Diritti e doveri del Patriarca verso la Sede Apostolica

di padre Hani Bakhoum Kiroulos

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ROMA, giovedì, 30 settembre 2010 (ZENIT.org).- Il can. 78 § 2 delimita la potestà del Patriarca entro i confini del territorio della Chiesa Patriarcale, a meno che non consti diversamente della natura della cosa, oppure dal diritto comune o particolare approvato dal Romano Pontefice. Il Patriarca può esercitare il suo ufficio fuori dal territorio della Chiesa Patriarcale in due casi: se la natura della cosa lo esige oppure per diritto comune o particolare approvato dal Romano Pontefice.

La clausola inserita dal can. 78 § 2 “a meno che non consti diversamente … dal diritto comune o particolare approvato dal Romano Pontefice”; da una parte permette in avvenire il valido esercizio della potestà del Patriarca sui propri fedeli oltre i confini del territorio per il bene dei medesimi, e dall’altra mantiene la disciplina e l’ordine nella Chiesa Universale[1].

Entro i confini del territorio spetta al Patriarca di garantire il vincolo di comunione della propria Chiesa con il Romano Pontefice[2]. Infatti spetta al Patriarca notificare ai Vescovi e agli altri
destinatari gli atti del Romano Pontefice che riguardano la Chiesa patriarcale. La legislazione precedente imponeva l’obbligo non solo di notificare tali atti, ma di eseguirli[3].

Se sorge un dubbio riguardo i confini del territorio patriarcale, oppure se si tratta di cambiamento dei confini, spetta solamente al Romano Pontefice di dirimere autenticamente il dubbio, o emanare un decreto sul cambiamento dei confini.

Secondo il can. 92 § 1. spetta al Patriarca manifestare la comunione gerarchica con il Romano Pontefice mediante la fedeltà, l’obbedienza e la venerazione. Il segno di questa piena comunione tra il Patriarca e il Romano Pontefice è la commemorazione del secondo da parte del primo, nella Divina Liturgia.

Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali al can. 92 § 3 invita il Patriarca ad aver un rapporto frequente con il Romano Pontefice, il quale invia la relazione sullo stato della Chiesa che presiede, entro un anno dalla sua elezione; in seguito più volte quando compie la visita ad limina. Secondo il can. 208 § 2, è preferibile che tale visita sia adempiuta dal Patriarca accompagnato dai Vescovi della sua Chiesa.

Inoltre il Patriarca necessita dell’assenso della Sede Apostolica per poter eseguire alcuni atti riguardanti il suo patriarcato. Tali atti sono: stipulare convenzioni con l’autorità civile e inviare un Visitatore per i propri fedeli che si trovino fuori del territorio patriarcale.

Per altri atti è sufficiente che il Patriarca si consultati con la Sede Apostolica. Tali atti sono: erigere, circoscrivere diversamente, unire, dividere, sopprimere province ed eparchie, mutarne il grado gerarchico e trasferire la sede eparchiale e erigere ordini religiosi e congregazioni.

Per un’altra serie di casi, invece, la nuova legislazione concede al Patriarca la possibilità di deferirli al Romano Pontefice. Tali casi sono: se per causa grave il Patriarca ha trasferito il Metropolita, o un Vescovo eparchiale, oppure titolare e quest’ultimo rifiuta; le controversie che eventualmente sorgessero tra i Vescovi; se le ammonizioni del Patriarca fatte a qualche Vescovo, che abbia sbagliato gravemente non vengono accettate e nel caso in cui il Vescovo eparchiale si assenti illegittimamente più di sei mesi dalla propria eparchia, si deferisca la cosa al Romano Pontefice.

Alcune decisioni e atti della Chiesa Patriarcale devono essere notificati dal Patriarca al Romano Pontefice. Tali decisioni sono: trasferire il Metropolita, o un Vescovo eparchiale, o titolare; affiancare al Vescovo eparchiale un Vescovo ausiliare o titolare; erigere, mutare e sopprimere degli esarcati; l’ordinazione episcopale e l’intronizzazione del neo Vescovo; gli atti relativi alle leggi e le decisioni prese dal Sinodo; nel caso in cui il sinodo permanente non può essere costituito; comunicare da parte dell’Amministratore della Chiesa patriarcale la vacanza della sede patriarcale e la vacanza della sede eparchiale.

Infine il Patriarca può presentare direttamente la rinuncia del suo ufficio al Romano Pontefice.

1) Cfr. Nuntia, 29 (1989), 29- 30.

2) Cfr. D. SALACHAS, Lo “status sui iuris” delle Chiese Patriarcali nel Diritto Canonico Orientale, 590.

3) Cfr. M. P. CS can. 244 § 2.

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ZENIT Staff

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