Stiamo completando le sofferenze del Signore

Intervista a Mons. Enrique Figaredo Alvargonzález, SJ, Prefetto Apostolico di Battambang in Cambogia, per il settimanale Dove Dio Piange

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ROMA, domenica, 11 novembre 2012 (ZENIT.org) Riportiamo di seguito lintervista di Maria Lozano per il settimanale radiofonico e televisivo Dove Dio Piange, in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre, a Mons. Enrique Figaredo Alvargonzález, SJ, Prefetto Apostolico di Battambang in Cambogia, una comunità molto povera che detiene il triste record dellindice più alto del paese di mutilati per le mine anti-uomo.

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Il numero di cattolici in Cambogia è molto ridotto, solo lo 0,2 % della popolazione. Sono queste famiglie di tradizione cattolica? Sono convertiti?

Abbiamo di tutto: ci sono i cattolici per tradizione da generazioni o quelli che sono sopravvissuti allepoca del Pol Pot, e poi ci sono le persone che si avvicinano alla fede perché, cercando di dare un senso alla propria vita, incontrano Cristo e acquisiscono una forza maggiore. Abbiamo, inoltre, moltissime conversioni, soprattutto di giovani. Il giovane cambogiano, infatti, è sempre in ricerca e grazie a Dio noi siamo lì per offrire la nostra fede e proclamare chi è Gesù. Ci sono comunità che stanno crescendo. In Cambogia si registrano circa 300 battesimi l’anno, e oltre ai piccoli, cioè neonati, ci sono anche adulti, è una comunità molto cattolica con una fede molto viva. Infine cerchiamo anche di far sì che la cultura cambogiana sia presente nellaspetto liturgico.

A cosa si riferisce? Quali sono gli elementi speciali della cultura cambogiana?

Le persone vengono vestite alla maniera cambogiana, non in maniera moderna, e abbiamo poi alcune danze liturgiche create secondo il ballo classico cambogiano. Inoltre, le nostre piccole chiese sono tutte costruite in stile cambogiano, nel campo, tutto molto semplice, rispettando appunto lo stile locale. Anche le canzoni hanno la melodia e la lingua cambogiana, in modo che gli abitanti non si sentano estranei e percepiscano la religione cristiana come la propria religione, o comunque che si sentano cattolici cambogiani.

Senza dubbio una delle sfide più difficili che siete costretti ad affrontare ogni giorno è lenorme numero di persone disabili, mutilate dalle mine anti-uomo, molto diffuse in Cambogia, circa 10 milioni. Per chi non lo sa, queste mine esplodono in modo da ferire soltanto e non uccidere, che è una cosa molto crudele perché le persone rimangono gravemente mutilate…

Si, io ho raccolto in casa circa 53 bambini e bambini disabili, anche a causa della poliomelite. Sempre per la polio, non avendo vaccini nel tempo di guerra, abbiamo ora ragazzi e ragazze dai 15 ai 17 anni che soffrono di questa malattia e stanno su una sedia rotelle, come quelli delle mine. Se noi non avessimo portato a casa questi bambini e li avessimo aiutati in società, sarebbero stati emarginati e mai valorizzati come persone

Molte volte si pensa, o si potrebbe pensare, che questo sia un lavoro meramente sociale, che è molto buono e lodevole, ma che è più di questo. A volte la gente non si riesce a fare unidea di ciò che produce, come influisce lesplosione di una mina su una persona, che non solo perde la gamba, ma molto di più.

Si, perde la speranza, le ruba la dignità, nel poco e nel molto, perché in Cambogia come in altri posti se una persona è fisicamente tutta intera è più abile nel lavoro e ha più facilità ad integrarsi socialmente.

Quando invece una persona è mutilata fisicamente, è mutilata in tutto: ad integrarsi in società, a sentirsi uno in più, e inoltre vivono interiormente nella disperazione chiedendo di morire perché la loro vita non ha alcun senso.

Per me un bambino disabile è come il Signore che sta parlando e che ti dice sono qui, amami e donami la mia dignità intera perché Dio sta piangendo, è sofferente mentre ti chiama, ti parla nella vita quotidiana, e vuole che tu mi dia valore come una persona intera.

Forse in questo contesto, sarebbe utile spiegare la croce pettorale, una croce abbastanza speciale (limmagine di Cristo sulla croce pettorale appare mutilato di una gamba).

Si, questa croce pettorale ha principalmente due significati: uno è mostrare che i disabili e i portatori di handicap sono partecipi delle sofferenze di Dio, o comunque, come viene detto nella Lettera di San Paolo ai Colossesi, stiamo completando le sofferenze del Signore. Il nostro Cristo è mutilato, ma perché? È mutilato dalla mancanza di comprensione, dalla mancanza di affetto, ognuno di noi è il Cristo tutto intero.

Noi siamo il corpo di Cristo quindi

Si, siamo le braccia, le gambe, il cuore del Signore, e questo Cristo è incompleto, quindi io, innalzando la croce pettorale, voglio dimostrare che siamo tutti impegnati a condurre lamore, laffetto, la speranza del Signore, il cuore, a tutti, e che questa gamba incompleta si ricostituirà. E lui ci ispira.

È una chiamata per tutti in realtà, non solamente per quelli che lavorano direttamente con Lei e per Lei in Cambogia, ma è un invito per chiunque

Si, è per dire che il nostro Cristo è ferito e dobbiamo curarlo; è necessario dare amore, misericordia, aiuto, comprensione a tutti e il nostro Cristo ce lo ricorda, al di là delle mine, aldilà della situazione della Cambogia, perché Gesù si rivolge a tutti.

Lei ha parlato di cuori mutilati e io pensavo si riferisse a ciò di cui avevamo parlato prima; in realtà si tratta di ricostruire, non solo facendo quello che fanno le protesi o le sedie a rotelle, ma sopratutto ricostruire i cuori di quelle persone con le quali state
lavorando.

Si, e questo l’ho appreso da un monaco buddista che diceva che la vera mina è dentro il cuore, la violenza l’abbiamo dentro il cuore, e si deve pulire questo “campo minato” che abbiamo all’interno. E quando puliamo i nostri cuori, non ci saranno più mine né nel cuore nè sotto la terra, e direi che la mina non solo ferisce le gambe, ma sopratutto ferisce il modo in cui noi ci relazioniamo gli uni con gli altri e con Dio. Nel senso che, come si rompe il tessuto sociale, così il rapporto tra gli uni e gli altri rimane ferito.

Si rompe perché si crea sfiducia e paura, si ha paura di andare in qualsiasi posto. Si ha paura del mondo…

…a chi hanno collocato la mina, è uguale la persona che ha davanti e a quello che ha posto la mina. E tanta sofferenza rompe la relazione con il Signore. Per questo, ciò che va fatto è disaminare e ricomporre in modo che le relazioni sociali e le relazioni con il Signore siano più libere.

Per maggiori informazioni: info@DondeDiosLlora.org / www.acn-intl.org

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ZENIT Staff

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