“Dio non ha creato l'universo”, marketing per il libro di Hawking

Una sana provocazione, sostiene un decano di Filosofia

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di Jaime Septién

ROMA, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Dio non ha creato l’universo. Questa affermazione del libro del famoso fisico Stephen Hawking ha scatenato un dibattito mondiale, facendo un’enorme pubblicità al suo ultimo libro, “The Grand Design”.

Per questo motivo, ZENIT ha intervistato su quest’opera padre Rafael Pascual L.C., decano di Filosofia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma e direttore di un master in Scienza e Fede.

Quali sono le sue prime impressioni sul libro recente di Hawking?

P. Rafael Pascual: Credo che, al di là della retorica, si debba accettare la nuova provocazione di Hawking e anche ringraziarlo per questo, perché come disse Aristotele dobbiamo essere grati non solo a chi dice la verità, ma anche a chi sbaglia, perché ci stimola a cercare con maggiore sforzo la verità. Ovviamente bisognerà attendere la lettura del libro per sapere cosa dice realmente e quali sono le argomentazioni che presenta.

E’ possibile che l’astronomia, la fisica e le altre scienze empiriche arrivino un giorno a svelare quello che fino ad ora è stato considerato il “segreto” degli inizi?

P. Rafael Pascual: Credo che in primo luogo bisognerebbe dire che una cosa è parlare dell’inizio dell’universo, in senso scientifico, e un’altra è parlare dell’origine dell’universo, che va al di là di ciò che può dire la scienza. In fondo è la famosa domanda che lo stesso Hawking ricordava nel libro che lo ha fatto conoscere al grande pubblico: Perché esiste qualcosa e non niente?, o, detto più poeticamente: Perché il mondo si prende la fatica di esistere? Non credo che la scienza sia capace di dare una risposta a questa domanda.

Se la scienza riuscisse a spiegare com’è iniziato tutto, non avrebbe più senso parlare di Dio?

P. Rafael Pascual: Non credo, proprio per quanto ho appena detto. Forse non è del tutto esatto ciò che si dice sul fatto che la scienza spiega il come, mentre la filosofia e la religione forniscono il perché.

Anche la scienza cerca il perché dei fenomeni, solo che lo fa nel proprio ambito, che è quello strettamente fisico.

Ma non è competente, per la sua stessa indole, su ciò che va al di là di questo campo e oltrepassa l’orizzonte di ciò che è sperimentale, il che non vuol dire che non esista niente al di là di questo. Dio non entra propriamente nell’orizzonte delle scienze, e per questo le scienze possono semplicemente non pronunnciarsi al riguardo.

Allora dove si colloca Dio?

P. Rafael Pascual: Allo stesso posto di sempre. In fondo credo che Hawking cada nello stesso errore di Newton, o meglio porti la posizione di Newton alla sua conseguenza logica. Il problema è che inizia da un falso punto di partenza. In effetti, lo diceva già Laplace, la scienza non ha bisogno dell’ipotesi di Dio, contrariamente all’introduzione di Dio da parte di Newton nella spiegazione della meccanica dell’universo, ma ciò non vuol dire che Dio non esista, ma che si trova in un altro ordine, a un altro livello al di là di quello scientifico, al quale possono arrivare solo la filosofia e la teologia.

Che cosa possiamo pensare, quindi, di quanti credono che la scienza possa arrivare a escludere un posto per Dio nella comprensione del mondo?

P. Rafael Pascual: Direi che si dovrebbe chiedere loro di rispettare l’ambito della propria competenza. E’ come se un teologo che non è esperto della materia iniziasse a pontificare sulla fisica quantistica e dicesse che il dualismo onda-particella dimostra che Dio esiste, o cose di questo tipo.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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