Papa Francesco dialoga con Scalfari. Scalfari riporta su "Repubblica". Padre Lombardi precisa

Pedofilia e mafia al centro del colloquio tra il Pontefice e il giornalista, pubblicato oggi sul quotidiano. Il portavoce vaticano però chiarisce: “Non tutte le frasi attribuibili al Santo Padre”

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Ed Eugenio Scalfari ci ricasca. Il fondatore di Repubblica pubblica oggi sul suo giornale un lungo editoriale in cui ‘riporta’ le parole di un nuovo dialogo con Papa Francesco. Ma, evidentemente, non è servita a nulla la lezione della precedente “intervista” del 1° ottobre, quando fu investito da una pioggia di critiche e polemiche per aver ammesso che tante frasi attribuite con certezza al Pontefice, in realtà erano state riportate non in base ad una registrazione, ma in virtù della sua brillante memoria di giornalista. 

In quell’occasione, il Vaticano dovette rimuovere in tutta fretta l’intervista dal proprio sito internet, spiegando che il colloquio “non era stato rivisto parola per parola” e che era “attendibile nel suo senso generale ma non nelle singole formulazioni”. Da allora, la firma Scalfari abbinata al nome Bergoglio ha messo la Santa Sede in stato d’allarme.

Tanto che oggi, quasi contemporaneamente alla pubblicazione dell’articolo su Repubblica, è giunta una nota di chiarimento di padre Federico Lombardi, soprattutto considerando anche il fatto che, nel colloquio, si affrontano due delicatissimi temi come la piaga degli abusi sessuali su minori e dell’atteggiamento della Chiesa verso la mafia. E lì non si può lasciare spazio ad interpretazioni.

Secondo padre Lombardi il dialogo è “cordiale e molto interessante”, tuttavia il gesuita tiene subito a precisare che, “come già avvenuto in precedenza in una circostanza analoga, ciò che Scalfari attribuisce al Papa, riferendo ‘fra virgolette’ le sue parole, è frutto della sua memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tantomeno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite”.

Quindi – sottolinea il direttore della Sala Stampa vaticana – “non si può e non si deve parlare in alcun modo di un’intervista nel senso abituale del termine, come se si riportasse una serie di domande e di risposte che rispecchiano con fedeltà e certezza il pensiero preciso dell’interlocutore”.

Indubbiamente si può ritenere che “nell’insieme l’articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio fra il Santo Padre e Scalfari”, sottolinea Lombardi. Tuttavia, prosegue, occorre ribadire con forza quanto già detto in occasione della precedente “intervista” di Francesco a Repubblica, cioè “che le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al Papa”.

In particolare, padre Lombardi si riferisce alle dichiarazioni del Pontefice sulla pedofilia, definita una vera e propria “lebbra” da debellare, in quanto “la corruzione del fanciullo è quanto di più terribile e immondo si possa immaginare”. Soprattutto una presunta frase di Bergoglio ha attirato molta attenzione: “Come Gesù userò il bastone contro i preti pedofili, tra cui ci sono anche vescovi e cardinali”.

Questa affermazione “che fra i pedofili vi siano dei cardinali” non è attribuibile al Papa, afferma il gesuita. Un’altra frase certamente non uscita dalla bocca del Pontefice è quella relativa al celibato dei preti. “Forse lei non sa che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. – ha detto il Papa a Scalfari – La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino. Il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò”.

Quest’ultima frase, rimarca Lombardi, non è un’affermazione di Papa Francesco, nonostante nell’articolo di Repubblica venga chiaramente attribuita al Vescovo di Roma. “Curiosamente”, fa notare il portavoce vaticano, “le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente – evidenzia – mancano le virgolette di chiusura… Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?”.

Nel lungo articolo a firma di Scalfari, tra le altre cose, si parla anche del pontificato di Francesco avviato da circa un anno e mezzo, ma che “in così breve tempo ha già iniziato a rivoluzionare la Chiesa”. Si affronta poi il tema della famiglia che – dice il Papa al giornalista – “dovrebbe essere il sacrario dove il bambino (e poi il ragazzo e l’adolescente) viene amorevolmente educato al bene, incoraggiato nella crescita stimolato a costruire la propria personalità e a incontrarsi con quella degli altri suoi coetanei”.

Invece, oggi, “l’educazione sembra quasi aver disertato le famiglie – osserva Francesco – ciascuno è preso dalle proprie personali incombenze, spesso per assicurare alla famiglia un tenore di vita sopportabile, talvolta per perseguire un proprio personale successo, altre volte per amicizie e amori alternativi”. “L’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case”, prosegue il Santo Padre. Un fenomeno, questo, che rappresenta “una gravissima omissione”, perché educazione significa “accompagnare amorevolmente i piccoli verso il bene, incoraggiandoli e stimolandoli a costruire la loro personalità e ad incontrarsi con quella di altri”. Significa “raccontare le favole della vita e, quando il tempo passa, la realtà”, un po’ come “coltivare un’aiuola di fiori, custodendola dal maltempo, disinfestandola dai parassiti”.

Tuttavia – precisa il Papa – il problema non è soltanto “la mancata educazione”, ma “la corruzione, il vizio, le pratiche turpi imposte al bambino e poi praticate e aggiornate sempre più gravemente man mano che egli cresce e diventa ragazzo e poi adolescente”. “Questa situazione è frequente nelle famiglie”, sottolinea Bergogli. E alla domanda di Scalfari: “La Chiesa cosa fa in tutto questo?”, risponde con prontezza: “La Chiesa lotta perché il vizio venga debellato e l’educazione recuperata. Ma anche noi abbiamo questa lebbra in casa”. Quindi, la dura denuncia dei casi di abusi sessuali.

La stessa durezza, Papa Francesco la riserva nell’intervista al tema delle mafie, che dice di non conoscere a fondo come problema. Il Papa sa quello che fanno, cioè che “la mafia è uno Stato nello Stato con un proprio Dio, un Dio mafioso”, ma confessa di non comprendere il modo di pensare dei mafiosi, i capi, i gregari.

“È un fatto – aggiunge – che la maggior parte delle donne legate alla mafia da vincoli di parentela, le mogli, le figlie, le sorelle, frequentano assiduamente le chiese dei loro paesi dove il sindaco e altre autorità locali sono spesso mafiose. Quelle donne pensano che Dio perdoni le orribili malefatte dei loro congiunti?”.

Ammettendo che “certi sacerdoti sono ancora troppo tiepidi nel denunciare il fenomeno mafioso”, il Pontefice promette quindi che “la nostra denuncia della mafia non sarà fatta una volta tanto ma sarà costante”. “Pedofilia, mafia – ribadisce – la Chiesa, il popolo di Dio, i sacerdoti, le Comunità, avranno tra gli altri compiti queste due principalissime questioni”.

Infine, sul pentimento nell’ultimo momento dell’esistenza, dice: “Noi non giudichiamo ma il Signore sa e giudica. La sua misericordia è infinita ma non cadrà mai in trappola. Se il pentimento non è autentico la misericordia non può esercitare il suo ruolo di redenzione”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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