Quei figli senza amore di mamma e papà

Attraverso il concepimento in laboratorio con il patrimonio genetico di tre persone, gli scienziati metteranno mano alla stessa architettura elementare dell’umano

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«Il vero amore dona e non calcola, è generoso e non cerca il suo interesse».

L’ammonimento di Paolo ai Corinzi non ha perso d’attualità. E magari attraverso una mail, secondo il vezzo tecnologico del mondo d’oggi, potrebbe essere indirizzato tale e quale al Parlamento inglese che, con un atto incredibile, ha nei giorni scorsi autorizzato il concepimento in laboratorio (un prodotto!) di un bambino con patrimonio genetico di tre persone: il papà, la mamma e la donatrice di una parte del mitocondrio che verrà trapiantata al posto di quella della madre, portatrice, purtroppo, di malattie genetiche. Ne nascerà, forse, come già i giornali lo hanno ribattezzato, un bimbo con tre genitori.

Per la prima volta nella storia dell’umanità, dunque, gli scienziati metteranno mano alla stessa architettura elementare dell’umano: il modo in cui si suscita la scintilla originaria della vita, di fatto modificando geneticamente un prodotto embrionario. Un passo che testimonia la radicale incapacità di comprendere fino a dove ci si sia spinti, cioè ben oltre ogni immaginazione: giudicare che sia non solo lecito, ma necessario alterare la natura umana, tanto da considerarla niente più che materia modellabile, dà il senso di un piano inclinato, grazie alla rimozione dell’etica in nome ed a vantaggio del pragmatismo e dell’individualismo esasperato, senza invocare neppure quel principio di precauzione, che per molti giustamente vale se si discute di antenne o di Ogm, ma non quando si tratta di esseri umani, ormai terra di nessuno. Costi quel che costi.

Che la famiglia ed il senso della famiglia fossero in crisi, è risaputo. Le ferite, d’altra parte, sono più che evidenti: ne fanno fede le violenze che si consumano nel chiuso delle pareti domestiche. Neppure si può ignorare che la natura stessa dell’uomo è duramente impregnata di egoismo, che si può infiltrare persino nell’orizzonte libero e gratuito della paternità e della maternità, o nel legittimo desiderio di genitorialità. Ma in nessun caso, in specie quando si parla dei figli, la persona può essere, o diventare, un possesso, tanto meno uno dei tanti prodotti del supermarket genetico. «Hai fatto l’uomo poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato, gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi», ricorda il Salmo 8,6, ma quella regalità che dalle Sacre Scritture viene riconosciuta all’intera umanità non di rado viene esercitata in modo cieco e tirannico, devastando l’universo e disprezzando la dignità dei propri fratelli, dimenticando che per amare la Vita è indispensabile viverla in pienezza, pure nelle sue ombre, nelle sue tempeste, nelle fatiche: ogni creatura è sempre una sorpresa, frutto dell’infinita fantasia del Creatore, pur recando al suo interno il marchio fisiologico dei genitori e della loro comprensibile volontà di fecondità. Come ogni creatura i figli esigono rispetto, fin dal concepimento. A meno di non voler trasformare in tragica costante della realtà quotidiana ciò che Oscar Wilde con quel suo amaro, ironico sarcasmo diceva: «I figli da piccoli amano i genitori. Una volta cresciuti, li giudicano. Raramente, per non dire mai, li perdonano».

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Vincenzo Bertolone

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