GINEVRA, venerdì, 28 novembre 2008 (ZENIT.org).- La Santa Sede ha invitato gli Stati a mantenere gli impegni assunti nella Conferenza dei Paesi aderenti alla Convenzione sull'interdizione delle mine antiuomo in corso a Ginevra.
Dopo undici anni dalla sua approvazione, dal 24 al 28 novembre si è celebrata nella sede ONU della città svizzera la Nona riunione degli Stati membri del Trattato contro le mine.
L'Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio ONU a Ginevra, l'Arcivescovo Silvano Tomasi, ha sottolineato il rischio che i successi raggiunti si trasformino in fallimento se nell'ambito del rispetto degli accordi non si considererà “la centralità della persona umana”.
In particolare, secondo quanto rende noto la “Radio Vaticana”, il presule ha sottolineato la necessità che la questione della proroga della scadenza prevista per la distruzione degli arsenali e la bonifica delle zone minate sia presa “con la massima serietà”.
Vari Paesi non hanno ottemperato per vari motivi ai termini delle intese. Monsignor Tomasi ha detto che “se non vogliamo che ci siano altre vittime, è assolutamente necessario effettuare lo sminamento delle zone interessate il più presto possibile”.
Ognuno faccia la sua parte, ha esortato l'Osservatore Permanente: i Paesi interessati mostrino, nella trasparenza, piani per raddoppiare gli sforzi per finire i lavori già iniziati, mentre i Paesi donatori sono chiamati a rispondere ai bisogni di quegli Stati che, a causa dell'attuale crisi economica internazionale, non sono in grado di onorare gli impegni.
Monsignor Tomasi ha concluso il suo intervento rilevando la necessità di non creare dei precedenti che possano contraddire lo spirito della Convenzione sul bando delle mine antiuomo.
Il Landmine Monitor ha presentato la settimana scorsa a Bruxelles il suo rapporto annuale sulle mine antiuomo, rivelando che anche se solo due Paesi, la Birmania e la Russia, continuano a usarle, nel 2007 queste armi e altri “residui esplosivi di guerra” come granate, mortai e bombe a grappolo hanno ucciso 5.426 persone.
Stan Brabant, portavoce di Handicap International, che ha presentato il rapporto a Bruxelles, ha riconosciuto che probabilmente il numero reale dei morti è molto più alto.
Nonostante questo, ha osservato che si è registrato un costante progresso nella riduzione delle vittime delle mine antiuomo dal Trattato internazionale per proibirle nel 1997. Durante gli anni Novanta, le mine e le armi correlate hanno provocato circa 26.000 morti all'anno. Il 90% delle vittime delle mine antiuomo è rappresentato da civili.
Il Trattato, che è stato ratificato da 156 Nazioni, stabilisce che i Governi hanno 10 anni per eliminare le mine dal proprio territorio.
Tra i Paesi che non hanno firmato il Trattato figurano Stati Uniti, Cina, Russia, Cuba, India, Israele, Iran, Pakistan e Sudafrica.