VENEZIA, sabato, 1° novembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento pronunciato dal Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, il 27 settembre scorso in occasione della Quarta Conferenza Mondiale sul Futuro della Scienza, svoltasi sull’isola di San Giorgio, a Venezia, sul tema “Food and Water for Life” (Cibo e Acqua per la Vita).
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1. La fecondità dell’etica
«Dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati», due importanti opere di misericordia corporale, non esprimono solo la legge elementare della carità cristiana personale e sociale, ma indicano all’evidenza la base materiale primaria della giustizia sociale. Acqua e cibo sono beni essenziali, indispensabili alla vita. Inoltre sono condizioni per salvaguardare la pace nel nostro mondo. È ancora attuale il titolo con cui si conclude l’enciclica Populorum progressio di Paolo VI: “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”.
Se non sono garantiti il diritto all’acqua e ad una alimentazione adeguata, viene concretamente negato ogni valore alla dignità umana e viene meno la più elementare tutela dei diritti umani.
Nell’anno in cui si celebra il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nei giorni in cui si sta discutendo sulla Dichiarazione del Millennio, è doveroso affermare che i singoli paesi, la comunità internazionale e tutte le persone di buona volontà compiano ogni sforzo per garantire ad ogni essere umano l’accesso all’acqua e al cibo. Questa affermazione, nella sua apparente ovvietà, individua la prospettiva etica, propria del mio intervento. Il fatto che l’etica non si occupi direttamente degli aspetti tecnici relativi al “come” tale scopo possa essere raggiunto non significa che essa si limiti a semplici esortazioni. L’etica, e soprattutto l’antropologia che essa sempre sottende, comunque la si voglia intendere nella nostra società plurale, non è pura cosmesi della tecnoscienza. Al contrario, senza riferimento ad un sistema equilibrato di diritto e giustizia, che non può mai ultimamente prescindere dall’etica/antropologia, l’accesso universale al cibo e all’acqua, così come il necessario e sostenibile sviluppo, finisce su sentieri interrotti
2. Fame e cibo
Anche ad uno come me, “laico” nelle molteplici discipline relative all’agricoltura e alimentazione, non mancano informazioni per dire che la situazione mondiale, specie nell’ultimo anno, è stata e rimane oggetto di preoccupazione a causa del drastico aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, che ha accentuato la situazione di deprivazione e di vulnerabilità delle persone più povere. L’obiettivo di dimezzare la povertà estrema e la fame entro il 2015, a cui la comunità internazionale si è solennemente impegnata firmando la “Dichiarazione del Millennio”, si è allontanato invece di avvicinarsi. La sofferenza e la mancanza di speranza nel futuro di chi si trova nell’incapacità di nutrire sé e la sua famiglia, rendono doverose le iniziative di emergenza a sostegno dei consumi di prodotti alimentari; ma questi sforzi, per essere realmente sostenibili, devono essere accompagnati sia da una prospettiva realistica di produzione agricola e di creazione di reddito, sia da politiche che promuovano un reale accesso ai prodotti alimentari da parte delle persone e delle comunità più povere, secondo criteri di giustizia.
Molti esperti ci ricordano che l’insicurezza alimentare e la vulnerabilità agli andamenti dei prezzi agricoli mondiali sono fenomeni legati alla povertà, alla marginalizzazione, all’esclusione economica e sociale. La lotta alla fame è dunque un capitolo importante, ma non isolato, dello sforzo più generale per lo sradicamento della povertà[1].
I “poveri” non sono una categoria sociologica ma delle persone reali, con il loro volto e la loro storia, nel “qui e ora” concreto della loro singolare esperienza personale e sociale. Per questo le soluzioni tecniche devono essere cercate e attuate caso per caso, in un rapporto di reale cooperazione fra persone e fra popoli. Ciò è tanto più urgente nelle aree che sono teatro di guerre e di conflitti e negli sterminati campi profughi, dove l’umanità sofferente ha bisogno sia dell’aiuto materiale, sia di quella speranza nel futuro che può riaccendere l’operosità quotidiana.
Una prospettiva realistica ed economicamente efficace per l’azione di lotta alla povertà e di sviluppo sostenibile fa leva sulla capacità creativa delle persone e delle comunità nel dare risposta ai propri bisogni. Questa deve essere quindi promossa con adeguati investimenti educativi e di sviluppo agricolo locale. Tali investimenti non hanno solo risvolti tecnico-economici, ma richiedono un impegno istituzionale. A titolo di esempio si può qui ricordare che gli esperti parlano di opportune riforme agrarie nei paesi dove prevalgono latifondi; oppure di forme di collaborazione regionale e locale per la gestione delle risorse idriche, controllando per quanto possibile i fenomeni alluvionali e di desertificazione, specie nel continente africano dove l’impiego sostenibile delle acque piovane, dei fiumi e dei laghi è condizione necessaria allo sviluppo agricolo.
3. «Misteriosa è l’acqua»
Il tema dell’alimentazione ci ha condotto quasi naturalmente a parlare di acqua: un bene la cui scarsità determina malattie, sofferenze, conflitti, povertà e morte. Negli ultimi anni la famiglia umana ha sperimentato sia il potere distruttivo dell’acqua, sia la sofferenza che deriva dalla sua mancanza.
Il Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace in un recente contributo al Fourth Water Forum[2] formula alcune notazioni decisive che conviene qui richiamare. Siamo ben lontani dai tempi in cui la disponibilità sovrabbondante di acqua faceva sì che i “padri” della scienza economica la prendessero come esempio di un bene che, pur prezioso in termini di uso, non aveva un prezzo di mercato perché non veniva scambiato in regime di scarsità. Come segnala il World Water Development Report, predisposto dall’UNESCO in collaborazione con altre Agenzie del sistema delle Nazioni Unite, oggi la scarsità idrica costituisce uno dei più difficili problemi con cui un crescente numero di paesi e la comunità internazionale nel suo complesso devono misurarsi.
L’acqua dolce è una risorsa preziosa, spesso non disponibile dove e quando serve; le difficoltà tecniche e le barriere geografiche e politiche fanno levitare enormemente i costi delle opere necessarie per raccoglierla, incanalarla e renderla disponibile a tutti. L’acqua è dunque un bene economico, ma non solo. Ancor più l’accesso all’acqua costituisce un diritto umano fondamentale che va rispettato, protetto ed attuato. Per poter concretamente esercitare tale diritto occorre individuare – caso per caso – se e come una certa comunità si debba fare carico dei costi tecnici e organizzativi per consentire l’accesso alle acque chiare e il trattamento adeguato delle acque scure. Specie i paesi più poveri hanno urgente bisogno di aiuto per realizzare questi obiettivi che l’intera famiglia delle nazioni è chiamata a condividere con loro.
Per queste ragioni nel suo Messaggio in occasione dell’Esposizione internazionale di Zaragoza su “Acqua e sviluppo sostenibile”, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricordato il significato simbolico e religioso, e non preminentemente materiale, che gli uomini delle religioni riconoscono all’acqua, simbolo di purificazione e di vita, per affermare
che: «Il pieno recupero di questa dimensione spirituale è garanzia e presupposto per un’adeguata impostazione dei problemi etici, politici ed economici che condizionano la complessa gestione dell’acqua da parte di tanti soggetti interessati, nell’ambito sia nazionale sia internazionale»[3].
Un bel passaggio di una piccola opera di Romano Guardini, un interprete profetico della transizione globale in atto, descrive con singolare efficacia questa pluriforme natura spirituale del bene primario dell’acqua: «Misteriosa è l’acqua. Semplice, limpida, disinteressata; pronta a mondare ciò che è sordido, a ristorare ciò ch’è assetato. E nello stesso tempo profonda, insondabile, irrequieta, piena di enigmi e di forza. Immagine adeguata dei fecondi abissi da cui sgorga la vita e immagine della vita stessa che sembra così chiara ed è così misteriosa»[4].
4. La vera ricchezza
Non solo l’acqua, ma tutta la realtà materiale: la terra coi suoi frutti, le risorse naturali – quelle che sappiamo utilizzare e quelle che ancora non sappiamo utilizzare – sono un dono dall’alto, posto nelle mani della comunità umana, chiamata a collaborare all’opera della creazione rendendo più abitabile la terra. Se si comprende che per sua natura il dono apre gratuitamente alla partecipazione, si capisce anche che il lavoro umano crea “vera” ricchezza quando riconosce che le realtà materiali elementari – i frutti della terra e le risorse naturali – sono, proprio in quanto dono, una provocazione rivolta alla libertà creativa. Il lavoro diventa così compimento di umanità. La realtà anche materiale è più profonda della sua apparenza: è segno e mistero.
Si può verificare la verità di queste affermazioni osservando cosa accade quando nel possesso dei beni si elimina la gratitudine per il loro essere dono universale: il rapporto dell’uomo con queste realtà viene distorto, l’avarizia e l’accumulazione di beni materiali prevalgono sulla tensione a creare ricchezza, si producono fame e ipertrofia patologica dei consumi, degrado ambientale e sfruttamento fino all’esaurimento delle risorse materiali; anzi fino all’esaurimento di noi stessi. È così negato il principio cardine della giustizia sociale: «Esiste un qualcosa che è dovuto all’uomo perché è uomo, in forza della sua eminente dignità. Questo qualcosa dovuto comporta inseparabilmente la possibilità di sopravvivere e di dare un contributo attivo al bene comune dell’umanità» (Centesimus Annus, 34).
5. Criteri
Questi semplici richiami bastano per dire che quando si affronta il tema del “cibo e dell’acqua per la vita” la prospettiva etica non può essere confinata tra i principi astratti, non è una semplice premessa che si possa lasciare alle spalle per entrare in media res. Essa al contrario offre indicazioni concrete e realistiche perché, secondo ragione e realtà, le persone di buona volontà cerchino ed attuino le soluzioni tecniche più appropriate. Vorrei suggerire tre criteri etici in proposito.
Il primo declina il principio di sussidiarietà nelle iniziative di sviluppo. Per rendere disponibili cibo e acqua per le necessità della famiglia umana occorre valorizzare e “sussidiare” quelle soluzioni in cui i poveri non siano destinatari passivi di tecniche escogitate altrove, ma i veri protagonisti e i primi artefici del loro stesso sviluppo. Numerose esperienze, piccole e grandi, già in atto mostrano l’efficacia e la sostenibilità di iniziative alimentari e di difesa dei bacini idrici che coinvolgono le comunità locali in una trama di cooperazione e di collaborazione. Il principio di sussidiarietà esige inoltre che i governi e la comunità internazionale siano attivi nel promuovere la sicurezza alimentare e lo sviluppo adottando adeguate politiche, sia commerciali, sia ambientali[5].
Il secondo criterio declina il principio della destinazione universale dei beni che già per San Tommaso rappresentava la condizione per una corretta interpretazione della proprietà privata. Nella realtà del lavoro di ciascuno, la gratitudine per aver ricevuto in uso i doni della terra e della vita fonda il coraggio dell’intrapresa e contribuisce a creare vera ricchezza. Nelle grandi responsabilità degli arbitri delle politiche nazionali e internazionali, la consapevolezza della unità della famiglia umana e della destinazione universale di tutti i beni del creato aiuta a bilanciare il diritto allo sviluppo, al cibo e all’acqua con la tutela dell’ambiente. Essendo attenti ai bisogni fondamentali della presente generazione e delle prossime generazioni, in una prospettiva realmente universale, sarà possibile evitare sia la deriva economicista appiattita sul presente e unicamente orientata a manipolare e sfruttare la natura, sia il massimalismo ambientalista che rischia di assolutizzare l’ambiente a dispetto della dignità umana.
Il terzo criterio riguarda la responsabilità creativa degli uomini di scienza, affinché si mantenga desta la loro apertura alla verità, contro la pressione del potere e degli interessi. È una garanzia perché la tecnoscienza non si trasformi in tecnocrazia[6]. Così, gli studiosi di scienze naturali sono chiamati al prudente e corretto utilizzo delle possibilità offerte dalle biotecnologie; gli studiosi di scienze umane e sociali ad una analisi realistica delle politiche da adottare e delle riforme istituzionali da introdurre, specie nei contesti più difficili segnati da forti disuguaglianze economiche e sociali.
Secondo Giovanni Paolo II l’ampiezza di tali disuguaglianze «chiama in causa le strutture ed i meccanismi finanziari, monetari, produttivi e commerciali, che, poggiando su diverse pressioni politiche, reggono l’economia mondiale…Sulla strada dell’indispensabile trasformazione delle strutture della vita economica non sarà facile avanzare se non interverrà una vera conversione della mente, della volontà e del cuore. Il compito richiede l’impegno risoluto di uomini e di popoli liberi e solidali»[7].
L’inequivocabile e severo monito dei Padri della Chiesa: «Nutri colui che è moribondo per fame, perché se non l’avrai nutrito l’avrai ucciso»[8] è rivolto anche a noi.
[1] Pontificio Consiglio « Cor Unum », La fame nel mondo. Una sfida per tutti: lo sviluppo solidale, Città del Vaticano, Palazzo San Calisto, 4 ottobre 1996.
[2] Pontifical Council for Justice and Peace, A contribution of the Holy See to the Fourth World Water Forum, Water, an essential element for life. An update (Mexico City, 16 – 22 march 2006)
[3] Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI all’Expo di Zaragoza, luglio 2008.
[4] R. Guardini, I santi segni, Brescia 200510, Morcelliana, 155.
[5] «Come dimenticare che per molti Paesi la realtà economica dipende quasi esclusivamente dall’esportazione di un ristretto numero di prodotti tipici e, al contrario, la sicurezza alimentare dall’importazione di molti alimenti?»: intervento di Mons. Renato Volante, Osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO, alla Conferenza Regionale FAO per l’America latina e i Caraibi, Brasilia, 14-18 aprile 2008. E ancora: «L’attuale scarsità di prodotti alimentari ribadisce l’urgenza di esplorare nuove fonti di energia che non sacrifichino il diritto alla alimentazione ad altre necessità»: intervento di Mons. Celestino Migliore, Nunzio Apostolico, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, alla sessione del Consiglio EcoSoc delle Nazioni Unite, New York, 2 luglio 2008.
[6] Allocuzione del Santo Padre Benedetto XVI per l’incontro con l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Testo dell’allocuzione che il Santo Padre Benedetto XVI avrebbe pronunciato nel corso della Visita all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, prevista per il 17 gennaio, poi annullata in data 15 gennaio 2008.
[7] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptor hominis, 1979, n. 16
[8] Conc. Oecum. Vat. II, Costituzione pastorale Gaudium et spes (1965), n. 69