Tutti fuori del tempio!

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Gv 2,13-25

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Lettura

Era la Pasqua dell’anno 28 quando Gesù si recò a Gerusalemme per la prima volta da Maestro. Stando al Vangelo di Giovanni, risale a quell’occasione la cosiddetta “purificazione del tempio”, il secondo dei sette segni per mezzo dei quali molti hanno creduto «nel suo nome». Prima di lui, anche Mosè aveva compiuto azioni prodigiose per convincere il popolo di Israele che era un inviato di Dio. «Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato», grida Gesù: parole forti, accompagnate da un gesto ancora più forte che Giovanni aveva visto con i suoi occhi e che non poteva dimenticare.

Meditazione

Il tempio di Gerusalemme custodiva le Tavole della legge, sulle quali erano riportate le Dieci Parole pronunciate da Dio sul Sinai: il Decalogo. Questo, prima di essere un codice di comportamento, è la memoria di quanto il Signore ha fatto per il suo popolo: «Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù». La legge, per la Bibbia, è molto di più di un comando: è la parola stessa di Dio che garantisce, a chi la osserva, vita e libertà. Il Salmo 18 dice di essa quanto si potrebbe dire della compagna di vita: «è perfetta, rinfranca l’anima, fa gioire il cuore, dà luce agli occhi, è fedele, è giusta, è preziosa più dell’oro, è dolce più del miele». Questa legge o parola, per noi cristiani viene da Cristo: le sue parole sono «spirito e vita» (Gv 6,63); anzi, questa legge o parola per noi è Cristo stesso: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Il tempio, per l’ebreo, era anche il luogo della presenza di Dio, il luogo dove invocare il suo Nome, dove «presentare le primizie e trovare misericordia» (Dn 3,38). Il cristianesimo, invece, non lega l’esperienza di fede a un luogo perché è in Cristo che «abita tutta la pienezza della divinità» (Col 2,8). Il tempio che Gesù vuole distruggere è una religiosità alienante, fatta di false sicurezze, di superficialità, di ritualità insignificanti, di abitudini che non coinvolgono la vita e non la migliorano. Si tratta di offrire a Dio non pecore, buoi e colombe, cose esterne a noi, ma noi stessi, la nostra vita illuminata e trasformata dalla parola di Cristo crocifisso, il quale è «scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani», ma è «potenza di Dio e sapienza di Dio» per noi che gli abbiamo creduto.

Preghiera

Nulla di ciò che è di Dio si può vendere o comprare. Signore, che io non cada nell’errore di vivere una fede spenta, fatta di illusioni e autonomie costruite. Allontana da me ogni sorta di falsità perché io viva in modo autentico e desideri tornare alla silenziosa essenza della verità.

Agire

Non mi scandalizzo se il Signore dovesse «gettare a terra» la mia logica umana. Lui mi conosce e desidera risvegliare in me la sapienza di Dio che mi chiama alla salvezza.

Meditazione a cura di mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo di Udine, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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