di padre John Flynn, L.C.
ROMA, lunedì, 3 novembre 2008 (ZENIT.org).- Dopo aver innescato un accanito dibattito, qualche mese fa in Australia, per l’esposizione fotografica di ragazze minorenni, il fotografo Bill Henson ha da poco aperto una nuova mostra del suo lavoro a New York.
Secondo un servizio apparso sul quotidiano australiano Age del 18 ottobre, la mostra non ha provocato grandi proteste, ma ha turbato invece qualche “newyorkese sofisticato” per via delle immagini esplicitamente sessuali di giovani ragazze.
Tornando all’Australia, dopo la vicenda di Henson vi sono state ulteriori polemiche per la pubblicazione dell’immagine di una bambina di cinque anni nuda sulla copertina di una rivista che gode di finanziamenti pubblici.
Maurice O’Riordan, editore di Art Monthly Australia, ha difeso la sua scelta editoriale, ma secondo un articolo apparso il 9 luglio sul quotidiano Australian egli è rimasto “sempre più isolato” persino rispetto ai suoi colleghi.
Il problema delle immagini altamente sessualizzate va ben oltre i confini del mondo dell’arte. Un’ondata di articoli e libri, negli ultimi anni, documenta l’impatto di una cultura sempre più vogliosa di ragazze giovani e adolescenti.
Sull’argomento della violenza alle donne e ai minori, l’organizzazione Women’s Forum Australia, di Canberra, ha presentato una memoria al Governo federale australiano.
Oltre a ribadire che la pornografia e la prostituzione contribuiscono a generare violenza contro le donne, il documento sostiene che la promozione di atteggiamenti che riducono il valore, la dignità e la stima per le donne contribuisce anche a creare un clima di oppressione nei loro confronti.
Donne-oggetto
L’oggettivazione e sessualizzazione dell’immagine della donna nella cultura dominante contribuisce a incoraggiare gli uomini a trattare le donne come dei beni di consumo per il loro piacere sessuale, secondo il Women’s Forum Australia.
Il dilagare di questa mentalità pornografica si può riscontrare in tutti gli ambiti: dalla moda alla pubblicità, ai giochi, alla musica. Inoltre, sempre secondo questo documento, le stesse riviste orientate ad un pubblico preadolescenziale e adolescenziale hanno una parte di responsabilità per la diffusione di una concezione sessualizzata della donna giovane.
Il documento cita anche uno studio svolto sulle riviste destinate al mercato adolescenziale, secondo cui tre quarti dei contenuti è risultato di carattere sessualizzante.
Women’s Forum Australia ha poi stigmatizzato il fatto che i testi delle canzoni rock stiano diventando sempre più violenti e che molti incitino alla violenza sessuale contro le donne. “L’industria della musica si è intrecciata con l’industria pornografica, e interi generi di musica pop si sono uniti all’industria del sesso nella produzione delle musiche e dei video”, dichiara il documento.
Lo stesso testo propone controlli più stringenti sulle pubblicità, i giochi e la musica indirizzati ai giovani. Il Women’s Forum Australia ha invitato, in particolare, a una maggiore vigilanza pubblicitaria per evitare l’oggettivazione delle ragazze e delle donne.
Un altro studio sulla sessualizzazione della cultura, questa volta proveniente dagli Stati Uniti, è stato pubblicato qualche mese fa da Meenakshi Gigi Durham, professore di Giornalismo e Scienze della Comunicazione presso l’Università dell’Iowa.
Lolita
Nel suo libro “The Lolita Effect” (The Overlook Press), Durham lamenta il fatto che i media “distorcono e strumentalizzano la sessualità femminile”.
I giovani vengono bombardati sin da un’età molto precoce con immagini e messaggi sul sesso che tendono a essere dannosi, afferma l’autrice.
Secondo la Durham, iniziare la vita sessuale ad un’età precoce può aumentare tra i giovani i tassi di gravidanze adolescenziali, la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse e gli abusi sessuali.
Chiaramente è sbagliato dare tutte le colpe ai media, ammette, e bisogna riconoscere che molti giovani hanno un buon senso critico rispetto ai media. Ciò nonostante, la forma sensazionalistica e irreale dei contenuti dei media contribuisce al consolidamento di immagini e ruoli del corpo che risultano essere dannosi.
Il libro, oltre a descrivere il problema, con tanto di esemplificazioni grafiche del messaggio sessuale indirizzato ai bambini e agli adolescenti, raccomanda una serie di contromisure finalizzate a limitare l’impatto dei media sui giovani.
Ad esempio, i genitori dovrebbero parlare con i loro figli sin da piccoli su argomenti come il vestire e aiutarli a sviluppare un pensiero critico sul tipo di messaggio che determinati abbigliamenti oggettivamente mandano.
Aiutare i giovani ad esaminare in modo critico i contenuti delle riviste, dei video e della televisione è un altro modo in cui i genitori possono aiutare i loro figli a far fronte a una cultura fortemente mediatica.
Dare importanza anche alle altre qualità personali, oltre a quelle dell’apparenza fisica, può aiutarli a capire che il valore della persona non risiede solo nell’estetica.
Introdurre i giovani alle nozioni di base sull’economia, la pubblicità e il marketing può contribuire ulteriormente a sviluppare il loro senso critico sui contenuti trasmessi dai media, spiega Durham. Per esempio, mettere in evidenza il fatto che un prodotto raccomandato in un articolo di una rivista è lo stesso che viene poi pubblicizzato sulla seconda di copertina aiuta ad aprire gli occhi sul modo in cui si cerca di manipolare il lettore.
Stereotipi
Un rapporto pubblicato ad agosto dal Parents Television Council di Los Angeles, dal titolo “Happily Never After: How Hollywood Favors Adultery and Promiscuity Over Marital Intimacy on Prime Time Broadcast Television“, mette in evidenza l’immagine distorta della vita che viene veicolata da gran parte dei media.
“I programmi televisivi di prima serata non hanno contenuti neutrali rispetto all’istituto del matrimonio e al ruolo di stabilizzazione che esso svolge nella società, ma sembrano cercare attivamente di indebolire il matrimonio mettendolo regolarmente sotto una luce negativa”, afferma il rapporto.
Quando si parla di sesso nel contesto del matrimonio, esso viene spesso dipinto come un peso. D’altra parte le relazioni extramatrimoniali sono presentate come un’esperienza positiva. Ancora più preoccupante, secondo questo studio, è l’ossessione di voler sdoganare tutto quell’insieme di comportamenti sessuali oggetto di vecchi tabù.
In questo modo, quei comportamenti che un tempo erano considerati immorali o socialmente dannosi, vengono volutamente messi in televisione e, aggiunge il rapporto, i bambini tendono ad assorbire e a imitare questi messaggi.
Il rapporto cita una serie di sondaggi e studi che indicano il ruolo educativo della televisione per la formazione dei comportamenti e degli atteggiamenti sessuali dei ragazzi.
La tendenza tra gli adolescenti ad iniziare la vita sessuale a un’età precoce non è priva di effetti indesiderati, sostiene il rapporto citando studi che riscontrano un nesso tra l’attività sessuale in attività adolescenziale e i risvolti psicologici negativi nel breve e nel lungo periodo. Questi comportamenti, inoltre, possono generare problemi in età avanzata pregiudicando la capacità di mantenere rapporti stabili e impegnati.
La violenza nei media e i suoi effetti sui giovani sono stati oggetto di studio per lungo tempo, ma gli effetti dei contenuti sessuali dei media rappresentano un campo relativamente nuovo e la ricerca accademica è piuttosto limitata, spiega il rapporto.
In attesa di ottenere ulteriori dati dalla ricerca, secondo il Parent’s Television Council, non è irragionevole ritenere che i giovani preadolescenti e adolescenti si trovino effettivamente in condizioni vulnerabili risp
etto ai messaggi sul comportamento sessuale che ricevono dalla televisione.
La dignità
In un discorso pronunciato lo scorso 13 dicembre, Benedetto XVI ha criticato la “trivializzazione della sessualità nei mezzi di comunicazione sociale e nelle industrie del divertimento” che, secondo il Papa, porta al degrado delle donne e persino all’abuso dei bambini.
Successivamente, il 9 febbraio scorso, il Pontefice è tornato su questo problema nell’ambito di un intervento rivolto ai partecipanti a un congresso organizzato per commemorare il 20° anniversario della lettera apostolica “Mulieris dignitatem” di Giovanni Paolo II.
Il Cristianesimo proclama l’eguaglianza dell’uomo e della donna in dignità e responsabilità, ha spiegato, definendo “atti di violenza” contro le donne il loro sfruttamento nella pubblicità e nell’industria del consumo e del divertimento.
“Dinanzi a fenomeni così gravi e persistenti ancor più urgente appare l’impegno dei cristiani perché diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete”, ha affermato i Papa. Un compito veramente urgente di fronte a una cultura mediatica spesso intenta a distruggere la dignità della donna.