lato la modalità espressiva è quella della favola e del mito, ispirati alle leggende del Medioevo anglosassone, dall’altro le fondamenta della narrativa tolkieniana, a partire dal Silmarillion, risiedono nelle fonti della Sapienza Biblica.

Come sottolineato dal giornalista e scrittore Andrea Monda nella prefazione, svariati anni fa alcune statistiche citavano Il Signore degli anelli come il libro più letto del mondo, dopo la Bibbia. Sorvolando sulla fondatezza di questa affermazione il prefatore, appoggiando l’autrice, ritiene che il legame tra l’opera di Tolkien e le Sacre Scritture “ci sia, e anche molto stretto”.

Sono note, dagli elementi biografici e dall’epistolario, la fede e la cultura profondamente cattoliche di Tolkien: un cattolicesimo spiccatamente legato alla tradizione, in acceso antagonismo con la scristianizzazione della modernità.

Nelle sue opere, lo scrittore britannico è coerente al proprio credo e “non teme di utilizzare personaggi e forma narrative della mitologia per esprimere se stesso e la propria fede”, scrive Greta Bertani nell’introduzione al suo saggio.

“Studio le opere di Tolkien sin dall’università – ha raccontato Bertani a Zenit – e mi sono laureata con una tesi su di lui. Intuii da subito le analogie con le Sacre Scritture: ad esempio la morte e il ritorno di Gandalf, il pane elfico che sazia e ristora l’anima, Frodo che, come Abramo, deve lasciare la sua terra”.

Caratteristica degli eroi tolkieniani è, in fin dei conti, quella di non essere affatto degli eroi. In essi è facile riscontrare i limiti e le fragilità degli uomini comuni. “Né Frodo, né Sam sono abili di spada – osserva Bertani – né hanno idea della strada che dovranno percorrere. L’anello li ha strappati alla sicurezza e alla routine della loro quotidianità”.

Come dichiara a Zenit Andrea Monda, gli hobbit sono “pigri, tranquilli, abitudinari e ritualisti; hanno tutti i nostri vizi e vezzi, compreso il pettegolezzo. Più che vivere la vita, la osservano. Manca loro la sete e, come dice Gandalf, chi riconosce di avere ancora sete, ha ancora speranza”.

In Tolkien è profondamente cristiano, inoltre, il “rovesciamento della quest”: al contrario di archetipi letterari come il capitano Acab di Moby Dick o il Faust, mossi dall’orgoglio o dalla vendetta, gli “eroi” tolkieniani “rinunciano alla loro vita per la salvezza degli altri”.

Gli hobbit sono personaggi molto più umani della maggior parte degli eroi della letteratura antica, medioevale e moderna, da Omero in poi: devono fare i conti con la tentazione della conquista del potere e, alla fine, capiscono che rinunciare al potere stesso è un atto ben più eroico.

L’irruzione dell’anello nelle loro vite porterà gli hobbit nel cuore di un’avventura molto più grande di loro, al termine della quale risulteranno vincitori nonostante i loro oggettivi limiti, ad esempio, nelle doti militari.

Ciò che li salva, come per gli apostoli di Cristo, è la loro umiltà e la loro prontezza nel rispondere alla chiamata a salvare il mondo. Il loro punto di forza è anche il non prendersi troppo sul serio: è l’autoironia a salvarli.

L’epilogo del Signore degli Anelli è simile a quello del Vangelo: il male è sconfitto ma continua ad operare. Eppure a salvarci non è stato nessun superuomo nietzschiano e nemmeno un uomo ma dei “semi-uomini”. Proprio come gli hobbit…

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ZENIT Staff

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