"Storia del nuovo cognome", di Elena Ferrante

Il secondo volume de “L’amica geniale”, ovvero la giovinezza di Lila e Lenù

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di Antonio D’Angiò

ROMA, sabato, 24 novembre 2012 (ZENIT.org) – La rilettura delle tre pagine conclusive del primo volume de L’amica geniale (1), cioè il libro dedicato all’infanzia e all’adolescenza delle due protagoniste Lila Cerullo e Lenù Greco, può essere un utile esercizio prima di avventurarsi nelle rapide della “Storia del nuovo cognome”.

Perché la descrizione della plebe napoletana e dell’importanza che assume un inaspettato dettaglio comportamentale nel cogliere l’essenza della percezione dell’umano tradimento, sono il motore del futuro dipanarsi della vicenda e aiutano a riprendere la storia delle due protagoniste agli inizi degli anni Sessanta.

Anni durante i quali Lenù continuerà brillantemente gli studi (portando a termine sia il liceo classico e sia la laurea alla Normale di Pisa) e Lila farà diventare oro tutto ciò di cui si occuperà nel mondo del commercio (sia nella salumeria nel nuovo quartiere dove è andata ad abitare dopo il matrimonio e sia nel negozio di scarpe del centro cittadino) prima di rompere definitivamente col proprio passato, pagandone pesantemente il prezzo dopo una lotta feroce contro tutto e contro tutti salvando solo Lenù, il figlio e un amico.

In tutto questo, per entrambe, si manifesterà una infelicità o superficialità nelle relazioni affettive.

La “Storia del nuovo cognome” (edita dalla Casa Editrice e/o, pagg. 470, €19,50), è il secondo volume di questa serie di romanzi, sottotitolato La giovinezza, che utilizza la storia della famiglia dell’usciere Greco, dei calzolai Cerullo, dei salumieri Carracci, dei commercianti Solara, della professoressa Galiani, del ferroviere-giornalista Sarratore, come un ritratto della società napoletana del dopoguerra.

La Ferrante, anche in questo secondo romanzo, amplia lo spazio narrativo napoletano attraverso l’isola di Ischia, rendendo in questo modo più luminose le stesse storie che nella città partenopea appaiono invece chiuse negli spazi angusti nei quali si muove la plebe.

E, proprio in riferimento alla plebe, non sappiamo dire quanto sia casuale il ritrovare all’interno di un passaggio narrativo la presenza di Pasolini a Napoli. Quel Pasolini che, proprio della plebe napoletana, ne consegna una descrizione negli articoli pubblicati su Lettere Luterane intitolati Gennariello (2).

Nel primo libro l’immagine di copertina mostrava una coppia di spalle in un momento di felicità con lo sfondo del golfo di Napoli e il Vesuvio, unico elemento oleografico in assenza di squadre di calcio e sangue di San Gennaro. La scena del matrimonio raffigurata (ipotizzabile essere quello di Lila) rappresentava il preludio della corsa verso l’infelicità detonata da quella percezione del tradimento per un apparente dettaglio, non affettivo ma fiduciario, a conclusione del pranzo nuziale del precoce matrimonio.

L’opera lascia al lettore la riflessione non solo sulla difficoltà dei sentimenti giovanili, in quegli anni e in quel tipo di famiglie, ma anche su come questi sentimenti divengano il motore di tante relazioni riuscendo a far saltare anche gli schermi intellettuali o pseudo razionali delle persone istruite.

Il giovane colto e politicizzato che fa follie per la donna già sposata; la professoressa che raffredda la stima quando comprende che sua figlia non è più amata dal suo studente preferito; il giornalista e poeta continuamente preda dei propri istinti sessuali, rivelano come le presunte differenze sociali cadono di fronte alle passioni.

Ed è Lila che, di ritorno da una festa non gradita a casa della professoressa Galiani, rivolgendosi a Lenù in tono malvagio, afferma: “Hanno letto e studiato, in quella casa, i padri, i nonni, i bisnonni. Da centinaia di anni fanno come minimo gli avvocati, i medici, i professori. Perciò parlano tutti così, perciò si vestono e mangiano e si muovono così e così. Lo fanno perché ci sono nati. Ma non tengono nella testa nemmeno un pensiero che è loro, che hanno faticato a pensare. Sanno tutto e non sanno niente.”

*

NOTE

(1) La recensione è stata pubblicata su Zenit del 2 settembre 2012 dal titolo Quei maestri di scuola ne “L’amica geniale” (http://www.zenit.org/article-32344?l=italian).

(2) “Napoli è ancora l’ultima metropoli plebea, l’ultimo grande villaggio (e per di più con tradizioni culturali non strettamente italiane): questo fatto generale e storico livella fisicamente e intellettualmente le classi sociali. La vitalità è sempre fonte di affetto e ingenuità. A Napoli sono pieni di vitalità sia il ragazzo povero che il ragazzo borghese.” Tratto da Gennariello intitolato “paragrafo primo: come ti immagino” pubblicato il 6 marzo 1975 su Mondo.

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ZENIT Staff

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