La povertà nascosta dietro lo sviluppo

MANILA, sabato, 1° novembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo del discorso dell’Arcivescovo Agostino Marchetto, Capo della delegazione della Santa Sede al II Forum Mondiale su Migrazioni e sviluppo, che ha avuto luogo a Manila (Filippine), dal 29 al 30 ottobre scorso.

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Signor Presidente,

A nome della Santa Sede, desidero rinnovare le mie congratulazioni per questa opportunità che ci è offerta di riflettere assieme su migrazione e sviluppo.

Vorrei ugualmente esprimere agli organizzatori di questo Secondo Forum l’apprezzamento della Santa Sede per aver inserito nell’ordine del giorno un dibattito sulle relazioni tra migrazione internazionale, sviluppo e diritti umani. Tale iniziativa è un chiaro riconoscimento del fatto che il rispetto per i diritti umani dei migranti è condizione essenziale se l’umanità vuole beneficiare appieno della migrazione internazionale. Ed è vero non solo per coloro che emigrano, ma anche per i Paesi di partenza e di accoglienza.

Ciò vuole dire anche che tutti i migranti, a prescindere dal loro status, hanno diritto a godere dei diritti umani e che deve essere rivolta loro un’attenzione particolare per evitare la discriminazione e proteggere quanti tra essi sono vulnerabili, come lo sono le donne, i minori non accompagnati, gli anziani e i diversamente abili.

Esistono già trattati che contengono un forte impegno per proteggere i rifugiati, gli apolidi, i lavoratori migranti e i membri delle loro famiglie, e quanti sono vittime dell’immigrazione clandestina e del traffico di esseri  umani. Si tratta di misure chiave multilaterali dirette ad assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei migranti, tutti fattori – e questo è uno degli scopi del nostro Forum – legati allo sviluppo. Come possono, infatti, i migranti, uomini o donne, contribuire al meglio al vero sviluppo se la loro non è una situazione umana?

A tale riguardo, vorrei ricordare le parole del Santo Padre Benedetto XVI nel discorso alle Nazioni Unite, il 18 Aprile di quest’anno. Egli disse: “Il futuro sarà costruito sui diritti umani”. Stiamo parlando di un nucleo fondamentale di valori, quindi di diritti, ma anche di doveri e responsabilità, compresa la necessità di promuovere la dignità umana e la giustizia, senza imporre né il relativismo né l’imperialismo culturali, e con la piena accettazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà. L’applicazione concreta di questi valori è un fattore chiave per il successo delle politiche governative in questo ambito.

Negli ultimi decenni, la Santa Sede ha intrapreso e promosso una vasta difesa della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nella sua integrità e indivisibilità, intesa come conforme al Diritto Naturale.

Approfitto di questa occasione per ripetere che ogni forma di migrazione temporanea e circolare non deve mai essere presa come pretesto per evitare il pieno rispetto dei diritti dei migranti, e in maniera specifica, del loro diritto alla riunificazione familiare, al riconoscimento del loro contributo allo sviluppo, sia attraverso il lavoro sia con le rimesse di denaro a casa. Ogni fallimento in questo ambito indicherebbe una mancanza di politiche di integrazione e cooperazione nei Paesi di arrivo, come pure di politiche di sviluppo nazionale in quelli d’origine.

Lo sviluppo è una parola chiave nei nostri incontri, ma spesso, dietro, vi si nasconde la povertà. Discriminazione, violenza, restrizioni di libertà personali e collettive, sono tutte realtà comuni, tanto alla migrazione quanto alla povertà. Le due sono accomunate, tra l’altro, dalla formazione di gruppi chiusi, che impediscono l’incontro e il dialogo, e che privano le persone dell’arricchimento e dello scambio vicendevoli, dell’integrazione e della reciprocità, della comprensione e del beneficio comune.

I Governi dovrebbero continuare a creare le condizioni per cui la migrazione non sia mai la sola opzione che resta alle persone al fine di trovare un lavoro e condurre una vita sicura e dignitosa. Maggiori occasioni di lavoro dovrebbero essere create nei Paesi d’origine e dovrebbe essere evitata ogni politica migratoria che mini i fondamenti della società, specialmente la famiglia, che ne è la cellula di base. I potenziali vantaggi dell’emigrazione sono superati dai problemi che appaiono in particolare nelle famiglie esposte al rischio della disintegrazione. In questa situazione, a soffrire maggiormente sono i bambini che spesso crescono senza genitori e sono obbligati ad assumere il peso di gravose responsabilità.

Nei Paesi di accoglienza, la riunificazione familiare è il modo migliore per promuovere l’integrazione degli immigrati ed eliminare molti problemi, in particolare quelli legati alla sicurezza e all’ordine pubblico.

I migranti non rappresentano solo un problema, ma anche un dono per le nostre società. Essi ci aiutano nel nostro lavoro, ci obbligano ad aprire la nostra mente, le nostre economie e le nostre politiche e ci stimolano a ricercare nuovi modelli. Soltanto assieme potremo vincere questa sfida ed aprire il nostro mondo al futuro, di cui tutti vogliamo godere.

Grazie, Signor Presidente.

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ZENIT Staff

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