Una donna, una bambina: un comune messaggio di speranza

Jenny, dichiarata celebralmente morta e ora viva, ascoltava il marito rifiutarsi davanti ai medici di staccare la spina. Valentina, che qualche tempo fa aveva chiesto l’eutanasia, oggi è tornata sui suoi passi

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Le loro storie hanno travalicato le camere d’ospedale per offrire all’esterno un comune messaggio di lotta e di speranza contro destini che ci appaiono segnati. Una donna e una bambina; entrambe affette da gravi malattie, entrambe sfiorate dall’ipotesi di affrettare il passo verso la morte ma poi risollevatesi a riabbracciare la vita.

Quello di Jenny Bone, quarantenne inglese ricoverata dal marzo 2014 in condizioni critiche, incapace di muovere le sue funzioni corporee, sembrava il tipico caso di paziente cinicamente definita un vegetale. Per tre lunghi giorni è rimasta immobile su un letto d’ospedale, senza dare il benché minimo segno di vita. Intorno a lei, medici intenti a fugare ogni illusione dal cuore dei suoi familiari. “Morte celebrare”, avevano sentenziato. Di qui la richiesta a John, suo marito, dell’autorizzazione a staccare la spina.

A John in quel momento devono essergli passati per la mente i discorsi affrontati insieme a sua moglie, su come i due si sarebbero comportati se si fossero mai trovati in una situazione così delicata. E deve aver ricordato, John, anche la promessa fatta a Jenny: “Se dovesse toccare a te, di rimanere paralizzata su un letto d’ospedale, rispetterò la tua volontà autorizzando i medici a staccare la spina”.

Parole, che si sono immediatamente disciolte di fronte alla realtà dei fatti. John, stringendole la mano e guardando il volto della donna amata, non se l’è sentita di arrendersi all’idea che quel contatto fisico potesse svanire. E così ha deciso di non far staccare la spina, ha voluto attendere ancora qualche tempo nella speranza che qualcosa di sorprendente potesse accadere.

A dieci giorni da quel sofferto “no” di John alla richiesta dei medici, dal viso di Jenny è iniziato a trasparire qualche spiraglio di luce. I primi segni di ripresa hanno dato ragione al marito: Jenny non era morta, checché ne pensassero i medici. Dopo due mesi di cure, nel maggio scorso la donna è tornata a casa, ha ripreso a lavorare come geometra e recentemente ha partecipato a una corsa di beneficenza grazie all’aiuto di un bastone da passeggio.

Era stata colpita da una malattia rara, nota come sindrome di Guillian-Barr, che interessa il sistema immunitario attaccando il sistema nervoso e producendo uno stato di paralisi totale. Impossibilitata a rispondere alle scansioni del cervello e ai test dei riflessi, era stata dichiarata cerebralmente morta. Invece il suo cervello funzionava benissimo, tanto che Jenny ricorda ancora nitidamente i discorsi fatti dai medici e da suo marito intorno al suo letto. “Sono stata molto sorpresa che mio marito abbia detto ai medici di non spegnere la macchina di supporto vitale, visto quello che gli avevo sempre detto – afferma al Daily Mail -. È andato contro la mia volontà, ma ovviamente sono felice che lo abbia fatto”.

John definisce la richiesta dei medici fatta al capezzale di sua moglie “un fulmine a ciel sereno”. Secondo l’uomo “non avrebbero dovuto parlarne davanti a lei: quando in seguito ho saputo che lei aveva sentito tutto, per me è stato semplicemente agghiacciante”. Ma il sentimento che ora prevale, nella coppia inglese e nella loro famiglia, è di gioia per la guarigione avvenuta.

Gioia che si trasforma in speranza se dalla Gran Bretagna ci si sposta in Cile, dove ha avuto ampia eco la vicenda di Valentina Maureira, bambina quattordicenne affetta da fibrosi cistica, malattia incurabile che può provocare infezioni spesso mortali.

La famiglia di Valentina ha già dovuto combattere e sopperire con la fibrosi. Nel 1996, all’età di sei anni, gli ha portato via il primogenito Michael. La seconda figlia è portatrice sana, mentre a Valentina, la più piccola della famiglia, è stata diagnosticata la malattia quando aveva appena sei mesi.

La piccola, sfiancata dalla sofferenza, tempo fa ha rivolto un appello direttamente alla Presidente del Cile, Michelle Bachelet. “Chiedo di parlare urgentemente con il Presidente perché sono stanca di vivere con questa malattia e lei può autorizzare l’iniezione per addormentarmi per sempre”, le parole di Valentina diffuse con un video su Youtube.

Nemmeno una settimana dopo, malgrado il suo Governo avesse già chiarito che la legge non permette di assecondare una simile richiesta, la Bachelet è andata in ospedale a trovare Valentina e ha parlato un’ora con lei e con la sua famiglia. “Ci siamo messi a piangere ed è stata un’ora con Vale. Hanno parlato di molte cose. Grazie, Presidente, per essere venuta a trovare Vale senza la stampa, ne è molto grata”, ha detto ai media cileni Freddy, papà della bambina.

Quella della Presidente cilena non è stata l’unica recente visita che ha avuto Valentina. Papa Freddy ha spiegato alla stampa che nei giorni scorsi è venuta una famiglia dall’Argentina, con tre figli malati di fibrosi cistica che sono morti e un’altra figlia alla quale è stato trapiantato un polmone.

Chissà sé è stata la testimonianza di questa famiglia a suscitare nel cuore di Valentina quella svolta testimoniata dalle dichiarazioni pubblicate dal quotidiano El Mercurio. L’adolescente ha annunciato di aver cambiato idea sulla sua richiesta di “dormire per sempre”, in quanto “c’è gente che mi ha fatto cambiare il mio modo di vedere le cose”.

Una svolta che ha riacceso di speranza anche i cuori dei suoi familiari. Il papà, il quale passa notte e giorno al fianco di sua figlia, ammette che la situazione è molto difficile e che a casa non vogliono perdere un altro figlio. Di qui la sua carica: “Io le dico: ‘Figlia mia, se tu vuoi lottiamo. Tu sai com’è la tua malattia, la conosci al dritto e al rovescio’”.

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Federico Cenci

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